Essere testimoni dell’amore omosessuale
Omelia pronunciata a Washington (USA) all’inizio degli anni ’90 da un prete cattolico durante una cerimonia di unione di una coppia gay, liberamente tradotta da Fabio
Questa è una occasione di grande gioia. Noi ci riuniamo per fare da testimoni allo scambio delle promesse tra Michael e Dennis con le quali essi si impegneranno solennemente ad amarsi, confortarsi, onorarsi e rimanere fedeli per il resto della loro vita. Questa è un’occasione di grande gioia prima di tutto per Michael e Dennis, così come per le loro famiglie e i loro amici.
E’ anche un’occasione di grande gioia per la Chiesa, specialmente per Dignity, una comunità di fede nella tradizione cattolica composta da gay, lesbiche, bisessuali, dalle loro famiglie e dai loro amici.
Probabilmente quasi tutti voi avete visto un uomo e una donna uniti insieme in una unione che la Chiesa benedice e considera santa. Ma pochi di voi, immagino, hanno avuto l’occasione di essere testimoni di uno scambio di promesse fra persone dello stesso genere e di una benedizione della loro unione.
Questo capita anche per me, a dire il vero. Mentre ho presenziato e officiato a dozzine di cerimonie di matrimonio fra eterosessuali, questa è la prima volta che presenzio e officio a una cerimonia per una coppia dello stesso sesso. Tuttavia, ciò per cui ci riuniamo nel celebrare oggi, non è nulla di straordinario o senza precedenti.
Non c’è nulla di straordinario, veramente, nel fatto che due persone scelgano di sposarsi. La maggior parte di noi è cresciuta con l’aspettativa di sposarsi un giorno, di condividere la vita con qualcuno nei momenti di gioia, di sfide, di difficoltà e di dolore – un compagno o una compagna con cui creare una casa, un luogo sicuro e confortevole dove possiamo stare a nostro agio e dove poter accogliere i nostri migliori amici.
Quasi tutti sembrano volersi sposare. Il desiderio di sposarsi è espressione del desiderio di essere una persona completa che, come noi normalmente pensiamo, vuol dire trovare qualcuno da amare e da cui essere amati e, semplicemente, prendere il proprio posto in una coppia, in una famiglia, accanto alle altre coppie e famiglie.
Per ciò che li riguarda, Dennis e Mike rientrano in questo disegno. Nei miei diciassette anni di ministero, ho officiato, come dissi poc’anzi, a molti matrimoni e ho lavorato con le coppie eterosessuali in preparazione al loro matrimonio. Ciò che ho scoperto, lavorando con Dennis e Mike è che è la stessa cosa lavorare con qualsiasi altra coppia.
Loro sono attratti l’uno dall’altro, si sono innamorati e vogliono rimanere insieme per tutto il resto della loro vita. Essi sperimentano le stesse sfide fondamentali e le stesse speranze delle coppie eterosessuali. Ed essi cercano appoggio e consigli dagli amici, dalla famiglia e dalla chiesa.
Quest’anno, è stato uno dei momenti di maggiore crescita per Mike e Dennis – hanno comprato casa e si sono preparati per questa cerimonia- e hanno già sufficientemente sperimentato il normale trambusto che circonda queste attività.
Ma il loro amore e il loro impegno sono evidenti e mi aspetterei che l’anno prossimo sarà un momento più tranquillo per assaporare l’amore e la vita insieme. Così, in un certo senso, tutto ciò è abbastanza ordinario. Come dovrebbe essere. Come la società e la chiesa istituzionale dovrebbero semplicemente lasciare che fosse!
Ma tutti noi riuniti qui sappiamo che c’è anche qualcosa di abbastanza straordinario nell’essere qui a questa celebrazione. C’è una ragione per la quale la maggior parte di noi non sono mai stati prima d’ora a una cerimonia che celebra l’unione d’amore tra due persone dello stesso genere, anche se circa il dieci per cento della popolazione è gay o lesbica.
