Nasce la prima comunità cristiana LGBT dell’Argentina
Articolo di Matías Calderón pubblicato sul sito del periodico La Voz del Interior (Argentina) il 13 gennaio 2020, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
“Il luogo è piccolo, ma il cuore è grande. In questo tempio possono stare tra le 50 e le 70 persone.” Le parole, e il sorriso che le accompagna, sono di Noemí Farré, la pastora in piedi di fronte al tempio cristiano del Movimento Riconciliatore della Chiesa Metodista Unita, di cui è a capo. Si tratta della prima chiesa metodista argentina aperta a lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, travestiti, queer, intersex, androgini e non solo (LGBTQIA+).
L’edifico sorge nella città di Córdoba, in pieno centro; nei paraggi si trovano la cattedrale [cattolica] e, nell’isolato confinante, il collegio della Sacra Famiglia. Ieri [12 gennaio] il “tempio inclusivo” è stato inaugurato con la sua prima liturgia. La congregazione fa parte della seconda denominazione protestante degli Stati Uniti [la United Methodist Church]: “La Chiesa Metodista Inclusi per Grazia (IPG) crede che la salvezza si ottenga per grazia divina e mediante la fede in Gesù, che sia un dono di Dio offerto a prescindere dalla razza, dal sesso, dal genere, dall’identità di genere e dall’orientamento sessuale, perché Dio non ha rispetti umani” dice la pastora.
Tra i fondamenti della fede della Chiesa troviamo [l’accettazione della] diversità e la piena inclusione delle persone LGBTQIA+: “Sulla nostra porta campeggia il simbolo del movimento LGBTQIA+. Preciso che siamo registrati come ente di culto presso il Ministero degli Affari Esteri e del Culto”.
Entrando nel tempio si nota subito una croce coperta dalla bandiera arcobaleno: “Qui accogliamo tutte e tutti. Quello che ci distingue è che una persona appartenente alla comunità LGBTQIA+ può ricoprire qualsiasi carica, e anche diventare pastora o pastore”. Secondo la pastora Farré, l’Argentina, e Córdoba in particolare, sono “molto tradizionaliste. Ci sono dodici passi biblici usati come clava contro le persone LGBTQIA+; noi, invece, sosteniamo che Dio non fa distinzioni di persone”. Questa chiesa pone nel loro contesto i passi della Bibbia, parte dallo sguardo posato sulla realtà, e ritiene che ogni persona, indipendentemente dalla sua identità di genere, ha il diritto e la capacità di vivere la sua fede.
Flessibilità
Notiamo anche che il movimento a cui [questa comunità] appartiene cerca di rendere più flessibile la dottrina: “Noi pensiamo che la cosa più importante sia esercitare il nostro diritto alla spiritualità, a credere in Cristo, invece di tentare di cambiare le altre Chiese. La nostra Chiesa è cresciuta in Brasile, assieme a mille altre comunità, in piena epoca Bolsonaro”.
La pastora Farré racconta che nel suo tempio si pratica il cosiddetto “linguaggio inclusivo”, che utilizza il neologismo todes (tutt*) per rendere visibili, attraverso il linguaggio, le dissidenze di genere: “Alcune persone della nostra comunità non vi sono abituate, per questo non sempre lo usiamo, ma la comunità in sé è abituata a usarlo, fa parte di noi”.
La pastora ci offre la sua opinione personale sulla depenalizzazione dell’aborto: “Il movimento per il diritto all’aborto non incentiva l’aborto, ne chiede solo la possibilità di accesso. Personalmente credo che la penalizzazione dell’aborto faccia sì che i settori più vulnerabili della società ricorrano all’aborto clandestino, correndo molti rischi. Per questo sono a favore dell’aborto legale, ma questo non significa incentivarlo”.
La pastora è ansiosa, vorrebbe che l’orologio segnasse le 10, perché questa inaugurazione, lo sente, sarà una pietra miliare della sua vita. Noemí Farré fa parte della Giunta Dottrinale della Chiesa, ed essendo oriunda di Córdoba, questa pietra miliare sarà importantissima: “Per molti anni ho cercato di praticare la mia religione in altre Chiese. Nei templi, tanto evangelici quanto cattolici, si può dire che si pratica l’inclusione, perché nessuno viene cacciato per via del suo orientamento sessuale, però ci viene chiesto di fingere, di essere discreti, e non ci viene consentito di essere pastori”.
Mentre parla, non smette di sorridere, e quando parla di temi che facilmente possono innescare polemiche, si esprime con tranquillità e convinzione: “Noi non vogliamo convincere nessuno, però ovviamente pensiamo sia nostro diritto vivere la nostra fede, che nessuno ci può negare per via del nostro orientamento o della nostra identità”. Fin da ragazza sapeva di essere lesbica, ma con la medesima sicurezza sapeva di “avere una fede profonda in Cristo. È probabile che qualcuno reagisca male di fronte alle manifestazioni della nostra fede, ma noi siamo pazienti e disposti al dialogo, però non allo scontro. Viviamo in libertà le nostre convinzioni intime”.
Tra le azioni intraprese dalla comunità c’è il dialogo con il Comune per dipingere dei murales nei rifugi per i senzatetto, poi iniziative di formazione e socializzazione.
Testo originale: Nace en Córdoba la primera iglesia con diversidad de género de la Argentina