Caro Vescovo vorrei incontrarti per parlarti di me e delle tante persone LGBT che cercano l’amore del Padre
Lettera inviata al suo nuovo Vescovo da Fabio del gruppo Zaccheo, cristiani LGBT di Puglia
Carissimo Padre, perdonerai la mia presunzione nel darti del TU, ma durante la processione della nostra Beata Vergine a fine Agosto, ho visto scardinare le usanze e costumi di un procedere secolare, lento e composto. Per la prima volta ho visto un camminare verso qualcuno e non verso qualcosa; per la prima volta ho visto un vescovo staccarsi dal baldacchino di una icona per essere lui stesso icona di Cristo, per essere lui stesso assieme alla Vergine finestra di speranza; per la prima volta ho visto un padre sorridere con la carne e cercare lo sguardo con il sangue dei propri occhi; per la prima volta ho visto e ho sentito mani benedette che cercavano e toccavano i fedeli, che cingevano i fianchi della processione.
Per la prima volta ho visto un padre festeggiare davvero con i suoi figli, e muovere e ri-muovere tutte quelle vesti purpuree che a volte cantano la misericordia sugli altari, mentre sotto i pizzi e merletti si gonfiano di superbia. Per la prima volta, dopo tanti anni, ho visto davvero un padre.
E se un padre, guida spirituale di una intera Diocesi, si fa testimone di un modo altro di approcciarsi al prossimo, io Fabio, quarantunenne, da cristiano credente omosessuale che sono, non posso che seguirne l’insegnamento: non mi sento semplicemente libero di darti del TU, ma mi sento liberato nel vedere un TU in TE, nella tua persona. Per questo te ne sono grato, perché questo tuo grande insegnamento possa spogliarci di qualsiasi e inutile indumento davanti agli occhi dell’unico PADRE.
Ero seduto su una sedia in strada, con le mie stampelle, reduce da un piccolo infortunio che mi tiene ormai bloccato a casa da più di un mese. Ero presente durante la processione, e chiedevo alla Vergine Maria di darmi un ulteriore segno che mi portasse a scriverti e a desiderare un incontro con te. E poi Maria, come sempre ho sperimentato nel mio cammino di fede, non tarda a rispondermi. La risposta della Vergine come il suo fiat a Gabriele: ho visto avvicinarti a me e benedirmi con le tue mani, che hanno intrecciato le mie. Tutto mi è stato più chiaro: dovevo necessariamente scriverti per incontrarti.
Ho seguito su internet il tuo discorso in piazza quella sera, ho ripensato alle tue mani intrecciate e alle mie intrecciate alle parole.
“Urge, come non mai, sforzarci di diventare grandi tessitori di relazioni per rialzarci dai sentimenti negativi che ci fanno giudicare“.
Parole tue, parole che sento mie, parole che sento da chi vive la mia stessa condizione omoaffettiva in questo lembo di terra garganica, segnata dal sale dell’ipocrisia, della discriminazione, e dalla controra estiva del sonno del “tutt’appost?”.
Credo anch’io che non è vero che la Chiesa è tutta marcia, ma che piuttosto ci sono uomini, donne, religiosi falsi di Chiesa che usano il Vangelo come bandiera di ordine morale, come dottrina sterile per ferire i più deboli, i più bisognosi, i più soli, senza accorgersi di marcire in quel cuore di Gesù con una fede quasi da archeologia o da volontariato.
“Curate e trasmettete il senso di appartenenza alla comunità cittadina, così che ogni casa sia focolare dove si impara ad amare non solo i fratelli di sangue, ma ogni persona che entra o si affaccia alla comunità. Così si combatte la solitudine e l’abbandono, ma anche l’indifferenza, la rivalità, l’invidia, le gelosie e la crescente tentazione del razzismo”.
Queste tue parole hanno colpito il mio cuore, perché in parte disegnano e ri-disegnano la mia storia, perché se il Signore toglie prima o poi ridona.
E la mia condizione di omosessuale mi ha portato a non avere più una vera famiglia di sangue, ma una piccola comunità, che mi ha accolto tra gli ulivi e le onde di una contrada molto difficile e segnata dalla mafia. Una piccola casa che accoglie lacrime e racconti di altri figli e figlie di Dio, che credono di non essere amati e amate perché gay o lesbiche.
Credo che saremo veramente una comunità cittadina con senso civile, quando riusciremo a prendere un martello tra le mani e iniziare ad abbattere le mura delle nostre chiese e dei nostri palazzi, e saremo capaci di celebrare questa vita dentro la storia umana, scardinare le processioni come hai fatto tu, e celebrare la vita tra le persone che sono fatte di carne, come lo era il Cristo e come lo è il Vangelo.
Nel momento in cui ci verranno tolte le nostre sicurezze, i nostri spazi, luoghi, palazzi, usanze, ci sentiremo più persi o più uomini? Ci sentiremo più persi o più donne?
Credo che per essere davvero chiesa e corpo di un Cristo che piange ogni uomo e donna abbandonati e feriti dalla discriminazione a causa del proprio orientamento sessuale, la nostra comunità deve imparare a spogliarsi della propria religione e cominciare a cercare la fede per danzare la vita nella sua diversità.
Io per la prima volta ho visto una processione in cui si danzava alla vita e vorrei che altri miei fratelli e altre mie sorelle della comunità LGBT si sentano accolti come io ho provato l’esperienza dell’accoglienza dalle tue mani e dalle mani di altri.
Il Guado di Milano, gruppo di omosessuali cristiani cattolici, è da più di 30 anni che cerca un dialogo con l’istituzione papale e lo stesso non è mai avvenuto. Il Progetto Gionata Portale su Fede e Omosessualità crea dialogo e ponti di relazione e speranza per tutti gli omosessuali che sentono di vivere secondo il Vangelo, ma senza annullare il dono di se stessi all’altro.
Tante volte ho sentito dire che gli omosessuali sono figli del demonio: mi chiedo se un sacerdote/padre può ri-generare i suoi fedeli/figli a questa maniera; mi chiedo se questo è tutelare l’uomo, mi chiedo se questo è tutelare la donna, mi chiedo se questo è tutelare la creatura prediletta di Dio…
Se oggi ci sono tanti omosessuali che credono ancora in Gesù e nella potenza del Vangelo è grazie al Papa che ha mostrato misericordia, grazie a quei pochi sacerdoti che si fanno portatori della buona novella tra gli ultimi, grazie a quei sacerdoti veri uomini evangelici, che hanno saputo e continuano a “ri-generare” il Verbo di Dio facendo discernimento sui propri fratelli e sulle proprie sorelle.
Il concetto di “generare e ri-generare” a cui spesso alcuni uomini di Chiesa fanno cenno è un concetto pieno di speranze e futuro: un’operazione che purtroppo la Madre Chiesa fa fatica a fare. La Chiesa, la mia Chiesa, la nostra Chiesa, la Chiesa di Cristo spesso purtroppo è madre a metà: genera ma non “ri-genera”.
Se la mia fede oggi non è crollata, è solo grazie allo Spirito che agisce attraverso famiglie, sacerdoti e amici. Oggi io posso dire apertamente di vivere una fede più matura e di sforzarmi di migliorare la Chiesa di cui sento di essere figlio.
Io ho il tuo stesso desiderio: desiderare una Chiesa Madre di cuori che generano relazioni d’amore.
Vorrei tanto incontrarti per raccontarti di me e di tanti altri figli e figlie che sono stati meno graziati di me, e che continuano a perdersi pur sforzandosi di cercare l’amore del PADRE.
Con affetto, Fabio