Il Pride e io
Riflessioni di Carlotta Galbo, volontaria del Progetto Gionata
Voglio raccontarvi qualcosa in più di me attraverso i Pride, perché, per come li vivo io, sono espressione della massima emozione.
Sabato scorso sono stata al Pride di Pavia, città natale della mia compagna. È stato davvero commovente, nonostante quello che pensano i nostri detrattori.
È stato stupendo perché ha rappresentato vivamente i colori della nostra bandiera, non solo con i suoi rappresentanti, ma anche e soprattutto per la varietà di gente: giovani, meno giovani, figli accompagnati dai propri genitori, neri, bianchi, gialli, verdi… Insomma, tutti, indistintamente!
C’erano pure quei ragazzi che alcuni politici “leggermente” fascisti, non potendo riutilizzare i lager, vorrebbe annegare.
Accipicchia, c’era davvero tanta gente! In mezzo a noi, lateralmente e addirittura sopra, come la signora che quasi alla fine del corteo era affacciata al suo balcone e ballava divertita mentre il corteo, per ricambiare, l’ha simbolicamente abbracciata gridando: “Sei una di noi…”.
C’era l’Agedo, una associazione che, anche in base al mio vissuto, rappresenta una infinita espressione d’amore, perché va oltre gli stereotipi e lotta accanto ai propri figli. Sì, insieme ai suoi tanti figli, quelli per cui si è disposti a tutto, caro Ministro.
Perché, caro Ministro, diversamente da lei, l’Agedo non li abbandona né in mare né in terra, ma trascorre una vita con loro, l’unica che abbiamo, con momenti migliori e altri peggiori, costruendo ricordi, sogni, futuro.
Caro Ministro, ha mai partecipato ad una manifestazione come questa? Ma soprattutto, accetterebbe la sfida di mettere in pratica di persona ciò di cui blatera? Sarebbe capace di guardare negli occhi un adulto, una donna, un bambino mentre annegano senza muovere un dito?
Vorrei proprio sfidarla a non provare pietà e a non allungare una mano per salvarli dalla morte ed ergersi a giudice di odio, la vorrei sfidare a salire su una nave qualsiasi e a mettere in pratica l’odio infinito, che condanna a morte un altro essere umano – sì, SONO ESSERI UMANI – invece di intimare ad altri di mettere a tacere la propria coscienza.
Ecco il legame tra chi muore fisicamente in mezzo al mare e chi muore in mezzo agli stereotipi e i pregiudizi: l’amore di chi non ci lascia annegare da soli!
Al di là di tutto, in ogni città il Pride è una realtà diversa ed è un’emozione da vivere perché, secondo me, può cambiare anche un omofobo: perché basta guardare negli occhi ogni singola persona per vedere l’emozione, la commozione dell’essere hic et nunc, perché per noi omosessuali essere lì allo scoperto è davvero una gioia, una festa, mentre ogni giorno viviamo dietro il nostro nascondimento, celando i nostri vissuti, le nostre vite, i nostri compagni.
E su quest’ultimo punto vorrei raccontarvi la mia esperienza di venerdì scorso: ho partecipato alla festa di matrimonio di due mie amiche, unitesi civilmente il giorno prima a Milano.
A tutte le coppie che si uniscono, anche a quelle omosessuali, spetterebbero per legge le ferie matrimoniali. Piccolo particolare: pur di non subire l’odio altrui, una delle due spose ha dovuto rinunciare al suo diritto, dimostrando che la paura ci mette ancora nella condizione di rinunciare a questi piccoli passi avanti, perché viviamo in una società ancora in parte arcaica, che ci vuole “anaffettivi”.
Ma io sono comunque ottimista, e ricevo nuova energia da ogni singolo Pride: un giorno, come Rosa Parks, anche noi otterremo il diritto di esistere senza dover nascondere foto, testimonianze varie di un amore puro e vero.
Un amore che dovrebbe e deve andare oltre la carnalità di ciò che la gente vuole vedere.
E vorrei concludere ricordando a tanti che, per raccogliere una presenza così numerosa e gioiosa di persone in così tante città, è perché l’amore vince e sta vincendo su tutto e tutti.