E’ perchè gay e lesbiche sono stati a lungo oppressi. Crescendo, il loro desiderio di sposarsi era generalmente rimosso, dal momento che essi non osavano nemmeno dire chi erano veramente. […] Inoltre, noi ci riuniamo per questa cerimonia non in una chiesa cattolica, sebbene Mike e Dennis siano cattolici, ma nella chiesa episcopale di S. Marco. Questo perchè l’arcidiocesi cattolica di Washington non permette a Dignity di riunirsi nelle chiese cattoliche per celebrare una unione fra persone dello stesso sesso.
Noi siamo riconoscenti alle chiese episcopali di S.Marco e St.Margaret, dove da 400 a 500 di noi si riuniscono per la messa domenicale ogni settimana. Alcuni di noi possono aver notato che il mio nome e il nome del concelebrante non appaiono nel programma. Anche questo piccolo dettaglio evidenzia la straordinarietà di questa occasione.
Noi ci assumiamo un rischio ad essere qui. I preti che si associano a Dignity si assumono rischi semplicemente per essere qui. Perchè allora lo facciamo? Per ciò che mi riguarda, posso dire che temo di più le conseguenze, per me e per la nostra società, nel rimanere in silenzio di fronte all’oppressione piuttosto che nel dire la verità.
Questo brano di Vangelo, che è preso dal discorso della montagna del Vangelo di Matteo, lo dice chiaramente: noi siamo luce del mondo. Noi siamo chiamati, prima di tutto, a lasciare che la nostra luce splenda.
E’ venuto il momento della fermezza contro la paura, l’ignoranza e l’oppressione che tiene i gay in silenzio, nel terrore e nel nascondimento ed è il momento di annunciare alla chiesa e al mondo che, sì, anche qui c’è amore e vita e bene.
Anche qui ci sono doni e talenti e risorse per le nostre comunità. Anche qui, c’è lo Spirito Santo. Qui ci sono i tuoi figli, le tue figlie, i tuoi fratelli e le tue sorelle. Lasciate che la loro luce illumini tutti.
Più avanti durante la messa, dopo la preghiera al Signore, il concelebrante benedirà Dennis e Mike, usando le parole di un testo del XII secolo. Quel testo è una traduzione di uno delle centinaia di testi che John Boswell, uno storico medievale dell’università di Yale, ha scoperto durante diversi anni di ricerche.
Il professor Boswell ha scoperto qualcosa che molti troverebbero piuttosto straordinario, e cioè che c’è un testo cattolico per le cerimonie di matrimonio fra persone dello stesso sesso e che tali cerimonie sono state celebrate nelle chiese in Europa, anche a Roma, per oltre 1500 anni. […]
Il matrimonio eterosessuale era, nell’antica Roma, prima di tutto un evento civile e famigliare che identificava il matrimonio con un contratto fra famiglie – il padre dava sua figlia ad un uomo che la prendeva in suo possesso come moglie. Questi erano precisamente i termini che erano impiegati quando si parlava di matrimonio e questo si riflette nel tradizionale rito di matrimonio nel quale lo sposo aspetta all’altare la sposa accompagnata dal padre.
Queste disposizioni esistevano principalmente per salvaguardare la proprietà e mantenere l’asse ereditario della famiglia. I matrimoni erano frequentemente combinati dai genitori o dalle autorità. Il matrimonio per amore era raro. A un certo punto, a partire dai secoli XI e XII, il matrimonio eterosessuale fu celebrato come cerimonia in chiesa, prima al di fuori e successivamente all’interno del luogo di culto, e solo a quell’epoca iniziò ad essere considerato un sacramento.
I matrimoni fra persone dello sesso, invece, erano celebrati nelle Chiese cristiane a partire dal IV sec. infatti, due santi, Sergio e Bacco, che patirono il martirio, sono chiamati, in alcuni testi “erostai”, cioè amanti. Erano una coppia ed erano riconosciuti come coppia.
Bacco, che morì per primo, apparve a Sergio, che stava soffrendo per le torture, incoraggiandolo a rimanere forte e pieno di fede fino alla fine perchè lui, Bacco, era la ricompensa che lo aspettava nell’aldilà.
