Il messaggio di Dio perchè impariamo ad essere una comunità fatta di diversi colori
Riflessione biblica tratta da Escrituras Inclusivas (Spagna), 2 agosto 2011, liberamente tradotto da Pina
Noi tutti (persone di colore, disabili, voi che fate parte della comunità GLBT) affrontiamo ostacoli posti da chi non può o non vuole accettare la meravigliosa varietà della creazione di Dio. Nell’insieme, le letture bibliche di oggi esprimono il messaggio che la fede in Dio ci sosterrà per affrontare questi ostacoli.
In Genesi 37,1-4, 12-38 Giuseppe era l’undicesimo dei dodici figli di Giacobbe e Lia, Rachele, Bila e Zilpa e il primogenito di Rachele. Questo fece di Giuseppe il preferito di Giacobbe, che aveva allora 90 anni.
Tale favoritismo si manifestò quando Giacobbe regalò a Giuseppe una tunica di colori diversi (verso 3). La disposizione di Giacobbe nel mostrare la sua preferenza per Giuseppe espone quest’ultimo all’invidia dei suoi fratelli.
L’apparente ingenuità di Giuseppe suggerisce la sua disposizione d’animo a dilettarsi nello status di preferito.
Potrebbe essere facile per le persone emarginate identificarsi in Giuseppe, ma è importante riconoscere che la dinamica “preferenza-invidia” agisce nelle nostre vite.
Per esempio, Ron Hopson riflette: “Le persone GLBT non sono vulnerabili all’invidia verso la “normalità” delle persone?
A volte mi scopro invidioso della facilità con cui gli etero si possono muovere per il mondo, con totale assenza di preoccupazione per il proprio orientamento affettivo”.
Il lezionario omette i versi 5-11 che indicano anche un’altra fonte di invidia da parte dei fratelli di Giuseppe: egli è un sognatore.
Si suppone che i sogni non favoriscano i fratelli, ma – come indica il finale della storia di Giuseppe – la realizzazione del suo sogno significa vita per i fratelli, non sottomissione.
Martin Luther King jr. fu un sognatore e se, da un lato, il suo discorso “Ho un sogno” continua ancora oggi ad ispirare molti nel proprio lavoro per la giustizia, dall’altro si tratta di un sogno minaccioso per altri.
L’invidia e l’incomprensione reciproca dei sogni di ognuno può dividerci come fratelli e sorelle nella famiglia umana di Dio. I fratelli di Giuseppe sentono tanta invidia da voler uccidere questo sognatore (versi 19-29).
Quali sono i sogni male interpretati nella vita della tua comunità e cosa puoi fare per promuoverne la tolleranza?
In che modo ti diletti nel tuo stato di preferito? Indica alcune dinamiche “preferenza-invidia” che agiscono nella tua vita e in quella della tua comunità.
Il Salmo 105,1-6, 16-22, 45b ci chiede di ringraziare e raccontare le opere e la promessa di Dio. Questo “grazie” ricorda l’alleanza con Abramo, un patto non solo con lui ma anche con tutti i suoi discendenti. In questi versi selezionati ci imbattiamo di nuovo in Giuseppe (verso 17), provato da Dio e schiavo in Egitto.
La sua fede nel Signore è irremovibile e, di fatto, Dio torna a confermare l’alleanza liberandolo. Giuseppe diventa un membro importante della casa del Faraone. Sarah Carpenter Vascik riflette: “In qualità di membro della comunità trans, sono stata disprezzata e ridicolizzata, come altri difensori trans, da coloro che preferiscono agire seguendo i propri sentimenti sulla transessualità invece di accettarla. A volte ho subito minacce o violenza fisica. Questa è la prova di Dio per me”.
Tuttavia, quando leggiamo questo Salmo nella sua integrità, capiamo che è un esempio della migliore e peggiore letteratura dell’esilio.
Non possiamo accettare di vederci eredi di ciò che altri hanno creato con fatica (verso 44), celebrando la bontà di Dio dinanzi alla catastrofe, il tutto mentre si aspetta la Sua vendetta mascherata da promessa di restaurazione (versi 11 e seguenti).
Dobbiamo essere in grado di onorare la nostra realtà senza ridurre essa o il destino di qualche “altro”, anche se viene percepito come la causa del nostro male.
Solo ottenendo l’umanità degli omofobi, che ci negano i pieni diritti come persone, ci assicuriamo di non trasformarci negli oppressori di un “altro” di nostra scelta, una volta stabiliti in una situazione di privilegio.
In Re 19,9-18 Elia crede di essere l’unico profeta rimasto, si nasconde in una grotta nel deserto di Giudea e si lamenta.
Il suo ruolo nella creazione di un mondo giusto e centrato su Dio è innegabile, ma suggerisce in modo errato che lui è l’unico responsabile di questo servizio alla giustizia.
“E’ molto grande il mio amore per te, Signore, Dio degli eserciti. Gli Israeliti si sono dimenticati del tuo patto, hanno distrutto i tuoi altari, hanno ucciso i tuoi profeti e sono rimasto solo io! Ma mi cercano per togliermi la vita” (verso 10).
