Sono gay, sono in pace con Dio e con me stesso
Testimonianza raccolta da Adélard e pubblicata sul sito GayChristianAfrica il 18 agosto 2019, liberamente tradotta da Giacomo Tessaro
La sera scorsa ho preso lo smalto per unghie di mia sorella e mi sono dipinto le unghie per gioco. Mia mamma mi ha visto e ha detto “Per favore, smettila, non farmi vomitare, è disgustoso che un ragazzo si dipinga le unghie, si pettini i capelli o faccia altre cose stravaganti”.
Mia madre è l’essere più umile e generoso sulla faccia della Terra, ha tirato su sei figli da sola, perché mio padre è una nullità assoluta: noi lo chiamiamo “il Diavolo”. È lei la mia supereroina; è molto cristiana, e quindi non può tollerare l’omosessualità. Mi dispiace enormemente vederla così, perché, nonostante l’amore e il rispetto che provo per lei, so che non potrà mai, o non vorrà, comprendermi.
Sono nato nel 1997 a Kigali, in Ruanda, mia madre era madre a tempo pieno, e mio padre era costretto ad accettare ogni tipo di lavoro per darci da mangiare. Io sono il terzo di sei figli, e quelli più grandi non li vedevo mai, e in un certo senso sono vissuto come fossi il primogenito.
La mia sorella maggiore dice che da piccolo amavo le danze tradizionali, soprattutto le movenze delle danzatrici. Agli altri ragazzi piaceva il calcio, mentre a me piacevano i giochi delle ragazze, sembrare una ragazza, parlare come una ragazza, camminare come una ragazza… se non mi aveste conosciuto, avreste pensato che ero una ragazza.
Mi piaceva fare le pulizie, fare giardinaggio, creare cose belle da mettere in casa, cose che più tardi ho smesso di fare, perché anche chi apprezzava tutto questo mi diceva che erano cose da donne, e che avrei dovuto vergognarmi a farle.
Sono cresciuto convinto che quello che un ragazzo deve fare nella vita è lavorare duro per diventare ricco, trovarsi una ragazza e sposarla. Quando avevo otto anni incontrai una bella ragazza, e mi convinsi che sarebbe stata mia fino alla fine dei miei giorni.
Avevo degli amici, dei coetanei che uscivano e giocavano volentieri con me. Sapevano che ero diverso da loro, perché amavano cose che a me non piacevano, ma mi volevano bene comunque. La gente chiedeva loro: “Perché andate in giro con quel ragazzo che sembra una ragazza?”, ma non sapevano cosa rispondere. Cercavano di insegnarmi come fare il maschio; ho sempre cercato di camminare come un maschio, ma non ci sono mai riuscito; ho cercato invano di interessarmi ai loro giochi, non avevo alcuna passione per essi.
Quando avevo undici o dodici anni la mia attrazione per i ragazzi crebbe di molto, ma ci prestavo poca attenzione. Ricordo che a quell’epoca dormivo nello stesso letto con mio cugino, e a volte di notte mi svegliavo e lo toccavo: toccavo ogni parte del suo corpo, e mi sentivo bruciare dentro. Non sapevo nemmeno cosa volessi da lui, perché non avevo mai sentito parlare di omosessualità.
Ero giovane e molto credente, ed essere gay era un incubo per me. Quando i miei amici cominciarono a chiedermi se fossi gay (perché girava voce che lo fossi), rimasi traumatizzato e bloccato, non sapevo cosa dire, e non sapevo cosa fare nel caso che la gente lo sapesse. Ero profondamente depresso, e cominciai a pregare Dio perché mi cambiasse. Non sapevo se fosse o meno un peccato, ma l’unica cosa che volevo era che Dio mi cambiasse.
Dopo giorni, settimane, mesi, per non dire anni, senza risultati, misi in discussione la mia fede e cominciai a chiedermi se avessi pregato abbastanza, o in maniera adeguata. A sorpresa, nel frattempo, altre preghiere in cui chiedevo l’intervento di Dio ricevevano risposta, ma aspettavo tutt’ora il frutto delle preghiere fatte per cambiare, e non capivo perché Dio non rispondesse a tali preghiere. Mi chiedevo “Perché Dio non mi risponde? Perché non può intervenire come fa con le altre preghiere?”.
