Essere un cristiano queer significa dare voce a chi si sente ai margini
Testimonianza dello studente di teologia Shep Glennon dell’Union Theological Seminary di New York (Stati Uniti) pubblicata dal progetto Queer Faith il 12 marzo 2019, liberamente tradotta da Giacomo Tessaro
Essere un pastore queer implica la solidarietà con i miei compagni e compagne queer nelle Chiese e nelle moschee più conservatrici. Non dobbiamo adeguarci alla maggioranza più superficiale, dobbiamo raggiungere quei queer neri e latini che vengono massacrati non solo dall’omofobia cristiana, ma anche dal razzismo della comunità LGBT. La mia capacità di far accettare la mia omosessualità dalla famiglia e dalla comunità cristiana è un lusso che poche persone queer musulmane hanno, perciò ho deciso che la mia missione sarà sollevare la questione con il nostro imam e sostenere i musulmani queer che hanno timore di parlare.
In quanto cristiano gay ho avuto parecchio da fare con la dissonanza cognitiva. Nel 2007 frequentavo un’università cattolica; nonostante i miei ragionamenti, i nostri sacerdoti non sapevano applicare a questa situazione la raccomandazione di Gesù di dare la priorità allo spirito, non alla legge. Magari contraddicevano la logica di Gesù, ma non potevano contraddire la dottrina ufficiale. E quando ho avuto una storia con un uomo che mi ha detto che il matrimonio omosessuale era sbagliato secondo quanto la sua religione gli aveva insegnato, ho capito che anche noi LGBT abbiamo interiorizzato l’omofobia delle istituzioni. Nel mio percorso terapeutico per liberarmi dalla cultura dominante cerco di studiare e curare i meccanismi psicologici della dissonanza cognitiva.
Ho visto con i miei occhi la morte di bellissime potenzialità, come qualcuno possa fare l’amore con una persona dello stesso sesso e provare normali sentimenti d’amore, ma non ammettere a se stesso di essere LGBT a causa della sua educazione religiosa, e quindi non voler avere una storia con un amante dello stesso sesso. Il ministero queer deve rivolgersi a questa e altre forme di perdita di qualcosa di bello, di qualcosa che avrebbe potuto essere. Noi celebriamo come nessuno, ma dobbiamo avere anche uno spazio per il dolore e rituali di lutto per affrontare i fantasmi che ci tormentano.
Testo originale: SHEP GLENNON | M.DIV. STUDENT