“Egli non è qui”(Lc 24, 6). Donne e stranieri, testimoni della tomba vuota
Riflessioni bibliche di Robert E. Goss* pubblicate in The queer Bible commentary a cura di Deryn Guest, Robert E. Goss, Mona West, SCM Press, 2006, liberamente tradotte da Dino
Alcune donne discepole – guidate da Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo – si recano alla tomba, un luogo di morte e di contaminazione. Portano con sé aromi per ungere il corpo di Gesù, ma quando arrivano alla tomba, scoprono che la pietra è stata mossa e la tomba è vuota. Il corpo di Gesù non c’è, e la tomba vuota sta a significare che la morte è stata vinta. Due messaggeri proclamano la buona notizia. “Egli non è qui, ma è resuscitato” (Luca, 24,6)
Nella tomba le donne sono le prime a ricevere il messaggio della resurrezione e si trovano ad essere le prime discepole a comunicare la buona notizia ai discepoli maschi. Alcuni di essi non danno loro importanza, dato che non credono alle loro parole e cercano di verificare le storie di queste donne. Dopo tutto sono donne emotive e il loro racconto è una stupidaggine, una pura fesseria.
Tuttavia le discepole hanno ricevuto dagli angeli l’incarico di tornare dai capi maschi, e hanno il coraggio, l’umiltà e la libertà di testimoniare la buona notizia che Gesù è risorto. Mentre le donne sono aperte alla potenza della buona notizia della resurrezione, esse non sono invece accettate come testimoni affidabili. Pietro è l’unico che, mosso dalle loro parole, corre alla tomba per verificare la storie e si stupisce nel vedere la tomba vuota. Questo sembra accordarsi con la valutazione che Luca fa di Pietro, considerandolo il primo apostolo.
Quante volte i racconti e le testimonianze di fede di donne irregolari – donne “queer” – sono disprezzati e anche ignorati da molte Chiese che rifiutano di riconoscere il ministero delle donne “queer” cristiane! A molte di esse è stata negata l’ordinazione, oppure e stata messa in discussione, se già conferita, per il fatto di essere “omosessuali praticanti”.
Fare “queer” a Emmaus per la Chiesa [Que(ry)ing Emmaus for the Church]
Il racconto dei discepoli “queer” di Emmaus è stato accolto con favore già da molto tempo nelle comunità di fede (Martin, 2000; Kelly 1994). Nella sua serie di video sulla spiritualità e sessualità “queer” Michel Kelly ci dà una lettura “queer” di questo racconto. I due discepoli sono stranieri, non obbligati a mantenere il segreto dai capi di Gerusalemme.
Sono andati a dormire tristi e irritati per lo sbaglio della comunità nell’essere presente con Gesù nella sua agonia e nella sua morte. I due discepoli sono desolati, e si lamentano per la perdita di Gesù, ma si unisce ad essi uno straniero che cammina insieme a loro, e i discepoli parlano delle loro speranze e dei loro sogni, del tradimento e della terribile perdita. Gli manifestano come hanno affidato i loro cuori a Gesù, al suo messaggio e al suo modo di agire e come aspettavano che Egli li liberasse.
Diversamente da quanto avevano fatto gli apostoli maschi, i due discepoli in viaggio spiegano di essersi molto turbati per le parole delle donne che tornavano dalla tomba. Non erano increduli a questo racconto delle donne, piuttosto si sentivano disorientati e confusi. Si staccano dalla corrente maschile di Gerusalemme; sono stranieri “queer”, forse anche facevano coppia tra loro.
Danno valore alla storia delle due donne parlandone con lo straniero, perché stanno analizzando la morte di Gesù alla luce dell’annuncio della tomba vuota fatto dalle donne. I due discepoli raccontano la loro storia allo straniero che incontrano durante il loro cammino. Spetta ad uno straniero ascoltare la storia di questi due stranieri. I discepoli sono aperti all’ascolto di ciò che lo straniero deve dire sulla verità e l’autenticità della loro esperienza.
Lo straniero ricorre alle Scritture, per spiegare che Gesù avrebbe trasformato in “queer” tutte le aspettative religiose e che attraverso il suo ministero, la sua sofferenza e la sua morte, il Cristo sarebbe entrato nella gloria. Dio non aveva mancato verso di loro, perché aveva innalzato Cristo al “queer”. L’esperienza “queer” di questi discepoli trova speranza nella rivendicazione che Dio ha fatto del ministero e della morte di Gesù.
I loro cuori si riaccendono quando sentono Gesù proclamare la buona novella. L’indifferente comunità degli apostoli maschi non ha provato l’esperienza del fuoco della speranza. Lo straniero parla della dominazione e dell’esilio, ma essi sono anche emozionalmente aperti a parlare del dolore delle loro vite.
Molte persone lesbiche, gay, bisex e trans (LGBT) si sentono fuori luogo in molte Chiese, perché queste Chiese hanno allontanato Gesù da esse, lo hanno crocifisso, e proclamano la notizia che non si deve adorare Dio con il corpo.
I due discepoli “queer” invitano lo straniero a restare con loro durante la notte; hanno un dono naturale dell’ospitalità “queer”.
I loro corpi anelano la sua presenza, e come stranieri l’hanno intuitivamente riconosciuto, coinvolti nella sua stessa esperienza. L’hanno invitato a condividere le loro vite. Egli ringrazia, divide il pane e lo dà a loro. I loro occhi si sono aperti, le loro vite sono cambiate. Hanno compiuto il rito del pane, riconoscendo Gesù in mezzo a loro, nelle loro proprie esperienze di vita. I discepoli riconoscono le loro vite nel pane.
