Il presepio va in soffitta ma noi no!
Riflessioni di Massimo Battaglio
L’Epifania, tutte le feste porta via. Per cui, mentre ripongo le statuette del presepio, me le guardo ancora a una a una e penso al ruolo che hanno giocato in queste feste. L’ho sempre fatto, il presepe, anche in tempi non sospetti. Ogni anno, a modo mio.
Per primi metto via i pastori. Anche nel racconto del Vangelo, non si erano fermati molto davanti alla capanna. Avevano ascoltato l’angelo, erano andati a verificare il suo messaggio di pace. Avevano capito, perché le persone emarginate capiscono. E loro, per l’appunto, facevano parte degli emarginati: lavoravano di notte in estrema periferia, come i riders di oggi; come i raccoglitori di pomodori. Non facevano parte di lobby, associazioni, consigli pastorali. Nessuno li voleva, se non per sfruttarli. Quando avevano sentito che per loro era nato un salvatore, si erano precipitati perché ne hanno davvero bisogno. Poi però, racconta Luca:
“se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro” (Lc 2,20).
La liberazione non è solo una cosa da contemplare, una consolazione momentanea. E’ una dimensione da vivere tutti i giorni, ricordando e partecipando. Richiede la nostra voce e la nostra testimonianza, anche coraggiosa. Non basta “confrontarci tra di noi”. C’è proprio bisogno del nostro coming out.
Poi i magi che non erano re. Non so per quale strano motivo, in qualunque presepio vengono rappresentati con una corona in testa. Forse è un tentativo di rivincita da parte delle classi dominanti, un po’ invidiose che il primo annuncio sia stato dato a dei pezzenti. Ma credo che, se fossero stati davvero nobili, Gesù non avrebbe permesso loro di avvicinarsi. Nè mai avrebbe accettato i loro regali.
Il Signore ha un rapporto piuttosto problematico con coloro che siedono sui troni. Li spodesta; li evita – come fa con Erode – li deride – come con Pilato. Penso quindi che questi tre sapienti rappresentino altro. Per esempio dicono che la fede non è nemica della ragione. Nel presepio c’è l’entusiasmo dei pastori ma ci sono anche le figure misteriose di questi tre scienziati, che arrivano alla stessa conclusione attraverso calcoli astronomici. L’unica cosa per cui non c’è posto davanti al presepe, è la superstizione. Non c’è posto per per chi pensa che Dio sia al servizio proprio o della propria parte politica. Non c’è la statuina del comiziante col rosario in mano, nè quella di chi vuole “difendere i valori cristiani” bombardando i Paesi altrui.
E poi i magi mi sono simpatici perché vengono da lontano. Hanno fatto un lungo viaggio per venire a Betlemme. Rappresentano l’universalità del messaggio evangelico, che giunge, sin dall’inizio “agli estremi confini della terra” (At 1,8). Ogni parola è superflua per comprendere l’attualità di questo fatto. Dal punto di vista geografico. Da quello sociale, qualche parolina, mi pare opportuna. In un mondo come quello di oggi, facile da attraversare, restano però molte persone, forse la maggioranza, che vivono ai confini. Il più delle volte sono confini economici. Qualche volta si stratta di confini, diciamo così, culturali. Noi persone lgbt stiamo imparando ad abbattere i muri del nostro confinamento. Molto bene: Gesù non ha mai amato limiti di nessun genere. Se siamo sinceri, sarà contento di noi.
E quindi la Sacra Famiglia. Sembra incredibile ma essa, a dispetto di quel che vorrebbero tanti preti, è tutt’altro che “tradizionale” e non è “fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna”.
Si fonda su una doppia trasgressione: quella di Maria e quella di Giuseppe. Se Lei non avesse accettato di avere un figlio fuori dal matrimonio nonostante fosse già fidanzata, il progetto di Dio per l’umanità si sarebbe interrotto. E se il suo moroso non avesse deciso di obiettare alla legge che gli imponeva di ripudiare una donna di quel genere, Gesù sarebbe stato figlio di una ragazza madre. Difficilmente avrebbe raggiunto l’età adulta.
Il contratto matrimoniale tra Maria e Giuseppe – che tra l’altro pare che non sia mai stato consumato e quindi sia nullo – è del tutto ininfluente nella storia della salvezza. Ciò che conta è l’amore tra i due e tra essi e il Figlio. E’ questo, che “fa famiglia”.
Non dico queste cose con spirito polemico. Vorrei solo ricordare a me stesso che, se l’obbedienza a Dio è importante, talvolta non è meno importante la trasgressione alle usanze umane. Anche alle usanze religiose. E’ successo tante volte nella storia, che la stessa Chiesa abbia potuto procedere solo trasgredendo a se stessa. Noi cristiani lgbt abbiamo una grande missione in questo senso.
Per finire, ripongo le casette.
C’è quella del panettiere, del vinaio, del fabbro, ciascuna col suo proprietario che lavora sulla porta. Sono quelle persone che non sono andate alla capanna. Hanno continuato il loro mestiere, inconsapevoli che anche il loro operato avrebbe concorso alla storia della redenzione. Saranno proprio loro a preparare il pane e il vino per l’ultima cena e a forgiare i chiodi della croce. Ecco perché compaiono nel presepio: una scena in cui c’è posto per tutti.