Un fulgore queer sul volto di Dio (Esodo 34:29-35)
Riflessioni bibliche del reverendo David K. Popham* pubblicate sul suo blog The Bible in Drag (Stati Uniti) il 22 ottobre 2018, liberamente tradotte da Diana
Quando Mosè scese dal monte Sinai con le Tavole della Legge non sapeva di avere il volto raggiante, perché aveva parlato con Dio.
Quando Aronne e gli altri Israeliti lo videro, ebbero paura di avvicinarsi, a causa dello splendore sul suo volto. Solo quando Mosè li chiamò, Aronne e i capi delle comunità si avvicinarono, e allora Mosè parlò.
Poi tutti gli Israeliti si radunarono intorno a lui, e Mosè diede loro le istruzioni ricevute da Dio sul monte Sinai.
Quando terminò di parlare con loro, Mosè si mise un velo sul volto, e lo teneva ogni volta che era alla presenza di Dio, si toglieva il velo quando ritornava fra gli Israeliti per riferire la Parola di Dio, ed essi vedevano il suo volto raggiante. Copriva il volto col velo tutte le volte che andava a parlare con Dio. (Esodo 34:29-35)
Mosè rappresenta il patriarcato che non lascia nessuno spazio a me – un uomo che potrebbe giacere sia con un altro uomo, sia con una donna. Eppure l’esperienza di Mosè sul monte Sinai è interamente queer nella sua conoscenza di Dio e nel ripudio pubblico.
Questa è la seconda ascesa di Mosè al monte. Durante la sua prima ascesa erano avvenuti grandi avvenimenti spirituali. I fulmini e i tuoni della rivelazione e dell’ispirazione avevano scosso il suolo, e abbagliato il cielo di splendore. Colmo dei sentieri di Dio, Mosè è poi ritornato al suo popolo. Ma la sua esperienza di Dio, come quella del popolo queer, fu respinta ancor prima che avesse la possibilità di parlarne.
Il popolo aveva già scelto l’idolo delle gelide metafore di Dio. In questa cultura non c’era spazio per Mosè e la sua nuova concezione spirituale.
Le persone queer, o almeno il popolo queer credente, probabilmente quello più queer di tutti, affronta lo stesso essere messo a tacere di Mosè. Noi siamo respinti da coloro che adorano i freddi testi e gli idoli del Dio della eterosessualità obbligatoria.
La mancanza di immagini queer nei testi sacri nella maggior parte dei dialoghi religiosi è inquietante. Ma ancor più doloroso è il silenzio, la mancanza di una voce che parli di esperienza religiosa queer e di approfondimenti spirituali queer. Come è accaduto a Mosè, l’esperienza del nostro Sinai viene rifiutata ancor prima di poter essere espressa, e noi frantumiamo la nostra esperienza, rifiutando le nostre relazioni e la rivelazione di Dio che abbiamo ricevuto. Come è accaduto a Mosè, Dio ci richiama sul Sinai, sulle nostre vette transgender, bisessuali, gay, lesbiche.
Da Mosè impariamo che, come persone diverse, non possiamo, non dobbiamo aspettare da altri la legittimazione della nostra esperienza del sacro. Coloro che adorano i loro idoli non daranno spazio o pensieri a un Dio che si rivela di continuo. Come ha fatto Mosè, noi dobbiamo usare le nostre Tavole della Legge per scrivere. Dobbiamo rivendicare il nostro approccio col sacro, sfidando le ostinate tradizioni religiose.
Come è accaduto a Mosè, se continuiamo a entrare in contatto col Sacro, i nostri volti brilleranno! Poiché sono i nostri volti, lo splendore ha una favolosa sfumatura queer, che non riflette altro che lo splendore queer del volto di Dio.
* David K. Popham è un gay a cui è capitato di essere pastore della Chiesa Unita di Cristo, o un pastore a cui è capitato di essere gay? Forse lo capirete da soli. Di certo sa che è venuto il momento che anche le minoranze sessuali si riapproprino della Bibbia. Se siete dei pellegrini in cerca di Dio, visitate il suo sito Theological Worlds (Mondi teologici).
Testo originale: A Queer Shine to the Face of God (Exodus 34:29-35)