Questi martiri romani sono citati come un ideale nel rito di matrimonio fra persone dello stesso sesso. […] l’enfasi qui era su un ideale di amore interpersonale come mezzo di crescita spirituale che guarda alla vita che verrà, alla Gerusalemme celeste, dove tutto sarà basato sull’amore.
Questo sfondo storico serve, penso, a indicare la strada per rivendicare una parte vitale nella nostra tradizione cristiana. La celebrazione della santa unione fra persone dello stesso genere, se da un lato non è famigliare all’esperienza della maggior parte di noi, dall’altro lato non è una novità. Trova spazio nella vita della chiesa.
Essa ha, inoltre, un dono da offrirci perchè provvede a darci testimonianza dell’ideale di amore interpersonale come bene spirituale in sè. Se da una parte, questa occasione è piena di gioia, perchè ci troviamo a celebrare l’amore reciproco di questi due ragazzi, non posso, però, dimenticare l’oppressione e la paura che hanno afflitto i gay e le lesbiche per molti secoli.
Se da un lato la chiesa è diventata più tollerante verso i gay rispetto a quanto si dica, c’è stata in passato una vera e propria persecuzione contro di loro, a partire dal XIII sec.
Da allora e per molto tempo, i nostri fratelli sono stati spesso arrestati, torturati e uccisi. Per molti secoli, siamo stati considerati dei malati mentali, fino a che le associazioni degli psichiatri e degli psicologi americani negli anni Settanta rimossero quest’etichetta, essendo diventato chiaro che tutto ciò rifletteva un pregiudizio sociale e senza fondamento scientifico.[…]
Ci sono molti che dicono: “Sono una persona tollerante. Non ho nulla contro i gay e le lesbiche, basta che stiano nel silenzio e non mostrino il loro orientamento sessuale o chiedano diritti speciali”.
Bene, amici miei, il silenzio è il nostro peggiore nemico. E’ precisamente questo silenzio che ha impedito ai gay di godere della normalità di trovare un compagno o una compagna per la vita e di formare una coppia col supporto e il riconoscimento delle famiglie, degli amici, dei colleghi, della chiesa e della società.
Ma noi stiamo vivendo un momento storico, un momento in cui i gay non sono più silenziosi; un momento in cui molti come Mike e Dennis stanno scegliendo di lasciar splendere su tutti il loro amore. Questa non è una ostentazione o una richiesta di diritti che non siano disponibili agli altri, è semplicemente un prendere il proprio giusto posto nella società. E quanti più seguiranno il loro esempio, come inevitabilmente sarà, tanto più questo diverrà sempre meno straordinario.
Tra venticinque, cinquanta, cento anni da ora, quando amici e famiglie si aduneranno per le cerimonie di matrimonio fra persone dello stesso sesso, non sarà più la prima volta a cui molti parteciperanno.
Dennis e Mike: Dio vi dia la forza di rimanere fedeli e di amarvi dell’amore che trovate nei vostri cuori oggi. Voi siete un segno per tutti noi, un segno del primato e del potere dell’amore, un segno di coraggio e un segno di speranza. […]
E mentre le tenebre dell’ignoranza e della bigotteria continuano a circondarci, la dolce luce del vostro amore, vissuto nella vita di tutti i giorni, passo dopo passo, sia un segno sicuro che l’oscurità non avrà la meglio. Dio vi dia coraggio e grazia e molti anni da vivere insieme.
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* Questa omelia è stata pronunciata a Washington (USA) all’inizio degli anni Novanta da un prete cattolico americano durante una cerimonia di unione religiosa di una coppia gay. Crediamo che le parole serene di questo sacerdote sapranno aprire i cuori e aiutare a ricordare che “mentre le tenebre dell’ignoranza e della bigotteria continuano a circondarci, la dolce luce del vostro amore, vissuto nella vita di tutti i giorni, passo dopo passo, sia un segno sicuro che l’oscurità non avrà la meglio”.
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Testo originale: “In Celebration of Ordinary Life”. A homily given by a priest celebrating a holy union