4 marzo 2012 «Buon compleanno Lucio»
Articolo di Deborah Dirani tratto da ilsole24ore.com, 4 marzo 2012
“Buon compleanno Lucio”: padre Bernardo Boschi, il domenicano amico e confidente di Lucio Dalla, accoglie così pochi minuti dopo le 14,30 la bara del cantautore che fa il suo ingresso nella chiesa grande di Bologna: San Petronio. E la chiesa, circa 6mila persone, rispondono all’augurio con un applauso, non scrosciante, questo no.Un applauso piccolo e dimesso che non riesce a riempire il silenzio e il vuoto che si respirano in questo 4 marzo 2012.
Che sarebbe anche stato il giorno del sessantanovesimo compleanno di Lucio Dalla: che è stato invece il giorno del suo funerale. Il dolore di Bologna, e di mezza Italia, è tutto lì in quella chiesa stipata di gente che Dalla lo ha ascoltato e magari mai conosciuto, seduta gomito a gomito con gente che normalmente ha visto solo sui giornali: Eros Ramazzotti, Gigi D’alessio, Ornella Vanoni, Renzo Arbore, Marisa Laurito, Alessandro Haber, Ron, Renato Zero Fio Zanotti, Ligabue, Jovaniotti, Nek, Gianluca Grignani, Luca Carboni, Samuele Bersani, Bibi Ballandi, Luca Cordero di Montezemolo.
E poi l’amico di sempre, quello che grazie a Dalla e a un tour che riempì le piazze alla fine degli anni ’80 si riprese il sucesso perduto: Gianni Morandi. Giacca nera di velluto, sguardo perso, incredulo: non versa una lacrima Morandi abbassa la testa mille volte durante la cerimonia, si passa le mani sulla faccia che da oggi, definitivamente, non sarà più quella dell’eterno ragazzo. Ha perso l’amico vero, quello che nel momento della difficoltà lo prese per mano e lo riportò ai vertici delle classifiche, gli restituì il pubblico e le copie di dischi (ché ancora dischi in vinile erano).
La disperazione, l’angoscia, la pietrificazione è tutta nella faccia di Marco Alemanno: il compagno degli ultimi anni di vita di Lucio Dalla. 31 anni da Nardò in provincia di Lecce, Alemanno sembra una maschera del tetaro greco: solo rubando il dolore di una tragedia euripidea si può descrivere lo strazio di questo ragazzo che per tutta la cerimonia si tiene in faccia gli occhiali scuri, che non riesce nemmeno a bere da sé, ma viene imboccato da una ragazza che gli sta seduta a fianco.
Solo al termine del rito funebre si solleva stanco, distrutto, dalla seggiola che ha occupato, viene accompagnato fino all’altar maggiore e legge il testo di “Le rondini’ di Lucio Dalla. Quel testo che stavano portando in giro anche in questa tournée da cui solo lui, Marco, è tornato. Resiste con uno sforzo sovrumano fino alla fine della lettura, che punteggia di ricordi personali di quando lui bambino si emozionava sulle note di quello che sarebbe diventato il suo compagno. E crolla nelle ultime parole: “Tutti noi ti possiamo dire grazie”.
E’ uno schianto quello di Alemanno, lo riaccompagnano al suo posto: davanti alla bara di Lucio Dalla da dove a bocca spalancata, come se l’aria non gli bastasse per sopravvivere, emette un lamento che fa spegnere tutte le telecamere, e sono tante. Davanti a quell’urlo tutti restano impietriti. Solo Ornella Vanoni piano piano gli si avvicina, gli passa una mano sulla fronte sudata a ravviare i capelli scuri: il gesto di una mamma.
Gli dice qualche parola all’orecchio e lo bacia prima di andare a salutare gli altri amici di una vita di Lucio Dalla, il manager Bruno Sconocchia e l’avvocato Eugenio D’Andrea. Piazza Maggiore, che da oggi ogni bolognese chiamerà piazza Grande, è un pavimento di facce col naso in su: al maxischermo che trasmette la cerimonia e le parole con le quali padre Bernardo Boschi , durante l’omelia, racconta della sete di divino di Lucio Dalla, delle chiacchierate che facevano sulla fede, su Dio.
Lui che a qualcuno poteva essere apparso blasfemo con quel “per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino”, non perdeva una messa “Domenica scorsa era qui – ricorda ancora il sacredote – e oggi siamo a dargli l’ultimo saluto”. Nemmeno padre Boschi riesce a capacitarsi dell’assurdità di questa morte che gli ha improvvisamente strappato un amico.
Ma come lui, è evidente dal silenzio che non si interrompe mai per tutta la durata della cerimonia, nessuno dei circa 6mila presenti sembra avere realmente compreso la realtà di questa perdita. Brusca, e vigliacca perché nessuno l’aveva nemmeno presentita. “Stava bene, stava bene”, ripete una donna scuotendo la testa.
“Stava bene”, conferma il tour manager che era con lui a Montrex la mattina in cui è morto. La bara smentisce, ostinata, le loro parole. Una sciarpa, una rosa rossa, una sigaretta e un cornetto sono sono i guardiani della bara di legno color miele in cui da qualche ora riposano le spoglie mortali di Lucio Dalla.
Quelle mortali appunto perché adesso che non canterà più ‘Se io fossi un angelo’ un angelo lo è, davvero. Senza periodo ipotetico, senza congiuntivi che aprono il margine al dubbio. Un angelo che la sua città piange e che, nel giorno del commiato gli ha regalato una ‘Piazza Grande’ commossa sulle note della canzone della sua nascita , umana e musicale ‘4 marzo 1943’.
La canzone che, poi in effetti, scandisce anche l’inizio del “suo secondo tempo”: 4 marzo 2012.