“Fecisti nos ad te”. Sono un gay cattolico in ricerca del piano di Dio su di me
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Cari fratelli di Gionata, sì, vi chiamo fratelli, anche se non ci conosciamo personalmente. Vi chiamo fratelli, perché in Cristo lo siamo realmente. Vi chiamo fratelli, perché vi sento vicini al mio cuore. Non è un sentire ideale e disincarnato: vi sento vicini al mio cuore, perché il nostro concreto cammino di vita trova in Cristo la sua origine e il suo culmine; vicini al mio cuore, perché lungo i sentieri che percorriamo ingurgitiamo la stessa polvere; vicini al mio cuore, perché stanotte abbiamo visto la stessa luna di Pasqua… e non siamo poi così lontani.
Ho iniziato a redigere questo scritto diverse settimane fa e, come le onde del mare, ne ho seguito i flussi di apertura e chiusura, l’inserimento di qualche parola, qualche piccola correzione. “Prima o poi la completerò e la invierò a questi fratelli per cui prego ogni giorno”, mi sono detto spesso. Ecco, se adesso la state leggendo, vuol dire che l’ho realmente completata e condivisa. “Rome wasn’t build in a day”, recita un brano dei Morcheeba di qualche anno fa e temo di averlo preso in parola!
Mi chiamo Raf, ho 38 anni, sono docente e musicista. Un uomo come tanti, un giovane (perché sono giovane, anzi giovanissimo, vero?!) consapevole da sempre della propria omoaffettività. Una persona serena, un burlone pieno di vita, shakerato in un mare di belle attività e relazioni umane che lo fanno sentire da sempre in cammino lungo un sentiero di grande pienezza.
Un giovane cattolico (ops, giovanissimo, che sbadato che sono!) che tiene tanto all’amicizia con Dio, alla sequela di Cristo, all’amore materno di Maria, all’esempio dei santi. Un innamorato della liturgia, consapevole che “questa è la dolcezza del salterio: il canto regola di vita” (citando Sant’Ambrogio). Una persona che trova nel servizio la sua identità. Un cuore d’artista che non può fare a meno di cantare, di scrivere canzoni, di condividere in pienezza la propria musica.
L’ultimo paragrafo sembra l’ibrido tra un’epigrafe e un profilo temerario su una dating app. E invece no, è solo il preludio in cui si incastra, in glissando, il tema di questa lettera, che consegno idealmente tra le mani di Sant’Agostino: “Fecisti nos ad te et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te”.
Inquieto, come il cuore di chi vive costantemente nella nostalgia di Dio e lo ricerca in tutte le cose. Da qualche tempo, nello specifico, desidero approfondire più da vicino i segni del piano di Dio nella mia vita affettiva, cercando di scorgerne più nitidamente i suoi tratti lungo il cammino.
Vi dicevo che sono consapevole da sempre della mia omoaffettività, ma fino all’alba dei miei 35 anni mi sono confinato nel convincimento che bastasse sublimare la mia parte affettiva nel carico di amore a chi mi sta intorno, a quanti il buon Dio ha posto sul mio cammino.
Per certi versi, ne sono ancora convinto, ma secondo una sfumatura differente: l’amore è la mia regola di vita e, proprio per questo, non posso continuare a pensare part-time che la mia vita affettiva possa essere il compromesso di una sublimazione. Lo devo a me stesso; lo devo a quella persona o a quella comunità religiosa che il Signore ha pensato per me e che solo io posso amare. E’ quel sì a mettere a frutto i talenti che il buon Dio, nella Sua misericordia, mi ha donato.
E’ un sì che fatico ancora a pronunciare con coraggio. E’ un sì che si scontra con le mie resistenze. E’ un sì che rovescerebbe oltremodo ogni prassi. Sono in cammino e spero di continuare a camminare, benché i miei passi siano così lenti.
Il mio più intimo desiderio è camminare conservando la mia identità di cristiano. Come soleva dire Santa Teresa di Lisieux, “nel cuore della Chiesa, mia madre, sarò l’amore”. Questa frase delinea con grande pienezza la traccia del percorso che desidero seguire con fedeltà: essere l’amore; esserlo nel cuore della Chiesa; sentire che essa è mia madre. Per me è impensabile cambiare madre soltanto per vedere riconosciuta la mia peculiarità affettiva.
Questo lungo preambolo mi porta al cuore di questa lettera. Cari fratelli, vi scrivo per dirvi grazie dal profondo del mio cuore. Grazie, perché voi pregate, sperate ed operate anche per me.
Grazie, perché i frutti del vostro operato sono anche a mio beneficio. Spero di avere un giorno il coraggio di incamminarmi lungo strade di maggiore coraggio, di vivervi come compagni di viaggio nello spazio-tempo in cui viviamo. Da settimane vi ricordo nelle mie preghiere e vi porto nel cuore.
Vi abbraccio in Cristo, nostra forza, augurandovi di sperimentare sempre lo stupore del sepolcro vuoto, di gioire della vostra vita da redenti.
A presto. Raf
La risposta…
Ciao Raf grazie per la tua lettera che ci riempie di gioia e ci ripaga dell’impegno che ogni giorno mettiamo in questo cammino online. Ma vogliamo farti una proposta… perchè non inizi, senza fretta, ad incontrare alcune delle tante persone che vedi far capolino tra le pagine di Gionata; che ne dici di confrontarti con alcune di loro su Gabriel Forum o nella sua chat… Così senza esporti troppo, potrai incontrare non solo storie raccolte in una pagina web, ma le persone che le hanno vissute e con cui potrai parlare, confrontarti e camminare.
Il Progetto Gionata può essere l’inizio di un cammino, il primo passo scrivendoci già lo hai fatto. Perchè non farne un’altro? Pensaci, noi ti aspettiamo. Un abbraccio forte forte da Tutti noi
I volontari del Progetto Gionata e de La Tenda di Gionata