Gesù prende il pane, benedice le loro esperienze di lacerazione, dolore, esilio e alienazione, e trasforma il pane delle loro vite nel suo corpo. La divisione del pane fa di essi Chiesa, chiamandoli a convertirsi nel corpo escatologico di Cristo. Il Gesù resuscitato non è un possesso della comunità, ma è presente nella parola della Scrittura, nel pane spezzato e nelle vite delle persone “queer”.
La presenza del Gesù resuscitato si ripete nelle vite “queer” di fede e di lotta, anche nel tempo attuale. “Nel Michigan, un uomo di nome David voleva che la sua unione, che durava da 20 anni, con Jon, fosse benedetta da un rappresentante di Dio, prima della loro morte.
David era malato a letto, mentre Jim, un presbitero omosessuale Presbiteriano, anch’egli affetto da AIDS, mosse le sue mani ai suoni silenziosi della pace.
Pronunciò confortanti parole di benedizione su queste due vite unite dalla grazia di Dio: “Non separiamo quelli che Dio ha unito…”. E allora, quando il ministro cominciò a celebrare la Comunione per i presenti, disse queste parole familiari: “Questo è il mio corpo, spezzato per voi…” e in quello stesso momento David morì. “Fate questo in memoria di me” (Brantley 1996: 217-18).
Il racconto di Gesù non ha termine; è ricordato e si ripete nelle vite “queer” di numerosissimi esseri umani. Il Cristo risorto lo si ritrova nello straniero, in due amanti omosessuali con l’HIV, il cui matrimonio è benedetto e celebrato da un ministro gay malato di AIDS.
Ogni volta che un celebrante cristiano spezza il pane con fede, è lo stesso corpo risorto del Cristo “queer” che si spezza nelle parti del pane benedetto e mangiato dai cristiani “queer”. Il Cristo “queer” diventa riconoscibile in una moltitudine di corpi e vite “queer”.
Michael Kelly afferma come le persone “queer” devono guardare al Cristo resuscitato (pur trovandosi) fuori dalla comunità. Quando lo scoprono fuori dalla comunità hanno la responsabilità di tornare ad essa. La loro guarigione, apertura e riflessione li porta a seguire il percorso delle donne “irregolari” nella tomba.
Con coraggio e vite rinnovate, lasciano il loro esilio per raccontare la storia di come Gesù venne trovato nelle loro vite e storie “queer”, e come la divisione del pane li trasformò in una comunità, autorizzata dal Cristo risorto.
Egli, dividendo il pane, fa entrare due discepoli “queer” nella Chiesa. Ogni volta che i seguaci “queer” si riuniscono nella fede e ricordano la cena celebrata da Gesù creano una Chiesa “queer”. Qui c’è l’importante visione della lettura “queer” che Kelly fa di questa storia. Le persone che formano la Chiesa “queer” ritornano alla corrente generale della Chiesa, portando il messaggio della potenza della resurrezione di Cristo scoperto nelle loro proprie esperienze erotiche.
Essi personificano il Cristo risorto, e il riconoscimento di questo li rende motivati a tornare alla comunità maggiore, per essere testimoni del Cristo “queer” nelle loro stesse vite.
Ora hanno il potere di trasformare la comunità indifferente e non coinvolta, di cambiare il cuore dei suoi membri affiche possano riconoscere il Cristo risorto nei suoi discepoli “queer”. Ed è solamente questo ritorno integrato che prepara la comunità a dare il benvenuto e ad ascoltare questo Cristo integrato e risorto in mezzo ad essa.
Luca abbraccia le storie delle donne “irregolari” e i due discepoli stranieri interpretandole come il catalizzatore che permette alla comunità apostolica di riconoscere la presenza del Cristo resuscitato in mezzo ad essa.
Le donne e gli uomini stranieri incontrano la presenza di Cristo nella tomba vuota, nell’esilio, nella loro vulnerabilità, nelle Scritture e nella divisione del pane, così come nella verità delle loro vite erotiche. Se le Chiese cristiane ascoltassero le storie delle persone “queer” non potrebbero che essere stimolate ad incorporare una spiritualità erotica.
Le Chiese possono essere resuscitate ad un Cristo integrato, che si incarna nelle vite erotiche delle donne e delle persone “queer”. Il racconto di Gesù, il Cristo “queer”, continuerà nelle vite “queer”, tradurrà la storia nei diversi linguaggi delle molte sub-comunità “queer” negli Atti e nel futuro.
* Robert E. Goss è stato ordinato sacerdote gesuita negli Stati Uniti, nel 1976, ed ha rassegnato le dimissioni dalla Compagnia di Gesù nel 1978. Ha servito come cappellano per l’associazione di cattolici LGBT Dignity Boston, fino al 1982. Goss è stato co-fondatore di Food Outreach, un’organizzazione di assistenza per le persone affette da HIV ed è stato membro di ACT UP St. Louis e di Queer Nation St. Louis.
Ha ricevuto il suo Th.D. in Relative Religion dall’università di Harvard. Attualmente è pastore nella Fellowship Universale di Metropolitan Community Churches (MCC). Goss è autore di numerosi libri di spriritualità e di riflessione biblica queer ed è co-autore di The queer Bible commentary.
Testo originale: Mujeres irregulares como testigos en la tumba vacía (Irregular women as witnesses to the empty tomb)