Noi genitori cattolici e il coming out dei nostri figli
Articolo di Paolo Rodari pubblicato su La Repubblica del 12 ottobre 2019, pag.21
Cosa accade in una famiglia cristiana quando un figlio dice ai genitori di essere omosessuale? Come cambia il rapporto tra genitori e figli? In questo caso la fede è un aiuto o un ostacolo? Cosa possono fare gli operatori pastorali per accompagnare le famiglie che vivono questo momento?
Per dare delle risposte concrete a queste domande “La Tenda di Gionata” — fondata da volontari su sollecitazione di don David Esposito, un sacerdote che sognava una realtà cristiana che operasse per l’accoglienza, la formazione e l’informazione dei cristiani LGBT e dei loro familiari affinché le comunità cristiane siano «sempre più santuari di accoglienza» — ha chiesto ad alcuni genitori cristiani con figli LGBT di provare a rispondere a queste domande.
Nella Giornata mondiale del coming out, emergono testimonianze che aprono uno spaccato su una realtà ancora embrionale, ma destinata ad avere un futuro, ovvero la realtà di alcune diocesi che hanno accettato, così non fanno molte altre, di dare il benestare a iniziative pastorali dedicate alle persone omosessuali e alle loro famiglie.
Attualmente le diocesi sono soltanto quelle di Civitavecchia e di Bologna, ma esistono gruppi di genitori cattolici con figli Lgbt a Ragusa, Venezia, Reggio Emilia e Parma che cercano da tempo un dialogo con le loro diocesi e fanno da riferimento a tanti genitori riuniti nella Rete “3volteGenitori” formata da genitori cattolici con figli Lgbt e dagli operatori pastorali che li accompagnano.
Bisogna «accogliere e accompagnare» omosessuali e trans, «questo è quello che farebbe Gesù oggi», disse il Papa nel 2016. Alcune realtà nella Chiesa hanno iniziato a farlo.
Claudio e Grazia: “In principio è doloroso ma non nascondetevi”
Claudio e Grazia, di Salzano, vicino a Venezia, sono sposati dal 1985. Quando il figlio raccontò la sua omosessualità Grazia, «da brava cristiana», disse: «Va tutto bene, ti voglio bene». Dopo, però, ebbe una profonda crisi. Faceva parte del movimento carismatico, partecipava anche a un gruppo mariano. Racconta: «Ero perfetta. Ma come mai è successo questo?, mi chiedevo». Prima di quel coming out «mio figlio mi sfuggiva. Non mi guardava in faccia, non mi parlava. Scappava. Da quando ci siamo parlati il rapporto è diventato più bello e intenso. Ai genitori che hanno figli omosex dico: non nascondetevi. Se anche all’inizio può essere doloroso, se affrontate la cosa avrete in mano vostro figlio come non lo avete mai avuto. Abbracciate vostro figlio, baciatelo, non abbiate paura». Dice Claudio: «L’amore di Dio s’identifica in questo e dobbiamo ringraziare il Signore che ci dà queste persone e ci fa vedere il mondo con occhi diversi».
Laura e Alberto: “Ci disse che era lesbica l’ho amata più di prima”
Laura e Alberto si sono conosciuti 35 anni fa. Una figlia, Costanza, che raccontava loro che andava a ballare sempre nei locali gay. Il papà si domandava spesso: come può trovare il fidanzato così? Spiega: «Non mi rendevo conto che il futuro suo sarebbe stato diverso». Racconta Laura: «Sono cresciuta in un ambiente di parrocchia. Nel Dna di ciascuno di noi c’è sempre stata l’immagine della famiglia tradizionale. Finché, cinque anni e mezzo fa, nostra figlia ci disse che era lesbica. In quel momento l’ho amata più di prima. Le ho detto di aver apprezzato il coraggio che ha avuto nel dircelo». La verità fra Costanza e i genitori ha rafforzato il loro rapporto. Dice ancora Laura: «E importante che questi ragazzi siano alla luce del sole ciò che sono». E ancora: «Ai genitori dico di darsi il tempo di assorbire e riflettere. Però, tenete presente che vostro figlio è sempre lo stesso. E ripartite da qui».
Michela e Corrado: “Dobbiamo ringraziarli perché ci danno fiducia”
Michela e Corrado sono sposati da 44 anni e vivono a Parma. Raccontano che il vero coming out non l’hanno vissuto tanto all’interno della loro famiglia, quanto all’intemo della loro chiesa, della comunità parrocchiale che frequentavano, della diocesi. Hanno detto subito che la comunità parrocchiale, la Chiesa, doveva prendersi carico in qualche modo dei loro figli e non doveva farsi che se ne andassero via a motivo dell’omosessualità perché il Padre li amava semmai ancora di più. Racconta Corrado: «I genitori che hanno figli così, se riuscissero, dovrebbero dire grazie ai figli che vi siete fidati di noi, grazie che ci avete rivelato una cosa così pur sapendo che buttavate una bomba all’interno della nostra casa. La prima cosa che dovrebbero dire, che tutti dovremmo dire loro, è grazie. Grazie che ci hai rivelato la parte più preziosa del tuo cuore. Grazie che vi siete fidati».
Mara e Agostino: “La fede non è obbedire a regole e precetti”
Mara e Agostino sono di Reggio Emilia e sono sposati da 40 anni. Hanno quattro figli. Hanno scoperto l’omosessualità di uno di loro circa quindici anni fa. Racconta Mara: «Mio figlio non ha fatto coming out, ma io in pratica glielo ho estorto perché ero spaventatissima da questa cosa. Avevamo una fede molto intensa, molto legata alle regole, ai princìpi, ai precetti. Purtroppo questa cosa l’ha fatto allontanare, infatti andò via di casa». E ancora: «Ma grazie all’omosessualità di nostro figlio abbiamo avuto la grazia di riscoprire un altro Dio, il fatto è che la fede non è obbedire a delle regole, che come dice sempre mio marito “Dio non si merita, ma si accoglie”. Perché mio figlio non poteva rimanere fuori dal piano di Dio». E come coppia, dice, Agostino, «ci siamo rinnamorati l’uno dell’altro». Spiega Agostino: «Dobbiamo sempre mettere davanti a tutto i nostri figli».
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