Azzah, una devota musulmana transgender intrappolata nel corpo sbagliato
Articolo tratto da NRC Handelsblad (Paesi Bassi), 19 gennaio 2011, liberamente tradotto da Daniela C.
Musulmano devoto intrappolato in un corpo sbagliato, Azzah Hari-Wonmaly ha scelto di non rinunciare alla sua fede. A prima vista, Azzah (40 anni) non sembra molto diversa da migliaia di altre donne musulmane che abitano ad Amsterdam, nei Paesi Bassi. Due occhi che guardano il mondo da un foulard nero ben stretto sul capo, una tunica a gonna e dei calzoni abbinati.
Ha con sé una borsa alla moda, di quelle che si usano adesso per tenerci l’ipad.
Si presenta: “Ciao, mi chiamo Azzah!” e iniziamo a parlare di come, cinque anni fa, si sia sottoposta a un intervento chirurgico per il cambio di sesso nell’ospedale OLVG di Amsterdam. Azzah ci spiega di aver preferito un chirurgo musulmano, il dottor R.B. Karim, e un assistente iraniano.
“Sono stata autorizzata a portare il velo nella sala operatoria e dopo l’intervento i dottori mi hanno posto tra le mani una copia del Corano”, prosegue: “Ho deliberatamente scelto un chirurgo musulmano perché mi sentivo più a mio agio all’idea di essere seguita, durante e dopo l’operazione, da persone del mio stesso credo.”
Azzah è stata uno degli oratori presenti al seminario intitolato “Omosessualità e Islam” che si è tenuto ad Amsterdam sabato 19 febbraio (2011). Sono due temi che danno spesso origine a molti conflitti.
I volantini del seminario invitano senza alcuna distinzione “lesbiche, bisessuali, gay e transgender musulmani costretti a vivere ogni giorno con questo dilemma: dover scegliere tra la fede e l’amore.”
Azzah spiega come nessuno più di lei possa comprendere questo problema. Quand’era ancora un uomo, e aveva quindi un aspetto androgino, gestiva una delle più importanti compagnie di telecomunicazioni olandesi . Adesso, invece, è impiegata come praticante-psicoterapeuta in una clinica.
Azzah racconta di aver avuto una lunga relazione con un uomo marocchino: “Ci amavamo, ma non potevamo vivere sotto lo stesso tetto”, ci spiega. “La sua famiglia era composta da musulmani fanatici e integralisti che avevano iniziato a sospettare della mia vera identità”, e continua: “se mi avesse riconosciuto, la nostra relazione li avrebbe disonorati”. Ma della sua famiglia non parla: “L’unica cosa certa è che fanno fatica ad accettare la mia decisione di cambiare sesso.”
Hari-Wonmaly, nata in Indonesia, ha trascorso la sua infanzia in orfanotrofio decidendo di convertirsi all’Islam a 30 anni. Hari prega cinque volte al giorno, mangia solo cibi kosher e sogna di sposare un musulmano. Eppure, alle volte, le è capitato di doversi togliere il velo durante il lavoro: “Alcuni pazienti si sentivano a disagio e di fronte a loro cerco sempre di essere neutrale.”
Azzah racconta del suo viaggio in Egitto prima dell’operazione, e di come i tribunali islamici emisero un responso (fatwa) che le fu di grande sollievo: la sessualità maschile, secondo loro, non è tale se non è perfettamente armonizzata nel cuore, nell’anima e nel corpo.
In seguito a ciò, Azzah seguì una terapia sui problemi d’identità presso l’ospedale VU di Amsterdam: “Da qui è iniziata la mia odissea antropologica alla ricerca di un’identità che veramente mi rispecchiasse”, ha dichiarato. E ci spiega: “In realtà, al giorno d’oggi, i musulmani sono piuttosto aperti riguardo alla sessualità. L’omosessualità è un problema più per le culture occidentali. Ci tengo a sottolineare che la mia decisione non è stata il risultato di una crisi d’identità, ma l’affermarsi di una parte di me stessa superiore rispetto alle altre.
Non ho mai preteso che qualcuno riconoscesse ufficialmente il mio sesso. So di molti uomini sposati che hanno rapporti intimi con amici dello stesso sesso, ma in segreto.” Secondo Azzah gli immigrati dei Paesi Bassi sono stati ancor più tolleranti nell’accettarla. “Ricordo che, una volta, un’infermiera del luogo si rifiutò di toccarmi aggiungendo con severità che avrebbe piuttosto preferito occuparsi delle fratture.”
“Al contrario”, confida Azzah, “alcune donne delle pulizie musulmane furono entusiaste. Una di loro mi chiese perfino di pregare insieme in una stanza: il risultato fu che assieme alle preghiere versammo molte lacrime.” Al seminario del 19 febbraio Azzah ha esposto il suo progetto di voler costituire una comunità di musulmani transgender dalla metà del 2011 ad Amsterdam, anche con l’aiuto dell’imam gay dell’Africa del sud Muhsin Hendricks.
Spiega Azzah: “Vogliamo trasmettere questo messaggio: noi non siamo dei peccatori e nemmeno degli apostati che rinnegano la propria religione.” In conclusione, le chiediamo di come ci si senta ad essere una donna a tutti gli effetti: “Le donne hanno ancora molta strada da fare.
Il mio capo attuale rimase scioccato nell’apprendere il mio stipendio come manager e mi disse con franchezza di non aspettarmi la stessa retribuzione. Ho realizzato solo adesso che non c’è paragone con gli uomini”
Testo originale: Un musulman pieux, mais «piégé» dans le mauvais corps. Maintenant, Azzah Hari-Wonmaly choisissent de vivre en tant que musulman