In Indonesia riapre la scuola coranica che accoglie le persone transgender
Articolo di Krithika Varagur pubblicato sul sito dell’emittente Voice of America (Stati Uniti) il 18 settembre 2017, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
L’unica scuola islamica per persone transgender dell’Indonesia ha chiuso, tra le polemiche, nel febbraio 2016, dopo essere stata nel mirino dei gruppi islamici più conservatori. La chiusura della madrasa è stata uno degli episodi più drammatici dell’isteria anti-LGBT che ha attraversato l’Indonesia nel 2016, i cui effetti si fanno ancora sentire.
Se oggi andate in giro per Kotagede, un quartiere pieno di verde della città universitaria di Yogyakarta, nel centro di Giava, e chiedete della pesantren (scuola islamica) Al-Fatah, forse alcuni vi guarderanno senza capire; ma se chiedete della “casa di Ibu Shinta”, vi indicheranno immediatamente la via.
Non tutti gli abitanti del luogo hanno capito che la sua scuola, divenuta a un certo punto famosissima, è stata riaperta. Ma per Ibu Shinta, l’episodio del 2016 è solo un piccolo contrattempo nella storia della pesantren Al-Fatah, che ha appena compiuto nove anni.
Ibu (“Signora”) Shinta è Shinta Ratri, 55 anni, attivista transgender che ha trasferito la scuola nella sua casa di stile giavanese nel 2014, al momento della morte della sua fondatrice. Nel giugno 2016, dopo quattro mesi di chiusura, Ibu Shinta, senza fare rumore, ha riaperto la scuola durante il periodo di Ramadan, che lei definisce “un tempo propizio per la preghiera”. Oltre a fornire un luogo dove studiare l’Islam, la scuola offre anche servizi vari e un luogo di socializzazione per la locale comunità transgender.
Servizi sociali per le waria
Ibu Shinta e le sue studentesse sono definite “waria”, una combinazione delle parole indonesiane “wanita” (“donna”) e “pria” (“uomo”), che designa le donne transgender. Molte di loro lavorano come parrucchiere o prostitute.
La pesantren Al-Fatah è un nodo locale importante del programma nazionale a favore delle donne transgender, un’iniziativa dell’Associazione per la Pianificazione Famigliare che mira a fornire alle waria corsi professionali, carte d’identità e servizi sociali: “Ci sono anche servizi relativi all’istruzione, come l’avvio di una ‘scuola trans’ per adolescenti waria, e programmi per le waria anziane, come cliniche mobili e distribuzione di cibo. È completo, vero? Noi preghiamo perché tutto funzioni” ci dice Ibu Shinta.
Nel suo nono anniversario la scuola ha organizzato un ambulatorio gratuito con l’aiuto di un medico, utilizzato da 76 persone. Il programma per le donne transgender è operativo in otto province, con l’obiettivo di “mappare” tutte le beneficiarie e i vari servizi.
Gruppo di studio
La principale attività scolastica di Al-Fatah è il gruppo di studio della domenica sera, durante il quale le waria possono pregare insieme, discutere di teologia islamica e impratichirsi a leggere il Corano in arabo.
Poche domeniche fa c’erano sei waria, compresa Ibu Shinta; i membri in totale sono circa 42, ma la domenica sono presenti tra le 7 e le 25 waria. Uno studente della locale università ha aiutato Yuni Shara al-Bukhari a leggere alcuni versetti coranici; quando ha risuonato il richiamo alla preghiera della sera, le waria si sono spostate nell’atrio per pregare. Ibu Shinta e Yuni Shara hanno indossato le loro mukenas di raso, i vestiti da preghiera per le donne, le altre erano vestite casual.
“Per quattro mesi mi sono sentita persa, perché la scuola era chiusa e non avevo più un luogo dove studiare la religione. Andavo in città per fare un giro, lavoravo, compravo qualcosa da mangiare, e poi mi chiedevo: manca qualcosa, ma cosa?” dice Yuni Shara, la cui vita in quel periodo è stata come incompleta.
Ma sarebbe sbagliato dipingere Al-Fatah semplicemente come un luogo dove studiare in tranquillità: dopotutto, le sue studentesse non sono adolescenti, come accade in una normale pesantren, ma adulte che lavorano. Per i rimanenti sei giorni della settimana, e a volte anche la domenica dopo le lezioni, la madrasa è un luogo di socializzazione per le waria di Yogyakarta: si guarda un film, si cucina e si mangia insieme, ci si scambia pettegolezzi su questo o quel cliente. È una normalità profondamente agognata da questo gruppo, che occupa un posto sempre molto incerto nella società. Certamente a Yogyakarta sono più sicure che in qualsiasi altro luogo in Indonesia: persino il sultano locale ha invitato la comunità a rispettare le waria durante la fase più acuta dell’isteria anti-gay del 2016.
Una ventata di ottimismo
Oggi Ibu Shinta non è assolutamente preoccupata per gli islamisti locali. È molto occupata a costruire una rete sociale di protezione per le waria, con al centro la sua scuola. Al-Fatah non raccoglie fondi, ma Ibu Shinta chiede sempre ai ricercatori e agli accademici di donare 15 dollari ogni volta che fanno visita. La gente locale è ben disposta, e Ibu Shinta sottolinea come l’anno scorso la sua scuola abbia ricevuto in dono una capra in occasione di ‘Eid al-Adha (l’annuale “Festa del sacrificio”, in cui una capra viene ritualmente macellata e condivisa), e quest’anno ne ha ricevute due.
“Le waria e le altre donne transgender, come concetto e come fenomeno, sono note da moltissimo tempo. La maggior parte degli Indonesiani sa che ci sono, e le ha perlomeno tollerate, e magari accettate pienamente, specialmente se non fanno parte della sua famiglia” dice Dede Oetomo, noto attivista LGBT di Giava.
“Siamo delle sopravvissute. Quando siamo colpite dalle aggressioni o dalla discriminazione, ci viene la voglia di combattere” dice Ibu Shinta.
Testo originale: Indonesia’s Only Transgender Islamic School Quietly Running Again