Alana Chen, un’altra vittima delle terapie riparative
Riflessioni di Massimo Battaglio
Apprendiamo dal Denver Post, la storia di Alana Chen, 24 anni, trovata morta lunedì 9 dicembre 2019 nella sua auto. Parrebbe suicidio. La ragazza, dice il quotidiano locale del Colorado, “aveva condiviso la sua storia con noi, in merito alla terapia riparativa [dell’omosessualità] intrapresa attraverso la Chiesa cattolica”. Una riparazione evidentemente non riuscita, o, perlomeno, che non le ha giovato.
La disavventura di Alana era iniziata parecchio tempo fa, nel 2009, quando quando aveva fatto coming out “con un prete della chiesa cattolica di San Tommaso d’Aquino di Boulder”. Andava al liceo. “Il sacerdote iniziò a consigliarla in modo informale, dicendole di non dirlo ai suoi genitori”. Lei si era fidata: “aveva continuato a frequentare la chiesa e aveva cercato una consulenza più formale attraverso il Sacred Heart Counselling della Catholic Charities, precedentemente noto come Regina Caeli Clinical Services”. Stava cercando di conciliare la sua identità sessuale con il suo sogno di diventare una suora.
“Non riuscivo a dormire” Dice . “Non riuscivo a smettere di pensarci. Stavo andando all’inferno? Ma ero ancora estremamente religiosa. Avevo l’impressione che la Chiesa e la consulenza erano la cosa che mi stava salvando. Peggio andava, più mi ci aggrappavo”.
Così fino al 2016. Poi il crollo: “Chen è stata ricoverata in un ospedale psichiatrico dopo che la sua famiglia ha trovato cicatrici sulle sue braccia per autolesionismo”. La sua salute mentale era definitivamente compromessa e, naturalmente, era sparita anche la sua fede. Si allontanò dalla chiesa e iniziò un trattamento psichiatrico a lungo termine.
“Penso che il consiglio della Chiesa sia ciò che mi ha portato ad essere ricoverata in ospedale. Provavo così tanta vergogna che ero confortata dal pensiero di farmi del male”. Così raccontava quest’estate Alana Chen al Denver Post. Ora aveva 23 anni, stava frequentando un college in Arizona. Sembrava stare meglio. Ma aggiungeva: “Non so più se credo in Dio ma penso che, se c’è un Dio, non ha più bisogno che io parli con lui”.
Nello stesso articolo, il giornale americano parlava anche di altre storie simili. La prima è quella di Journey Mueller, studente diciottenne della Colorado Christian University. “Accettai con riluttanza di entrare nel programma di consulenza della scuola privata dopo che gli amministratori appresero che stavo mettendo in dubbio la mia sessualità. Finii per avere tendenze suicide”. E dalla stessa università arriva il racconto di Michelle Cox. Dice: “In quella scuola sei vittima di bullismo, molestie e manipolazione da parte di leader che godono di autorità e fiducia e minacciano di espellerti”.
Naturalmente, il portavoce della diocesi di Denver, Mark Haas, smentisce ogni cosa. “E’ inappropriato commentare i dettagli della consulenza di Chen. Noi rifiutiamo qualsiasi pratica che sia manipolativa, coercitiva o pseudoscientifica”. Intanto però, la stessa arcidiocesi continua a sponsorizzare conferenza a favore delle terapie di conversione. I fondatori del “Living Waters e Desert Stream Ministries”, continuano ad avere il beneplacito del vescovo e descrivono il proprio “ministero” come un impegno a “curare le fratture sessuali e relazionali”. Quanto a Catholic Charities, continua ad offrire servizi “clinici” e a divulgare il proprio operato a scuole cattoliche e ministeri arcidiocesani. Il tutto in uno Stato in cui le terapie riparative sono state vietate per legge.
Se le storie delle compagne di Alana Chen si sono in qualche modo risolte, la sua è finita tragicamente. Ha vinto la disonestà di ciarlatani senza scrupoli, che approfittano dell’arretratezza colpevole della Chiesa.
In Italia, dove le terapie di conversione non sono ancora vietate per legge, potremmo raccontare storie simili a iosa. Ragazzi rovinati dai consigli più o meno professionali di preti inaccoglienti e incompetenti, se ne incontrano tutti i giorni. Così come si incontrano quelli che partecipano o hanno partecipato a gruppi che dicono di non puntare alla “riparazione” ma a una “serena accettazione” dei limiti posti dalla dottrina. In soldoni: gruppi che “educano” all’astinenza sessuale.
Conoscere queste storie è utile per diverse ragioni. La prima è di sfuggire a certe sporche proposte e, se le si incontra, denunciarle come truffe. La seconda: togliersi dalla testa l’idea che bisogna rispettare le idee di tutti e i diversi approcci che propongono. Alcuni hanno idee dannose. Il solo approccio corretto nei confronti dell’omosessualità è l’accettazione positiva; il considerarla un dono, una caratteristica peculiare della persona, da valorizzare, non da punire.