Semplicemente umani. Vegliamo per non dimenticare
Testi tratti da “Human” di Yann Arthus-Bertrand letti alla Veglia e fiaccolata per il superamento dell’omotransfobia di Milano del 31 maggio 2019
DONNA AFRICANA SUBSARIANA: Essere lesbica non è una scelta. E’ qualcosa che è in noi. Nessuno può aiutarci. Non è curabile non è una malattia. Dicono che siamo malate.
Le nostre famiglie ci portano addirittura dai dottori, dai marabutti. Ma resta dentro di noi. E’ difficile con mia nonna. Non accetta che io sia lesbica. Detesta il fatto che io lo sia. Ho dovuto andarmene di casa e vivere per strada, a causa della mia sessualità.
Ho dovuto anche forzarmi ad andare con degli uomini per far piacere a mia nonna, per ottenere la sua approvazione. Mi ha ferita, perché ho dovuto fare cose che non volevo assolutamente fare. E anche se ho fatto tutto questo… Ho perfino chiesto a un amico di fingere di essere il mio ragazzo. E lui sapete cosa ha fatto?
Mi ha costretta ad andare a letto con lui e mi ha trasmesso il virus HIV. E’ successo nel 2003. L’ho fatto solo per avere l’approvazione di mia nonna. Ma ora so che non devo fare niente per fare piacere agli altri.
UOMO FRANCESE: Non sentirsi riconosciuto. Non sentirsi capito. Non sentirsi amato dalla famiglia, semplicemente. Amato, si, ma non amato per quello che sei. Senti il desiderio di condividere qualcosa.
Un omosessuale non sa è un male o no. Se gli dicono che è un bene, che è così, non pensa più che… è un po’ come una persona che non sa se avrà un cancro.
Non lo sa. E se gli dicono che non ce l’ha… un omosessuale si chiede che cos’ha. Non sa se è grave o no e cosa gli succederà. Non c’è niente di più meraviglioso dei genitori che dicono: “E allora? Sei gay. E allora? L’importante è che tu sia felice”. È talmente ovvio. È questo “e allora?” che spesso manca.
UOMO RUSSO: Ho invitato a cena un uomo che avevo incontrato varie volte. Mentre preparavo da mangiare ha aperto la porta e ha fatto entrare un suo amico. Quest’ultimo mi ha colpito in testa con un bottiglia. Perdevo molto sangue.
Mi hanno minacciato con un coccio di vetro e un coltello. Hanno detto che mi avrebbero ucciso perché ero gay.
Ovviamente non hanno usato questa parola. Hanno usato una parola più brutale. Ero terrorizzato, avevo la gola secca. Pensavo a mille cose alla volta. Ho pensato che non avevo paura di morire.
Ma allora perché avevo tanta paura? Perché non volevo morire in quel momento. Pensavo ai funerali di un amico, ucciso un anno prima perché era gay. Pensavo a tutte quelle persone… che vengono uccise veramente. E avevo paura.