Lo sentivo molto distante, come se non sapesse con cosa stavo lottando, come se ignorasse cosa dovevo passare in società, la mia paura quotidiana di essere gay. Persi l’entusiasmo della preghiera. Le preghiere smisero di essere eccitanti e cominciai a sentirmi solo, non compreso da nessuno, nemmeno da Dio.
Il primo aprile 2017, il giorno del pesce d’aprile, raccolsi tutte le mie forze e decisi di dirlo al mio migliore amico: se avesse reagito male, avrei sempre potuto dirgli che era uno scherzo. Avevo vent’anni. Andò meglio di quanto mi immaginassi: la prese bene pur essendo etero, capiva cosa stavo passando e disse “Ogni volta che vorrai parlarne, io ci sarò, meriti qualcuno, fisicamente vicino, che ti aiuti a combattere quella merda”, ma dopo un mese, mentre gli stavo raccontando del mio orientamento sessuale e di ciò che stavo passando, come mi aveva suggerito… tutt’a un tratto divenne un’altra persona, e mi disse “Amico, non voglio sentire nulla di quella merda”; ero scioccato, e immediatamente gli risposi “Non dirò più niente”.
Mi si spezzò il cuore, il mio migliore amico mi girava le spalle a causa di un sentimento che non avevo scelto; era un amico molto caro, che stava sempre dalla mia parte, ma ora le cose erano cambiate. Caddi nella depressione, non aveva più senso vivere, volevo morire.
Qualche mese dopo creai un account falso su Facebook dove potevo esprimere la mia sessualità. Con quell’account cercai di conoscere altri gay a Kigali e in altri Paesi, anche se la maggior parte di essi erano più che altro interessati al sesso, che per me cristiano, però, era un peccato disgustoso. Combattevo con i mei sentimenti, ma al tempo stesso volevo essere in pace con me stesso.
Un giorno, mentre stavo chattando con un amico virtuale su Facebook, feci coming out con lui: lui è etero, ma questo non gli ha impedito di essere un’autentica fonte di luce per me. Mi guidò nell’accettarmi, nell’apprezzarmi a pieno, anche quella parte che tanto odiavo (quella gay). È stato come un angelo per me.
Dopo aver goduto della sua compagnia per un po’, accettai me stesso e trovai la pace. Capii che Dio sa come sono, e che ci tiene a me, così come sono. Non c’è niente di sbagliato in me, come un qualsiasi figlio di Dio merito il Suo amore, la Sua grazia, la Sua misericordia, le Sue benedizioni.
Questa rivelazione infranse tutte le catene dell’infelicità che tenevano avvinghiata la mia vita nel senso di colpa e di vergogna. Ora sento pace e gioia. Il non accettare me stesso era l’ostacolo che aveva incasinato la mia vita. Ora credo che la Pace che tengo stretta nel cuore me la possa dare solamente Dio.
Non bazzico molto la chiesa, ma ricordo che, dopo essermi accettato, pregai Dio e gli chiesi perdono per tutte le cose brutte che avevo fatto a me stesso, non accettandomi e odiandomi. Penso davvero che questo sia stato il più grande peccato, più grande del fatto di essere attratto dagli uomini.
Sono grato per quello che sono, e per la presenza di Dio nella mia vita. Credo anche che i leader delle chiese africane dovrebbero essere più sensibili quando interpretano il Vangelo, perché alcuni sermoni, lungi dall’essere di aiuto a qualcuno (nel nostro caso, agli omosessuali), finiscono per essere discorsi omofobi e per uccidere anime che anelano alla salvezza di Dio.
Dio ha bisogno di noi così come siamo, non è che dobbiamo venire a Lui solo quando siamo già perfetti. Gay o etero, ha poca importanza se stiamo di fronte a Lui con il cuore pieno di desiderio di camminare e vivere con Lui.
Il grosso errore che molti fanno è pensare che l’omosessualità si riferisca perlopiù, se non esclusivamente, agli atti sessuali, trascurando quindi tutta la parte degli affetti.
Io sono gay, ma ho comunque cari i valori cristiani, scelgo saggiamente da che parte stare e vivo la mia omosessualità cercando relazioni che mi facciano crescere spiritualmente e umanamente.
Testo originale: I am at PEACE: I believe the peace i feel deep in heart is only given by God
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