“Camminare nella verità” (Gv 3,14-21) e il coming out del cristiano LGBT
Riflessioni bibliche di Di Jen Glass, Greg Carey e Mona West tratte da About Out in Scripture (Stati Uniti), liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Camminare nella verità significa anche dire la verità sull’identità sessuale: uscire allo scoperto come lesbica, gay, bisessuale o trans e come Cristiano. Questo talvolta, nelle comunità ostili, può sembrare più che altro una croce.
Eppure le persone lesbiche, gay, bisex e trans (LGBT) questa croce la portano uscendo allo scoperto sempre e comunque, e non sempre di fronte a chi apprezza questa nostra verità.
I passi biblici di questa settimana (Numeri 21,4-9; Salmo 107,1-3; 17-22; Efesini 2,1-10; Giovanni 3,14-21) contengono alcuni dei versetti più amati e citati della scrittura: “Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio” (Efesini 2,8); “Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Giovanni 3,16).
Questi versetti sono proprio una buona novella in questa quarta domenica di Quaresima in cui molti di noi si sentono come gli Israeliti nel passo di Numeri, “persi d’animo”.
Il libro di Numeri narra il viaggio del popolo di Israele dalla liberazione dalla schiavitù in Egitto verso la colonizzazione della terra di Canaan. Questo viaggio si svolge nel deserto.
Il popolo va ramingo, e lo stesso fa il libro con le sue storie sconnesse. Eppure fa onore al suo nome, Numeri. Il libro parla di chi conta e di chi viene contato, come fa notare Rabbi Sue Levi Elwell. È un libro che parla della costruzione dell’identità di un popolo.
Questa storia di Numeri 21,4-9 , come del resto l’intero libro, tratta di temi familiari alla comunità LGBT. Uscire dalla schiavitù verso la libertà è spesso paradossale.
Ci sono giorni in cui desideriamo la familiarità del nascondiglio piuttosto che il rischio e l’ignoto della libertà. E il coming out è un viaggio che dura una vita e che porta con sé la costruzione di una identità libera dall’omofobia.
Numeri ci ricorda che il deserto è uno spazio queer: lo spazio tra gli spazi, lo spazio della possibilità, lo spazio che non è lineare, lo spazio dove le nostre storie, per quanto possano sembrare sconnesse, ci sostengono.
Riflette Jen Glass: “Mi fa venire in mente le numerose volte in cui mi sono persa d’animo, insofferente verso Dio, in particolare nei periodi in cui mi sono trovata in luoghi solitari. Spesso nella mia insofferenza grido “Perché io Signore? Perché sto vivendo questo?”
Poi di nuovo qualcosa va storto o semplicemente capita, e corro da un buon amico o da un compagno di fede a chiedere preghiere e consigli.
A volte c’è una parola o magari anche una e-mail su cui mi soffermo, come sul quel serpente di bronzo, che mi dà vita, quella ispirazione per andare avanti.
Come pastora ho avuto gente in luoghi solitari che è venuta da me con una marea di cose che andavano storte a chiedere una preghiera.
Qualcuno è tornato da me in seguito a spiegarmi come qualcosa che ho detto o un passaggio della Scrittura che ho proposto loro li aveva davvero aiutati, e lo conservano con cura.”
“Talvolta” continua Glass “è questione di riconoscere a voce uno sbaglio o parlare di ciò che accade dentro di noi, come la confessione, cose che diventano parte del nostro pentimento e penso che a volte servano davvero a migliorare le cose o a ribaltare una situazione.
Capita che sia la cosa che ci ferisce quella che ci fa stare ancora bene, di nuovo integri, per esempio il serpente.”
A cosa vi assomiglia il deserto? Come o quando trovate vita nel deserto?
La conversazione di Gesù con il fariseo Nicodemo (anche lui ha a che fare con il “nascondiglio”, visto che viene da Gesù nel buio della notte!) continua in questi versetti da Giovanni 3,14-21.
Dopo che Gesù ha detto a Nicodemo che deve nascere di nuovo, Nicodemo replica “Come possono avvenire queste cose?” I versetti 11-21 sono la risposta di Gesù.
Bisogna ricordare ai farisei dei nostri giorni che Dio non ha mandato Gesù nel mondo per condannare il mondo, ma per salvarlo, e che le persone lesbiche, gay, bisex e trans (LGBT) sono parte di quel “chiunque” di Giovanni 3,16.
Il vangelo di Giovanni suggerisce che, non solo gli Israeliti in marcia, ma tutti, soffriamo per il veleno del peccato. Il vangelo non dà un nome al peccato, come molti Cristiani desiderano fare, ma rende conto dei suoi sintomi.
La gente trascorre la vita nascondendosi (“di notte”, come dice il vangelo di Giovanni). Viene esaltato come cura il guardare a Cristo.
