Come hai conciliato la tua identità transessuale con la tua religione?
Riflessioni di Shannon Kearns pubblicate sul sito Queert Teology (Stati Uniti), liberamente tradotte da Chiara Spasari
Come hai conciliato il tuo essere una persona trans con la tua religione? Questa domanda salta fuori quasi a ogni conferenza che tengo e in ogni dibattito, ed ho sempre difficoltà a rispondere. Devo essere onesto? Non direi che i due aspetti debbano necessariamente conciliarsi.
Ma la storia non finisce qui. Bisogna ricordare che questo non è il mio primo coming out: ho già rivelato di essere gay anni fa. E sinceramente, per tante ragioni, è stato molto più difficile per me. Non perché essere gay è più complicato, ma perché all’epoca del mio primo coming out ero saldamente ancorato alla realtà evangelica. Appartenevo ancora ad una chiesa conservatrice (sebbene non quanto quella in cui ero cresciuto). I miei amici erano in prevalenza evangelisti conservatori. Vivevo ancora a casa. Una lista lunga.
Ma quale fu la parte peggiore? Quando per la prima volta rivelai di essere gay, non avevo ancora emancipato la mia mente e la mia anima dall’educazione integralista che avevo ricevuto.
Posso confidarvi un segreto? Non dovete necessariamente conciliare la vostra fede con la vostra sessualità/transessualità. Non esattamente. Quel che dovete fare è liberare la vostra mente dalla visione limitata, per cui c’è un solo modo d’intendere la cristianità. Per cui c’è un’unica possibile d’interpretare le Scritture. Per cui c’è un’unico modo di leggere la Bibbia. Per cui c’è un solo modo per andare in Paradiso (il che è il fine di ogni vita cristiana).
Una volta che lo fate, una volta che comprendete realmente cosa significa essere un seguace di Gesù (e che cosa non significa), capirete che non c’è nulla da conciliare. Perché scoprirete che l’identità con cui siete stati creati è giusta, bellissima e sacrosanta.
Quando dichiarai di essere gay… anche prima che mi dichiarassi, realizzai di essere omosessuale e che le sensazioni che provavo non sarebbero andate via, che nessuna preghiera intensa, bella azione assai fervente mi avrebbe liberato, perciò ero devastato.
Sapevo cosa la mia Chiesa e la mia famiglia pensavano delle persone come me. Sapevo cosa facevano alle persone come me. Erano scacciati da famiglie e dall’università. Ammassati in colonie terapeutiche, erano maltrattati e abusati. Nel migliore dei casi ci hanno detto che dovevamo “amare i peccatori, ma odiare il peccato”. Eravamo tollerati… forse. Ma mai accettati. Mai davvero apprezzati. Dicevano di amarci, ma non era così. Perché l’amore non è nelle parole è nelle azioni.
Così, quando feci coming out ero terrorizzato che potesse costarmi tutto: famiglia, amici, lavoro, comunità religiosa. E per un pò fu così. I miei amici mi chiesero di smettere di scrivergli email, che non volevano che il mio stile di vita gli fosse sbattuto in faccia. Mi venne chiesto di non parlare in pubblico, perché sarei stato un cattivo esempio.
Ho galleggiato a lungo. Ma mentre annaspavo, leggevo di tutto, qualsiasi cosa mi capitasse fra le mani. All’inizio era semplicemente per cercare di capire quei “brani biblici martoriati”, ma più leggevo più capivo che il problema non erano quei brani. Ma ciò che noi pensiamo sia la Bibbia e Dio. Quel che pensiamo sullo scopo della vita, della morte e della resurrezione di Gesù.
Qual è il punto se non la visione evangelica e conservatrice di tutte queste cose? Che non è stata tramandata da Gesù, come sempre mi era stato insegnato. Tutte le loro convinzioni: che la Bibbia sia la letterale e infallibile, parola di Dio dettata a voce agli scribi; che Dio sia perfido e vendicativo, ma anche a volte amorevole;, che Gesù sia nato solo per morire, appositamente per poterci salvare dai nostri peccati; queste sono tutte interpretazioni piuttosto recenti. O, quantomeno, non è ciò che la Chiesa sosteneva ed insegnava agli albori.
Una volta che iniziate a sbarazzarvi di tutte queste idee, il senso specifico di un termine greco in Romani 1 ha meno importanza. Non che smetterete di credere nella Bibbia o di prenderla sul serio, ma la leggete in modo diverso. Potete lasciarvi alle spalle le meschine dispute su versetti fuori contesto, ed iniziare a porvi interrogativi più importanti (e francamente vitali): se credo in un Dio d’amore, se sono un seguace di Gesù (che era teso al conseguimento della giustizia) come devo vivere?
Come posso io onorare Dio e perseguire la giustizia con la mia sessualità? Come posso onorare Dio e perseguire la giustizia con la mia vita?
Di certo non credo che odiare e disprezzare la mia identità e il mio corpo ricevuti in dono da Dio, sia onorare Dio. Certo non credo che una vita di giustizia assomigli a un’eterna disputa su lemmi greci o ebraici.
E così l’ho fatto. Ho smantellato e ricostruito la mia fede. E quest’opera mi ha permesso di considerare altre questioni riguardo alla mia vita e alla mia identità. E’ in queste riflessioni ho finalmente potuto dar voce al mio disturbo di genere e mi sono scoperto transgender.
L’opera di riconciliazione tra la mia identità sessuale e la mia fede era già completa: credo che Dio mi abbia chiamato a vivere una vita intensa e che vivere una vita intensa significhi sostenere la verità, essere pienamente chi sono e cercare la completezza.
Per me, la transizione era un’altra fase di questo processo. Non solo, ma come ho raccontato in precedenza, la mia transizione ha approfondito, rafforzato, arricchito la mia fede in modo profondo e meraviglioso. Non c’era alcuna riconciliazione da attuare.
No, lo stress emotivo del coming out da transgender non ha niente a che vedere con Dio, ma a che vedere con le persone e la società. Mi sono preoccupato, di nuovo, che potessi perdere gli amici, la famiglia, il lavoro. E di nuovo ho perso queste cose per un po’. Ho perso il mio partner. Alcuni amici sono usciti dalla mia vita. La mia famiglia era divisa. Trovare lavoro nella Chiesa è diventato ancora più difficile.
La riconciliazione fra fede e identità transgender rivendicata è per i cisgender (ndr con il termine cisgender si fa riferimento agli individui che sentono di appartenere al genere biologico che hanno ricevuto alla nascita), perché possano riconciliarsi con Dio e ricevere una formazione. La riconciliazione è per le persone cisgender, perché possano riconciliarsi con i transessuali, agendo nel giusto e mettendo fine all’oppressione. La riconciliazione richiesta non è un opera che spetta a me (ma a voi).
Voi vi riconcilierete con Dio e con la sua comunità? Farete ciò che vi si domanda di fare? Cercherete la giustizia e fermerete l’oppressione? Sceglierete la riconciliazione?
Testo originale: How did you reconcile your trans identity with your religion?