Diritti alla vita: la propria, quella di tutti e della terra
Riflessioni inviateci da Massimo Battaglio
Se i miei diritti sono i diritti di tutti i diritti di tutti sono anche miei. E’ una delle cose fondamentali che ho imparato in tanti anni di movimento lgbt. E forse, è una di quelle che più si accordano con la mia fede.
Pensavo a queste cose ieri, mentre la mia home di facebook si colorava delle foto di migliaia di studenti scesi in piazza per difendere il diritto a un ambiente più sano, a un pianeta che non muoia. Quei cortei erano pieni di arcobaleni. Arcobaleni che stanno a significare che, proprio dalla partecipazione ai pride, quei ragazzi hanno imparato a interessarsi ai diritti di tutti sentendoli propri.
Arcobaleni che mi sollecitano ora a prendere sul serio le loro istanze, che sono anche mie. Ma arcobaleni che mi stuzzicano anche come credente perché mi riportano all’arco tra le nubi di Noè. Mi ricordano la nuova alleanza tra Dio e l’uomo si fonda proprio su un nuovo rapporto con la natura.
Cosa ne pensa la Chiesa?
Mi ha sorpreso (ma nemmeno troppo) che, mentre tutti i media parlavano di queste manifestazioni di speranza, la Chiesa le ha totalmente ignorate. Alcuni le hanno addirittura derise se non osteggiate. Altri si sono mostrati affaccendati in tutt’altro. Hanno preferito attardarsi sull’altro tema della settimana: quello del “fine vita”, magari accostandolo – e ci mancherebbe – alla “cultura omosessualista”.
Il bello è che, proprio in questi giorni, il papa ci ha richiamati molto chiaramente su quali sono le vere prioriotà per i cristiani. Basta leggere l’ultimo numero di Civiltà Cattolica in cui è riportato un dialogo coi gesuiti del Mozambico sul tema del clericalismo.
“Una delle dimensioni del clericalismo è la fissazione morale esclusiva sul sesto comandamento … Ci si concentra sul sesso e poi non si dà peso all’ingiustizia sociale, alla calunnia, ai pettegolezzi, alle menzogne. La Chiesa oggi ha bisogno di una profonda conversione su questo punto”.
Parole che si accordano molto bene a quelle dette negli stessi giorni ai giovani francesi: “La sessualità, il sesso, è un dono di Dio. Niente tabù. È un dono di Dio, un dono che il Signore ci dà. È una passione, è l’amore appassionato. Il vero amore è appassionato”
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“L’impegno è il punto chiave. Avere cura dei fratelli, come tu hai bisogno che i fratelli abbiano cura di te. E questa è la vita cristiana: non viviamo isolati. Non siamo isolati, siamo un corpo e Dio vuole che andiamo in comunità. Vuole che abbiamo cura l’uno dell’altro, che cerchiamo di aiutarci nel cammino. L’impegno … Nella famiglia, nel quartiere, con gli amici. Nella società un cristiano dev’essere una persona che si impegna. Non solo quelli che fanno politica, no, non solo quelli. Tutti, tutti”.
Pensavo che questi discorsi avrebbero destato un po’ di polemica.
Mi aspettavo una reazione simile a quella sul famoso “chi sono io per giudicare un gay“, quando tanti si irritarono perchè temevano di veder scardinate le loro certezze. “Il papa era stanco“, si affannò a chiarire Navarro Valls, allora responsabile della sala stampa. “Ha parlato di un gay che cerca Dio, e che cioè vive secondo il catechismo“, puntualizzarono altri. Come se, per cercare Dio, fosse necessario (e sufficiente) il catechismo. Pochi si accorsero che quella battuta conteneva un versetto importantissimo di san Paolo. E’ infatti la conclusione di quel discorso ai Romani che ci viene spesso rinfacciato come prova del “peccato di Sodoma”. Un papa che usa parafrasi di questa raffinatezza, non è stanco.
Chiusa parentesi. Ma forse, questa volta, ribattere significava dar ragione. Voleva dire che, sì, gli uomini di Chiesa sono proprio fissati col sesso. Meglio lasciar correre. E niente.
I vescovi italiani sono abbagliati in questi giorni da un unico argomento: l’eutanasia. E non si rendono conto che la sentenza della Corte Costituzionale sul caso Cappato non legalizza affatto l’eutanasia. Essa ribadisce semplicemente che in Italia non è vietato assecondare un malato terminale nella sua intenzione di lasciare la vita. Non è vietato ora come non era vietato prima. La Corte Costituzionale, dovremmo saperlo, non toglie nè stabilisce divieti. Interpreta le leggi esistenti. Dunque, se vogliamo proprio usare lo slogan dell’eutanasia, dobbiamo concludere che, in Italia, c’è sempre stata. Trovo veramente singolare che lo si scopra adesso.
Così come trovo singolare che si dimentichino le dichiarazioni scritte da Pio XII contro l’accanimento terapeutico, e addirittura l’esempio personale di Giovanni Paolo II. Trovo tristissimo che siano cadute nell’oblio la sue ultime parole: “lasciatemi andare in pace“.
E trovo davvero assurdi, lo ripeto, gli accostamenti tra ecologia, eutanasia e “ideologia omosessualista”. Coloro che lanciano questi paralleli meritano proprio l’aggettivo pronunciato da papa Francesco: “fissati”.
Credo che Francesco abbia ragione nell’esortare la Chiesa a una conversione alla misericordia e alla pietà. Pietà per il dolore insopportabile, pietà per il dolore della terra, pietà per chiunque soffre un’ingiustizia. Ma vorrei che fosse una pietà attiva, in movimento. La pietà che piace a me è quella delle beatitudini; la pietà dei diritti.