La realtà tangibile della disforia di genere
Riflessioni pubblicate sul blog CatholicTrans* (Stati Uniti) il 28 giugno 2015, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro, terza parte
Se vostro figlio o vostra figlia ritiene di essere transgender, forse solleverete delle obiezioni. Magari pensate che ritenere di essere qualcosa di diverso da “figlio o figlia di Dio”, per esempio queer o transgender, sia peccaminoso; magari temete che, utilizzando quel modo di definirsi, aderisca a un modo di pensare da “transgender di sinistra”; magari temete la sua transizione, perché la ritenete una ribellione contro l’ordine del Creato.
Tutti questi timori sono fumo che copre alcuni fatti fondamentali. Non conta la vostra opinione sul transgenderismo. Non conta quello che voi credete essere il modo corretto di prendersi cura di chi vive la disforia di genere. Non conta la vostra opinione sulle cause della disforia di genere. Prima di tutto bisogna riconoscere (riconoscere sul serio) l’esperienza di vostro figlio/a, anche se pensate sia un’esperienza illusoria.
La disforia di genere è vera, tangibile. Non è una condizione comune, il che vuol dire che voi, genitori di figli transgender, siete genitori speciali. Non importa se vi ritenete benedetti o maledetti, il vostro compito genitoriale è più unico che raro e non è affatto facile.
Il transgenderismo è una condizione relativamente rara, ma abbastanza ben documentata. La maggior parte delle persone si trova a proprio agio, dal punto di vista biologico e psicologico, nell’essere completamente maschio o completamente femmina, ma quasi ad ogni livello esistono delle eccezioni: la disforia di genere è un’eccezione a livello mentale e sociale. Forse provate l’impulso viscerale di spingere vostro figlio/a al totale conformismo, ma vi prego di fermarvi e di considerare che forse lui/lei fa parte di quelle eccezioni, e non è cosa facile per nessun genitore.
Ho la disforia di genere fin da piccolissima, e i miei genitori non ci arrivano, sono incapaci di non pensare che sia una mia invenzione, o che stia riscrivendo la mia storia, ma rimane il fatto che ho la disforia di genere da sempre. Non mento su questo, non ho nulla da guadagnare, anzi, con la mia sincerità ho perso tutto.
È estremamente difficile essere empatici con una persona transgender. La nostra esperienza è quasi impossibile da intuire. Vostro figlio/a avrà enormi difficoltà a comunicarvi quello che sente e vive. Se modificherà il modo in cui parla del suo genere, non sarà perché è confuso/a, molto probabilmente starà solo cercando altre parole per comunicare in maniera più precisa un’esperienza per la quale non abbiamo le parole.
Cos’è per me la disforia di genere? Biologicamente e per nascita sono un uomo, ma mi sento una donna. La vostra prima reazione può essere “Ma tu non sei una donna!”, e la discussione finisce lì. Posso anche sbagliarmi, ma io mi sento donna e credo di essere una donna. Se mi dite che non sono una donna, non mi smuovo, ma mi fate torto. È una convinzione così profonda, che ventidue anni di sforzi continui per modificarla non hanno potuto nulla. Mi sono rivolta a sacerdoti, gruppi di preghiera, perfino a un esorcista, ma la mia convinzione è immutata.
Nessuno sceglie di essere transgender. Non è una cosa alla moda: non c’è nulla di trendy nel perdere la tua famiglia e nell’affrontare la rabbia della società. Chi vuole offrirsi volontario per fare il lebbroso? Se negli ultimi anno la nostra voce collettiva è diventata sempre più udibile, è solamente perché il nostro dolore si è fatto sempre più intollerabile. Tutto il politicamente corretto di questo mondo non può soddisfare il nostro bisogno di amore e rispetto sinceri.
In fin della fiera, non conta la vostra opinione sulla cura adatta alla disforia di genere: il primo passo, il più importante, è il semplice riconoscimento del fatto che vostro figlio/a ha la disforia di genere. È difficile, questa condizione. Se vostro figlio/a sceglie un protocollo terapeutico preciso, come la somministrazione di ormoni, non è perché vuole fare il disobbediente o il ribelle, ha solo scelto uno dei modi per reagire al fatto della sua dissonanza di genere. Potete approvare o meno il suo percorso terapeutico, ma dovreste comunque trovare un modo di stargli accanto in questo frangente.
* Salve, e benvenut* su CatholicTrans. Questo blog è partito da un’iniziativa personale mirante a conciliare la fede in cui sono cresciuta con la mia identità transgender; nel tempo è poi cresciuto organicamente, fino a diventare una risorsa non solo per me stessa, ma anche per altr*. CatholicTrans è un tentativo di contrastare la marea di disinformazione sul tema e di creare uno spazio web che fornisse informazioni affidabili e non impregnate di paura sulle tematiche transgender da un punto di vista cattolico e cristiano. Questo blog è un progetto intersezionale, che tratta in maniera molto specifica delle identità e delle esperienze trans da un punto di vista decisamente cattolico. Detto questo, tenete conto del fatto che esso non rappresenta necessariamente né il mio punto di vista personale (non sono più cattolica), né quello del movimento transgender nella sua interezza. Anche se questo blog rappresenta solo una piccola parte di ciò in cui credo, rimango fortemente convinta che l’unico modo per la tradizione teologica cattolica di essere logicamente coerente e autenticamente compassionevole è accettare di tutto cuore i suoi figli e le sue figlie trans*.
Testo originale: TO GRIEVING CHRISTIAN PARENTS OF A TRANSGENDER PERSON