Sono un giovane gay cristiano africano membro del popolo di Dio
Testimonianza raccolta da Adélard e pubblicata su GayChristianAfrica il 2 ottobre 2019, liberamente tradotta da Giacomo Tessaro
“Se in Occidente, all’interno delle Chiese, si discute di omosessualità, e alcune di esse, come quella cattolica, hanno fatto molti passi in avanti verso la comprensione e l’accoglienza delle persone omosessuali cristiane, rendendo la Chiesa più aperta, in Africa i cattolici hanno bisogno ancora di tempo per confrontarsi con tematiche quali l’omosessualità.”
Avevo appena finito il liceo (in Burundi, Africa), ed ero pieno d’entusiasmo perché ero indipendente e potevo costruirmi la mia vita, ma ero confuso: sapevo di essere gay, e avevo cercato di mantenere la mia fede a tutti i costi. Contavo molto sulla mia fede ed ero convinto di stare camminando sulla via giusta, anche se non avevo mai colto un collegamento tra la mia fede e la mia sessualità.
Mi sentivo soffocare: volevo sapere cosa ne pensasse la Chiesa, volevo fare chiarezza su quel collegamento. Cercai un sacerdote che mi aiutasse ad approfondire la mia fede, ma, ad essere sincero, cercavo delle risposte per capire meglio me stesso, magari anche qualcuno che mi dicesse “Sì, sei sulla strada giusta, stai conducendo una buona vita cristiana”; qualcuno che mi facesse sentire meglio, insomma.
Quell’estate feci un ritiro con il mio coro a Gitega, nella parte centrale del Burundi. Dopo due o tre giorni, arrivò il momento delle confessioni. Mentre eravamo in fila per parlare con il sacerdote dissi alla direttrice del coro, seduta di fronte a me, che dovevo dire al sacerdote qualcosa di serio; lei mi guardò e mi disse “Liberati il cuore con lui”. Non poté fare a meno di sorridere, perché già sapeva della mia sessualità.
Il sacerdote era giovanissimo, era tale solo da un anno. Andai al confessionale trattenendo il respiro e facendomi il segno della croce. Dopo la confessione, dissi al sacerdote che avevo qualcos’altro da dirgli. Le mani cominciarono a tremarmi e sentivo la pelle d’oca su tutto il corpo, la gola mi divenne improvvisamente secca e mi usciva fuori solo una vocina. Con un gran coraggio riuscii a ricompormi e dissi “Penso di essere gay, sono attratto dagli uomini”.
Era scioccato, mi guardò per alcuni istanti e mi chiese “Vuoi dire che ami i ragazzi?”; con lo sguardo basso risposi di sì. Mi guardò ancora per alcuni secondi, sembrava confuso; disse “Non so cosa dirti, è la prima volta che mi capita una situazione del genere… Forse ti aspetti che ti dica qualcosa”. Continuava a guardarmi con un sorriso che mostrava in pieno la sua confusione. “Non deve dirmi nulla, volevo solo farglielo sapere” gli risposi, trovando una scusa per andare via di fretta dalla stanza. Feci un sorriso forzato e uscii.
Mi sentivo vuoto ma pieno di paure, e stupido: “Perché sei andato da lui? Cosa mi dirà in futuro? Perché non riesco a tenere la bocca chiusa? È tanto difficile? Perché sono sempre così stupido?”. Tutti questi pensieri mi passavano velocissimi nella mente… in quel momento mi ricordai di una situazione simile che avevo vissuto due o tre anni prima: avevo chiesto a un sacerdote di essere il mio direttore spirituale, e lui mi diede un nuovo appuntamento, durante il quale mi chiese perché pensavo di avere bisogno di un direttore spirituale; dopo una lunga spiegazione, dissi anche che lo desideravo perché mi sentivo attratto dai ragazzi. Lui mi disse: “Seguo già molte persone, cerca qualcun altro”.
Mi venne in mente anche il sacerdote che insegnava religione al mio ultimo anno di liceo: un giorno disse non solo che i gay erano disgustosi, ma anche che non riusciva a capire cosa passasse loro per la testa.
Dopo questi ricordi, mi dissi “Basta con preti e religiosi!”. Non ero arrabbiato, e non ero triste: non mi sentivo me stesso, e decisi di recarmi nella cappella. Entrai, e diressi lo sguardo verso il tabernacolo: cominciai a lamentarmi di qualsiasi cosa, ma poi mi invase uno strano sentimento che mi donò un po’ di calma, e offrii tutto a Dio, come se stessi conversando con Lui. Gli porsi il mio cuore, presentandoGli tutto la mia confusione. Mentre passavano i minuti mi sentivo sempre più leggero, e il mio cuore era sempre più libero. Poi tornai fuori, sentendomi felice e compreso. Non sapevo spiegarmelo, ma ora mi sembrava tutto sotto controllo.
Sono gay, e canto in un coro. Continuo a partecipare alle iniziative della parrocchia, ma tutte le omelie che non aggiungono nulla alla mia vita cristiana le porto di fronte a Dio e gli dico quanto fanno male; in un modo o nell’altro mi sento vicino a Lui, mi calmo, e nel mio cuore tornano l’energia e la pace. Poco a poco vedo più chiaramente come comportarmi in certe situazioni in cui mi sento escluso, indegno, oppure un peccatore imperdonabile, sentimenti che continuo a portarmi nel profondo del cuore.
Con l’aiuto di alcuni cristiani a me vicini ho compreso di non essere un cristiano di seconda classe, ma uno tra i tanti. Sono tre semplici cristiani, che vivono con serietà la loro fede: grazie al loro sostegno, alla loro gentilezza e alla loro presenza vedo il cristianesimo in modo diverso.
Ci sono certamente molto cose che ancora non ho capito, e molte ancora da imparare, ma quello che so è che l’Amore include anche me, che sono un figlio di Dio perché la Sua grazia è sempre con me: ecco perché conto molto sulla mia fede.
Testo originale: I am gay and choir member
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