Come Mosè ha innalzato il serpente d’oro, così Gesù venne innalzato su una croce per la nostra salvezza. Guardare alla croce dona energia per compiere il tipo di azioni che fanno uscire allo scoperto.
Se questo sembra un po’ come una specie di trucchetto magico (“Accetta Gesù e sarai libero”) possiamo ricordare che Gesù ha sopportato le conseguenze del vivere in armonia con la sua identità. Prendendo ancora a prestito il linguaggio di Giovanni, Gesù ha vissuto la verità prima di tutti.
Il suo camminare nella verità lo ha portato a Gerusalemme, dove si è scontrato con le autorità che lo hanno messo in croce.
Guardare a Gesù è credere che vivere nella verità valga assolutamente la pena. Guardare a Gesù significa credere che la benedizione di Dio faccia camminare nella verità invece di celarsi dietro la falsità.
I temi della vita e della morte sono molto presenti in questi testi mentre vaghiamo nel deserto di Quaresima verso il mattino di Pasqua.
In Efesini 2 Paolo ci ricorda che siamo stati vivificati in Cristo, fatti sedere in cielo (versetti 5-6), che siamo stati creati per le buone opere (versetto 10), e tutto questo grazie all’incredibile dono della grazia di Dio.
Molti di noi si sentivano morire al primo coming out, forse prima di tutto di fronte a se stessi. Pensavamo dovessero chiudere con la loro fede, chiudere con i loro sogni di famiglia, dimenticare il “e vissero per sempre felici e contenti”.
Eppure, quando ci siamo rivelati a Dio, non abbiamo ricevuto se non amore e grazia. Noi LGBT siamo quel che siamo perché ci ha fatti Dio.
Gli omosessuali sono creati in Gesù Cristo per le buone opere. Dio ci ha preparati in anticipo a essere omosessuali, il nostro stile di vita. Veramente un dono di Dio, la nostra buona novella da condividere!
È facile lasciarsi prendere da pensieri del tipo “cosa dobbiamo smettere di fare in Quaresima” e pensare che in modo o nell’altro saranno i nostri sforzi a creare la vita nuova e libera che desideriamo così tanto.
Nel nostro lavoro, nella nostra lotta per la giustizia in quanto LGBT è bene che qualcuno ci ricordi che le nostre azioni danzano mano nella mano con la grazia di Dio.
Durante la stagione di Quaresima oltretutto la gente fa di più invece di abbandonare qualcosa, ci prendiamo tempo per riflettere su quali sono le nostre iniquità, le nostre mancanze e i nostri peccati. A volte è anche utile pensare cosa i nostri peccati non sono.
Le persone LGBT sanno che il nostro peccato non è il nostro orientamento sessuale o la persona con cui dormiamo. Non sono queste cose a tenerci lontani da Dio, a interferire nella nostra relazione con Lui, ad averci fatto mancare il bersaglio.
Infatti è la nostra omosessualità che ci ha portati a una relazione più intima con Dio, anche se ci sono alcuni Cristiani che ancora vorrebbero considerare l’essere omosessuale un peccato.
Qual’è la vostra disciplina quaresimale? In cosa ha agevolato il vostro “camminare nella verità”?
Nel Salmo 107,1-3,17-22 ascoltiamo “Soffrivano, gli stolti, per il loro comportamento ribelle, e per le proprie colpe”.
I lettori LGBT di questo salmo si oppongono al concetto che i sieropositivi si siano ammalati per il loro comportamento ribelle e per le proprie colpe.
I sieropositivi che hanno toccato la morte con mano hanno fatto affidamento sul tenace amore di Dio e sulla loro fede. Certamente non sono “guariti” dalla loro condizione ma hanno da raccontare le altre maniere in cui sono stati guariti.
Descrivono come sono stati amati dal partner, dalla famiglia e dagli amici; le comunità che li hanno sostenuti; i medici e gli infermieri che curano con genuina compassione; i farmaci che cambiano la loro condizione; i modi in cui Dio continua a spandere grazia, inaspettatamente.
Alcuni approverebbero e farebbero eco ai primi due versetti del salmo: Celebriamo il Signore perché egli è buono, perché la sua bontà dura in eterno. Che i redenti da Dio dicano così, coloro che Dio ha redento dall’afflizione.
A cosa vi opponete nelle Scritture di oggi? Vi considerereste tra i redenti da Dio che dicono così?
Preghiera
Dio Buono e Amorevole,
tu che ci valuti in mezzo ai chiunque
e che ci hai creati lesbiche, gay, bisessuali, transgender e Cristiani,
che noi possiamo continuare a trovare te e la tua grazia che dona la vita durante questa Quaresima,
specialmente nei nostri luoghi deserti e nella nostra impazienza,
così che il nostro camminare nella verità possa essere benedetto
e noi, i tuoi redenti, possiamo condividere la buona novella del tuo tenace amore.
Amen e Amen.
Testo originale: Truth-Walking