La lotta dei cristiani LGBT al guado di Jabbok (Genesi 32,22-32)
Testo tratto dal Bollettino de Il Guado del dicembre 1982, pag.2
Il guado richiama anzitutto un pagina biblica: la cosiddetta “Lotta di Giacobbe con l’angelo” sulla riva dallo Jabbok (Gen. 32,22-32). Dopo aver fatto passare al di là del torrente mogli, schiave, figli e tutto quanto possedeva, Giacobbe resta solo e al calar dalla notte è aggredito da un “uomo che si avvinghiò a lui fino allo spuntare dell’alba”.
Giacobbe si difende da quello che sente come un nemico, ma poi, paradossalmente, accorgendosi che si tratta di un essere superiore in cui è presente la divinità, gli dice “Non ti lascerò se prima non mi darai la tua benedizione“. Gli chiede cioè di dargli tutto quanto ha di buono, potremmo quasi dire che gli chiede di volergli bene, e insieme gli rivela il proprio nome, che è come dire che gli si affida, gli si consegna.
Non è difficile riconoscere qui la traccia e il senso di tante nostre storie. L’entrata improvvisa e violenta nel nostro paesaggio di solitudine di qualcuno da cui speriamo di ottenere la risposta al nostro bisogno profondo di amicizia, la “benedizione” che possa aiutarci a vincere l’isolamento o l’insignificanza, una presenza che in certo modo ci aggredisce contro cui lottiamo, perché se da una parte promette dall’altra chiode e può esigere quello che non vogliamo dare, la dialettica continue tra l’istinto di soverchiare l’altro o quello di abbandonarvisi, l’intuizione che in ogni forma di amore si fa in qualche modo l’esperienza della divinità o del bisogno di assoluto, che è quello che cerchiamo è alla fino Dio stesso: tutto questo noi lo ritroviamo nella storia di Giacobbe al guado di Jabbok.
Ma il guado è anche un’immagine che descrive un passaggio, faticoso, ma pur sempre possibile, da una riva «all’altra del fiume. Gli omosessuali sono anche detti, o non certo con benevolenza, “quelli dell’altra sponda“. Se ci piace l’immagine è perché vogliamo che non ci sia né antagonismo né separazione tra gli uomini, ma una costante passibilità di passaggio de una sponda all’altra, incontrandoci magari proprio nel mezzo del guado.
Per noi però l’altra sponda significa soprattutto un approdo di liberazione, una terra dove poter vivere un amore purificato dall’egoismo e da tutte le ambiguità. E’ una speranza, questa, che ci fa muovere verso i campi dell’amicizia e della fraternità, seguendo le indicazioni del Vangelo, che resta por molti di noi un punto preciso di riferimento, in questo senso c’è per tutti un’altra sponda verso la quale guardare, insieme possibilmente, perché cosi la fatica si fa più leggera, e se uno inciampa può trovano subito aiuto.
Offriamo questi fogli a quanti, omosessuali e non, credenti a non, si riconoscono in questo desiderio di lavorare uniti dal desiderio per una traversata verso una vita più autentica.