Perchè tutti, eterosessuali ed omosessuali, sono chiamati alla castità
Riflessioni sulla dottrina della Chiesa Cattolica e sulla cura pastorale di Yunuen Trujillo*, pubblicate sul suo sito LGBT Catholics (Stati Uniti) nel marzo 2019, terza parte, liberamente tradotte da Diana della Rete 3volte Genitori
Infine, la terza parte della dottrina della Chiesa sui cattolici LGBT dice che TUTTI sono chiamati alla castità. Notate come questo insegnamento riguardi la castità, non il celibato. Spesso sentiamo dire “I gay devono essere celibi”, e anche se il risultato finale è lo stesso, dire che si parla di “celibato” è sbagliato, perché questo insegnamento si applicherebbe solo a chi è stato consacrato (cioè, ha fatto voto di castità) e ai gay, e non è così. L’insegnamento riguarda la castità, ma cos’è la castità?
Il Catechismo definisce la castità come “L’INTEGRAZIONE della sessualità nella persona”. Castità non significa “non far sesso”, sostanzialmente significa essere sicuri che ogni atto sessuale nella nostra vita sia integrato con tutto il nostro essere: le nostre emozioni, i nostri pensieri, i nostri progetti per il futuro.
E per la dottrina della Chiesa, questa integrazione avviene pienamente solo col sacramento del matrimonio. Così, per esempio, un uomo e una donna uniti dal sacro vincolo del matrimonio, se si amano a vicenda, fanno sesso, ma l’atto sessuale viene integrato dal loro amore reciproco, dai loro pensieri, dai loro progetti per il futuro, perché si sono sposati in Chiesa e sono fedeli. Quindi sono casti anche se fanno sesso.
La castità riguarda dunque questa integrazione. Nello stesso modo, se abbiamo un uomo e una donna sposati in Chiesa che si tradiscono a vicenda, oppure uno dei due tradisce l’altro, non esiste l’integrazione delle emozioni, della mente, dei loro piani per il futuro con il loro atto sessuale; anche se sono sposati in Chiesa, non sono casti. Ancora una volta, la castità si riferisce a questa integrazione.
E ancora, la Chiesa Cattolica dice che questa integrazione si realizza pienamente nel sacramento del matrimonio.
Poiché il sacramento del matrimonio esiste solo tra uomo e donna, questa è la ragione per cui spesso si pensa: “Bene, in questo caso, se i gay vogliono essere casti, non devono fare sesso”. Giusto?
Così, come detto all’inizio, il risultato finale è lo stesso come se dicessimo “celibato”, ma quello che cambia è il fatto che si applica a tutti, eterosessuali ed omosessuali.
ALLORA, QUAL È LA DIFFERENZA? Come citato nell’introduzione, ho fatto parte di un gruppo di giovani, dai 18 ai 35 anni, per più di dieci anni e, per qualche ragione, i partecipanti al mio gruppo hanno avuto molto successo nel trovare il ragazzo o la ragazza in questo gruppo giovanile, abbiamo avuto parecchie coppie che si sono sposate.
La ragione per cui ve lo dico è che noi insegniamo la castità e anche parecchie altre cose. Ma quando un ragazzo e una ragazza del gruppo decidono di iniziare una relazione…non partiamo automaticamente dal presupposto che facciano sesso. Concediamo il beneficio del dubbio. Diciamo: “Li educhiamo sull’insegnamento della Chiesa, e concediamo loro il beneficio del dubbio, che saranno casti”. Semplicemente questo.
Tuttavia con le persone omosessuali non ci comportiamo così.
Appena sappiamo che una persona è omosessuale, non sappiamo nemmeno se ha un compagno/a, ma già supponiamo che stiano “peccando”, che facciano sesso. Ecco la disparità, perché l’insegnamento si applica per entrambi (castità), e non c’è alcuna differenza.
Bene, anche se scopriamo che la coppia eterosessuale fa sesso, continueremo ad amarli, ad accettarli, non diremo mai: “Andrete all’inferno”, oppure “Brucerete nelle fiamme dell’inferno”.
INVECE, CON I GAY FACCIAMO COSÌ. Non nel mio gruppo giovanile, ma in generale, noi cattolici ci comportiamo in questo modo quando veniamo a sapere che una persona omosessuale ha un partner. Questo è sbagliato, perché l’insegnamento è sempre lo stesso per tutti. Eppure siamo più misericordiosi, abbiamo una certa SENSIBILITÀ PASTORALE verso le coppie eterosessuali, ecco la disparità.
* Voglio darvi alcune informazioni su di me: mi chiamo Yunuen Trujillo e sono cattolica LGBT. Da più di quattordici anni mi occupo di pastorale giovanile. Sono a capo della pastorale di lingua spagnola per i giovani adulti dell’arcidiocesi di Los Angeles (Archdiocesan Young Adult Ministry in Spanish, Pastoral Juvenil de la Arquidiócesis de Los Ángeles), per la quale coordino i programmi educativi. Ho condotto un programma radiofonico cattolico per cinque anni, e insegno la dottrina sociale della Chiesa, che è la mia area di specializzazione. Di recente sono stata impegnata con Always Our Children (Sempre nostri figli), un gruppo di sostegno per genitori e parenti di persone LGBT cattoliche, e sono coordinatrice per la formazione religiosa del Ministero Cattolico con Lesbiche e Gay (Catholic Ministry with Lesbian and Gay Persons), un ministero dell’arcidiocesi di Los Angeles. Questo sito web, ad ogni modo, è un progetto interamente mio, non legato ai miei altri incarichi. I punti di vista qui espressi sono miei.
Testo originale: My Commentary on Church Doctrine & Pastoral Care