Le parole che non vi ho detto
Testimonianza di Innocenzo, volontario de La Tenda e del Progetto Gionata
Non vi è mai capitato di pensare, ascoltando le vicende di altri cristiani omosessuali, di come molte paure, sogni e speranze fossero uguali alle vostre.
Sapete ho ormai più di 40 anni, ma sino ai trenta sono vissuto in un piccolo paesino del sud di 4000 anime, dove da adolescente mi sentivo un pò un marziano. Quante volte mi son chiesto: ma possibile che provo solo io certi sentimenti
I miei compagni segreti in quegli anni erano i libri di Oscar Wilde e tutto ciò che mi parlava di altri orizzonti, poi arrivò il militare ed una cotta per un compagno d’armi mi fece capire che ero gay. Nel giro di qualche mese il mio mondo fatto di “tanto passerà“, “ora mi fidanzo e guarisco” crollò.
Non c’è niente di peggio che scoprire che forse sei gay al 200%, ma non hai nessuno a cui puoi dirlo. Troppo spaventato per parlarne agli amici o a chiunque altro.
Decisi che era troppo, appena ebbi il mio primo stipendio comprai un cellulare e decisi che era venuto il momento di entrare in contatto con altri omosessuali. Avevo voglia di conoscere altre persone con cui parlare, confrontarmi e capire se erano come me e io come loro. Non trovai nulla di tutto questo.
Ma poi incontrai lui. Ci mettemmo insieme e camminammo per un anno e per due ci lasciammo e prendemmo senza sosta. Troppo diversi, ma anche troppo immaturi e spaventati per lasciarci. A volte la paura di rimanere soli ci costringe a prolungare più del lecito una storia che è ormai morta. Non ho un bel ricordo di quei due anni. Decisi di chiudere con lui e con l’amore.
Intanto il paesino di 4000 anime, galline incluse, era sempre lì. Allora mi sono detto: “basta, non voglio recitare più a soggetto. Voglio essere io, solo io!“. Ma tra il dire e il fare sono passati due anni finché, con un biglietto solo andata ed una valigia piena di speranze e dei biscotti onnipresenti della mamma, sono partito.
Giunsi nella grande Firenze, dove iniziai a lavorare in ospedale, ma la odiai subito. Ero solo un ombra tra le tante. Mi chiedevo ma “questi mi vedono o sono un fantasma“. Armatomi di tanta pazienza e di un timido sorriso cominciai a vedere che cosa potevo fare per capirci qualcosa di questa città, fatta da tanti strati diversi, che volevo provare a conoscere un pò alla volta.
E sapete cosa ho scoperto? Niente di nuovo, solo che nella mitica città si può essere più soli che nel piccolo paesetto dove tutti ti seccano, ma in fondo ti stimano.
Quanta gente ho frequentato in quei mesi pur di uscire e di parlare con altri esseri umani eppure, come sempre accade nei momenti oscuri, due persone importanti hanno incrociato e illuminato la mia strada in quei mesi: un prete grande e sagace, ma che conosceva il mondo, e una dottoressa saggia e iperattiva.
Quante chiacchierate ho fatto con loro per capire cosa volevo e cosa dovevo fare di questa mia vita. Entrambi mi dissero, con parole differenti, “non ti sedere, non piangerti addosso, cammina e troverai le risposte che cerchi“.
Ci provai. Smisi di fare ciò che gli altri si aspettavano da me e cercai di vivere ciò che, per troppo tempo, avevo chiuso a doppia mandata nel mio cuore. All’inizio presi abbagli spaventosi, ma scoprii anche dove può arrivare l’amore e la solitudine, l’amicizia e la sua assenza. Diventai forte. Imparai a sperare.
Già che c’ero decisi che era arrivato il momento di conciliare la mia omosessualità e la mia fede, visto che entrambe facevano parte, a pieno titolo della mia vita. Volli conoscere un gruppo di cristiani LGBT per confrontarmi con loro.
Certo poi ci misi quasi due ore per decidere di entrare, la prima volta, nella grande stanza in cui si riunivano. Quel giorno andai nel panico, non sapevo se aprire o no quella benedetta porta che mi separava da loro, ma alla fine entrai. Iniziai così il mio cammino con loro, che continua ancora oggi.
E poi arrivò la persona che ancora stringe nelle sue mani il mio cuore. La prima volta che la incontrai, già perso nei suoi occhi profondi, mi dissi “con lui non voglio avere mai una storia, sarebbe troppo complicata“. Ma poi conoscendoci, giorno dopo giorno, e raccontandoci scoprii che entrambi avevamo fatto lo stesso lungo cammino per trovare la nostra strada.
Fu così che da allora le nostre strade si unirono. Certo non è facile un rapporto di coppia, ma chi lo ha detto che le cose belle sono semplici da vivere?
Tutto questo per dirvi cosa? Bè, un po per presentarmi. Ve lo dovevo. Un po per dirvi che è importante raccontarsi e raccontare il nostro cammino, perché solo così smettiamo di essere dei dati anagrafici, delle proiezioni delle nostre paure, dei desideri in evoluzione.
Ecco perché nel settembre 2007 insieme a Carlo, Maurizio, Mauro, Giacomo e a tanti altri abbiamo dato vita al Progetto Gionata, perché la nostra vita e il nostro cammino di cristiani possano essere una traccia, per chi cerca la sua strada, ma anche perchè il prelato di turno non possa più dire che “io di cristiani omosessuali non ne ho mai conosciuti“.
Poi undici anni dopo arrivò una email al Progetto Gionata, che io all’inizio misi nello spam pensando ad uno scherzo, in cui veniva chiesto ai volontari di Gionata di diventare gli esecutori testamentari del sogno di don David Esposito, un prete marchigiano prematuramente scomparso, che “sognava” che le nostre comunità cristiane sapessero “allargare la tenda” (Isaia 54) per fare spazio a tutti, diventando così “sempre più santuari di accoglienza e sostegno verso le persone LGBT e verso ogni persona colpita da discriminazione”.
Vi confido che davanti all’immensità di questo sogno ebbi paura. Mi chiedevo “ma possibile che un pugno di uomini e donne possono fare davvero la differenza?“. Ma alla fine accettai la sfida e con alcuni “sognatori”, il 18 marzo 2018, cominciò a realizzarsi il “sogno di don David”, con la nascita “La Tenda di Gionata“. Iniziai così a fare esperienza di come anche “il più piccolo di tutti i semi” , “quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto” (Marco 4, 32-33).
Cavolo quanto ho scritto. Scusatemi davvero non volevo travolgervi con le mie parole. Per lo meno ora mi conoscete un po di più e sapete anche il mio punto di vista sul Progetto Gionata e La Tenda di Gionata, che per me non sono solo dei mezzi per accogliere, formare e informare i cristiani LGBT, i loro familiari e gli operatori pastorali che li accompagnano, ma cammini concreti in cui ognuno può fare esperienza di quell’amore che un uomo, inchiodato su una croce 2000 anni fa, ci ha voluto donare per sempre.