Elia sembra incapace o non disposto a riconoscere che altri ancora continuano a lavorare per la giustizia assieme a lui: non è solo, non lo è mai stato.
Dio chiama l’ufficiale di Acab, Abdia, perchè dia da mangiare ad altri 100 profeti in una grotta (1Re 18,4); chiama la vedova di Sarepta e una moltitudine di angeli e corvi perché si prendano cura di Elia, così che egli possa compiere la sua chiamata.
Ora che il profeta sembra stanco e desolato, ci sono ancora altri ai quali Dio può ricorrere – Eliseo, Jesahel e Ieu. Attraverso la sua dura prova, Dio non lo abbandona mai.
Ci sono momenti in cui ci sentiamo come Elia e vogliamo ritirarci. La grandezza dell’omofobia e di altre forme di ingiustizia ci superano, fino al punto in cui ci sembra di lavorare da soli o che nessuno si preoccupi per la lotta o la comprenda.
Quando ti sei sentito solo e abbandonato nella tua lotta per la giustizia per le comunità GLBT? Come sentiamo la presenza di Dio? Siamo in attesa del Suo alito di vento e fuoco o ci manteniamo aperti alla Sua presenza?
Per resistere al desiderio di “ibernarci”, siamo chiamati a ricordare che lottiamo per la giustizia insieme a tantissime persone, molte delle quali non conosciamo tanto dentro quanto fuori delle comunità GLBT.
Agire come se tutto dipendesse da noi soli è un atto di orgoglio e di rifiuto di Dio e della comunità. Ci immobilizza.
Il salmista nel Salmo 85,8-13 ci ricorda che Dio rivolge ancora una parola di pace ai suoi servi fedeli come Egli fece con Elia quando si sentiva abbandonato e dimenticato nella sua missione. Questa è la buona notizia!
Coloro che si dedicano al servizio della giustizia si possono sentire incoraggiati dal potere di intimità e da quello delle parole in questo salmo.
Infatti, appaiono le stesse parole che definiscono la speranza di un regno messianico: la “salvezza” di Dio è vicina e la “gloria” abiterà con noi sulla terra. L’ “amore leale di Dio (Hesed)” e la “verità” daranno frutto in questo mondo. Inoltre, la “giustizia” e la “pace” saranno così presenti in questo mondo co-creato da baciarsi reciprocamente.
Al leggere Romani 10,5-15 bisogna fare attenzione a non cadere in un’interpretazione antisemita. Ciò che si può dedurre, leggendo, è lo sforzo di Paolo per livellare il terreno di gioco?
Nessuno può dire chi è chi nel progetto di Dio. Questo è particolarmente vero per le persone GLBT che con frequenza vengono considerate capri espiatori e condannate.
In Matteo 14,22-33, il discepolo Pietro ha l’audacia di pensare di essere potente quanto Gesù e gli chiede di farlo camminare sull’acqua. Il vero miracolo è quando Pietro fissa il suo sguardo su Gesù ed è in grado di mantenersi da solo.
Quando ci concentriamo pienamente sulla nostra chiamata per la giustizia, specialmente a favore delle comunità GLBT, abbiamo le risorse per rimanere a galla in una comunità condivisa.
Tuttavia, quando dimentichiamo che Gesù e gli altri nella comunità più ampia stanno anche lavorando per la giustizia, corriamo il rischio di sentirci abbandonati e di avere un atteggiamento da bigotti come Pietro.
Quando il discepolo sposta il suo sguardo da Gesù per concentrarsi sulla violenza della tempesta, rimane terrorizzato, diventa vulnerabile ed inizia ad affondare. La buona notizia è che Gesù lo salva e lo rispedisce al sicuro, come fa per tutti noi.
Quando ricorriamo alla nostra fede in Dio? Quando affrontiamo l’avversità o qualcosa con cui non possiamo combattere? Manteniamo la nostra fede per tutto il tempo?
Nella tradizione del primo secolo riguardante gli artefici dei miracoli, Gesù doveva essere capace di fare cose straordinarie per guadagnarsi credibilità nell’ordinario.
Forse, allo stesso modo, noi che seguiamo Gesù dovremmo aspirare a fare cose straordinarie (come amare i nostri nemici, assimilare la rabbia e la paura di persone omofobe senza pagarle con la stessa moneta e vivendo apertamente, con coraggio e fede, per dare ispirazione e speranza agli altri).
Preghiera*
Oh Divino che vieni a noi, con frequenza, nei nostri sogni, ti rivolgiamo oggi questa preghiera con il nostro fratello Martin: “Io ho un sogno: che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli esseri viventi, insieme, la vedranno”
*Adattata dal discorso “Io ho un sogno” di Martin Luther King Jr., pronunciato nel Lincoln Memorial il 28 agosto 1963).
Letture bibliche proposte: Genesi 37,1-4, 12-28 e Salmo 105,1-6, 16-22, 45b; 1° Libro dei Re 19,9-18; Salmo 85,8-13; Lettera ai Romani 10,5-15; Matteo 14,22-23
Testo originale: Una comunidad de diversos colores