Abortire non è mai un piacere
Riflessioni di Abigaïl Bassac* pubblicate sul sito Protestants dans la Ville (Francia) il 22 aprile 2019, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Sui social l’interruzione volontaria di gravidanza accende scontri tra gli aggressivi militanti antiabortisti, che parlano di “genocidio” dei bambini, e le femministe più accanite, che ne parlano come di “una cosetta banale, di cui si può anche scherzare”. C’è una vignetta che invita a “non fare tutto ‘sto casino” per le 200.000 interruzioni di gravidanza praticate in Francia ogni anno. L’aborto non è un genocidio, né qualcosa da prendere alla leggera. Una donna che vuole abortire abortisce, e se questo è illegale, può farlo in condizioni tali da rischiare la vita. L’aborto deve essere legale nelle prime settimane di gravidanza, per proteggere la vita della donna. Non per questo l’aborto è “una cosetta banale”. Ho letto su Twitter la frase di una donna che stava per abortire: “Ho zero sensi di colpa all’idea di abortire. Un po’ di più all’idea di non andare al lavoro. LOL”. Non andare a lavorare sarebbe quindi più grave dell’interrompere una gravidanza? Certamente no. È auspicabile che le donne non siano torturate tutta la vita dal senso di colpa, ma non che questo atto sia fatto con leggerezza. Una vita che avrebbe potuto essere, non sarà: non c’è nulla di divertente o di piacevole. Se una donna vuole abortire, deve poterlo fare senza rischiare una setticemia; non perché il suo corpo le appartiene (quando una donna è incinta non può dire di essere davvero sola nel suo corpo), ma perché deve poter valutare se, assieme al suo compagno, può davvero accogliere quel bambino potenziale. L’embrione non è un “alieno”, un “ammasso di cellule” o una “porcheria”, è il frutto di una relazione sessuale, solitamente libero e consensuale, ed è un principio di vita che va al di là di noi.
Un atto ricco di senso e di peso richiede di essere accettato in tutte le sue conseguenze. In un’epoca dominata dal divertimento questo non è un pensiero gradito, ma la vita umana è fatta anche di aspetti tragici; non dobbiamo essere ciechi, dobbiamo osare guardare coraggiosamente questa realtà, anche se ci spaventa, perché siamo adulti liberi e responsabili.
* Abigaïl Bassac ha conseguito un master alla Scuola Pratica di Alti Studi (sezione di scienze religiose) e ne sta conseguendo un altro in teologia a Ginevra. Lavora come assistente all’Istituto Protestante di Teologia (facoltà di Parigi) e caporedattrice aggiunta di Évangile et Liberté.