Non si può ridurre l’Africa all’omofobia
Testimonianza di Trésor Ntore raccolta da Adélard e pubblicata sul sito GayChristianAfrica il 22 febbraio 2020, liberamente tradotta da Giacomo Tessaro
“L’Africa è omofoba, non si può negare, ma non è tutta qui. Bisogna farla finita con l’immagine arcaica che molti vogliono dare di questo continente, la realtà cambia di Paese in Paese, ma soprattutto è più complessa dell’immagine di un continente omofobo che mette al rogo le persone LGBT+” dice Trésor Ntore.
“Quando stavamo girando la serie sul coming out in Francia e in Africa, dove ho lavorato con gli Hauts Parleurs, TV5Monde e France Télé, ho scoperto qualcosa che è stato come un balsamo sul mio cuore!
Il lato positivo dell’omosessualità, di cui nessuno parla nelle comunità africane, vale a dire che in Burkina Faso esiste un’associazione di persone transgender: saperlo mi ha procurato una grande gioia. Vuol dire che una comunità a cominciato a risvegliarsi, a riunirsi e a sostenersi per far fronte alla realtà, che a volte può essere molto dura” dice Trésor, giovane burundese di 21 anni che ha recitato nel film Je suis désiré, arrivato in finale al Festival di Nikon in Francia.
Un cortometraggio che racconta la vicenda di una coppia di uomini che tenta di rendere più bella la propria storia d’amore agli occhi di un’assistente sociale per poter adottare un bambino: un film che pone una nota positiva per e su una nuova generazione.
Trésor non ha dubbi: ciò che manca in Africa per fare passi avanti verso una società più tollerante è la visibilità delle persone LGBT+, ma riconosce anche che ci sono molte difficoltà: malintesi, incomprensioni, rifiuti, persino aggressioni fisiche.
Tuttavia, anche se questa realtà può essere molto dura da accettare e vivere nel quotidiano, Trésor intravede una speranza nelle generazioni future, le quali dimostrano come sia davvero possibile vivere da persona LGBT+ in Africa, e per questo invita i giovani ad approfittare di Internet e di armarsi di ottimismo: “Ci sono film, documentari e altre cose su Internet che mostrano cosa vuol dire essere una persona LGBT+, ma soprattutto che vi dimostrano che non siete soli. Infatti, se nei primi tempi si ha bisogno di sentirsi meno soli, poi il cammino si prosegue da soli, come da soli bisogna aprire le varie porte che si presentano. La lotta diviene molto difficile quando ci si sente soli: lo so perché, quando è toccato a me costruire e affermare la mia identità e la mia personalità, è stato un processo che ho dovuto affrontare da solo, ed ero giovanissimo: non so neanche come ho fatto a riuscirci”.
Per quanto riguarda il suo felice coming out, Trésor si considera fortunato di avere una famiglia religiosa (cattolica) e aperta: “Quando ho fatto coming out con la mia famiglia, mi hanno detto che mi amano, ed è tutto ciò che conta per loro. È normale, ed evidente a tutti, che mi amano per quello che sono, e di omosessualità non si parla neanche più a casa. Prima pensavo che la loro reazione fosse normale, ma oggi, dopo aver sentito molte storie di persone a me vicine, riconosco di essere stato fortunato, perché poteva andare anche diversamente”.
Di origine burundese, Trésor è cittadino del mondo: a 21 anni ha già vissuto in quattro Paesi diversi, di cui tre africani. Vissuto in Burundi fino a 13 anni, poi in Congo fino a 17 e in Burkina Faso per un anno, ora vive in Francia, a Rennes, dove studia management.
Ricorda il Congo come un Paese straordinariamente aperto, in quanto lì non ha mai avuto problemi di sorta a causa della sua omosessualità, e descrive l’omofobia burundese come un mezzo per farsi accettare in società: “Ho l’impressione che in Burundi fondamentalmente la gente non sia omofoba, ma che si serva dell’omofobia come mezzo per non perdere la faccia di fronte agli amici. Il più delle volte non c’è un autentico odio contro le persone LGBT+”.
Trésor non vuole farci credere che l’Africa sia un paradiso, e precisa che è nelle grandi città che si possono incontrare ambienti LGBT+, mentre nei piccoli villaggi, come avviene anche altrove nel mondo, tutto diventa più complicato.
Testo originale: L’Afrique est aussi ouverte aux personnes LGBT+
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