‘Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli, non l’avete fatto a me (Mt 25,40-45)
Riflessioni bibliche di Janet Edwards* tratte dal The Washington Post (USA), 10 marzo 2010, liberamente tradotte da Alessandra Casale
Se la Chiesa o un’altra istituzione religiosa ricevesse fondi dal governo, seguirebbe tutte le regole amministrative, comprese quelle contro la discriminazione basata sull’orientamento sessuale? O forse il governo esonererebbe tali organizzazioni (religiose) se le violano per particolari credenze religiose? Nel Suo ministero, Gesù non aveva timore di accudire i meno fortunati e coloro che per la società non meritavano amore.
Ai giorni nostri, la Chiesa Cattolica è stata a lungo faro della leadership morale a favore dei più bisognosi. L’impegno di nutrire gli affamati, di assistere i poveri, di sostenere gli emarginati è stato l’incarnazione migliore degli insegnamenti di Gesù. E questo è il motivo per cui mi trovo in disaccordo con la decisione dell’Arcivescovo (cattolico) Donald Wuerl di metter fine al programma per l’adozione e i benefici matrimoniali per i futuri impiegati delle Caritas Cattoliche nel distretto della Colombia.
In questo modo va a colpire indistintamente (le coppie) omosessuali e non. Contraddice il modo in cui Gesù ci ha insegnato di essere, al di là di ogni circostanza legale. Nella grande parabola delle pecore e delle capre, Gesù ci insegna “Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a me… Quello che non avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, non l’avete fatto a me” (Matteo, 25:40-45).
Insomma, è nostro dovere aiutare chi soffre e chi ne ha bisogno. E Gesù non accetta scuse; non fa eccezioni. Infatti, il Vangelo ci porta da sempre il messaggio di Gesù di accettazione, carità e non-giudizio. Gesù dimostra la Sua compassione per chiunque vada a Lui, sfamando cinquemila persone con cinque pani e due pesci (Giovanni 6:1-14). Non chiede l’orientamento sessuale di ognuno prima di offrirgli il proprio aiuto.
Nei secoli, l’esempio di Gesù ha ispirato i Cristiani ad aprire le proprie braccia agli affamati e ai bisognosi, agli orfani e alle vedove, per arrivare alla lunga missione delle Carità Cattoliche nell’arcidiocesi di Washington. Tutto questo è stato indispensabile per molte vite, e ha testimoniato l’amore di Cristo per ognuno di noi.
E per questo mi ha rattristito constatare che l’arcivescovo Wuerl e le Caritas Cattoliche vogliano rinnegare il proprio aiuto a chi ne ha bisogno soltanto perché giudichino alcuni non idonei all’adozione (ndr coppie gay), o altri non meritate voli di cure sanitarie e di altri benefici. In quanto Cristiani che vogliano davvero seguire l’esempio di Gesù, siamo chiamati ad assistere i deboli e a rallegrarci quando chi ha sofferto a lungo trova sollievo (comprese le coppie LGBT che hanno aspettato a lungo per potersi sposare).
Noi tutti sappiamo quanto Gesù ami le feste nuziali. E non abbiamo bisogno di affidarci alla nuova legge per sapere qual è la cosa giusta da fare. Basta soltanto guardare l’abbraccio di Gesù a tutte le persone di fede, l’esuberante gioia delle coppie in fila alle porte del comune per sposare la persona che amano. Non dobbiamo scostarci molto dalla classica domanda che si usa per insegnare il catechismo ai giovani: “Che cosa farebbe Gesù?”.
* Janet Edwards è una pastora presbiteriana di Pittsburgh (Stati Uniti) ed è Co-Moderatore di More Light Presbyterians la rete di persone che cercano la piena partecipazione delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender nella fede nella vita, nel ministero e la testimonianza della Chiesa Presbiteriana degli Stati Uniti.
Testo originale: Who would Jesus not serve?