Le raffigurazioni della Pentecoste: l’unità delle diversità
Riflessioni di Massimo Battaglio
Un articolo dell’amica Norma Alessio su “Scrittori di Scrittura” invita a riflettere sul tema di Maria nelle raffigurazioni della Pentecoste. E’ un tema che non compare dall’inizio. Per secoli, gli artisti che si cimentarono col mistero della discesa dello Spirito, si limitarono ai soli Apostoli. La figura della Madonna comincia a comparire nel basso medioevo, come icona, più che madre, della Chiesa nascente.
E’ una riflessione davvero interessante. Fa pensare a due fenomeni paralleli. Da una parte il precisarsi della figura della madre di Gesù nella storia della fede cristiana. Dall’altra la lenta scoperta del ruolo della donna in sè.
Ma vorrei affiancare un’altro tema di riflessione: quello dell’unità nella diversità. Nelle raffigurazioni della Pentecoste, mi pare che possa essere rintracciato fin dai primordi dell’arte cristiana.
Nei primi secoli non abbiamo vere e proprie opere d’arte dedicate specificatamente alla discesa dello Spirito Santo. Gli apostoli sono spesso raffigurati ma come semplici serie di personaggi. C’è però, sin da subito, un tentativo di distinguere un apostolo dall’altro, insistendo sulle diverse pose e sui caratteri del volto.
Una delle prime raffigurazioni della Pentecoste in senso compiuto è quella del duomo di Monreale. Vi si distinguono apostoli giovani, anziani e di mezz’età, in vesti simili ma radicalmente diverse nei colori. Lo Spirito nasce da un’unica fonte, un tondo nel cielo. Ma si dirama secondo percorsi geometrici precisissimi e tutti diversi, verso la testa di ciascun protagonista. Ognuno lo riceve in modo del tutto particolare.
Lo stesso criterio di differenziazione è seguito da Giotto, nella Pentecoste della Cappella degli Scrovegni. Anche qui abbiamo alcuni apostoli giovani, senza barba, alcuni più adulti a altri anziani, con la barba bianca. Non solo sono vari i colori dei vestiti ma anche le stoffe. Abbiamo infatti un apostolo con un mantello a scacchi e un altro con una toga fioreggiata, di tradizione non romana.
Mi piace immaginare che il pittore francescano volesse alludere alla Pentecoste come primo momento di universalità della Chiesa. Dagli Atti degli Apostoli sappiamo infatti che i discepoli, usciti dal cenacolo, iniziarono ad annunciare il Vangelo nelle diverse lingue delle persone che incontrarono. Qua pare che ne abbiano assunte anche le sembianze.
Più tesa a ricondurre tutto ad unità è la Pentecoste di Duccio di Bonsegna, del 1308, una delle prime in cui compare Maria. Molto debitrice della tradizione delle icone, questa raffigurazione sembra cercare con forza elementi comuni tra apostoli dai volti diversissimi.
Il tema dell’universalità ricompare, questa volta apertamente, nell’affresco del Beato Angelico del 1450. Qui abbiamo non solo abiti esotici ma anche personaggi stranieri. La scena è divisa in due parti. In quella superiore si vede il cenacolo, con Maria al centro degli Apostoli. In quella inferiore c’è la piazza, con figure dai vari costumi orientali.
Sono i “Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia” di cui parla il racconto biblico (At 2,9-10). L’Annuncio del Vangelo non richiede che le persone coinvolte si uniformino a una regola esteriore, rinunciando alle proprie diversità. Anzi: le diversità stesse sono un valore importante; così necessario, da portare piuttosto gli Apostoli – cioè la Chiesa – ad assumere i caratteri – in questo caso linquistici – delle persone a cui vanno incontro.
Nella Pentecoste di Tiziano Vecellio (1545), compaiono ancora altri personaggi. L’autore compie un ulteriore sforzo filologico rispetto al racconto e si sofferma sul versetto in cui si dice: “Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi: vi erano Pietro, Giovanni, Giacomo […] insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui” (At 1,13-14).
Tiziano non dimentica nessuno. E la fiammella dello Spirito scende su tutti, compresa Maddalena, la “diversa” per eccellenza.
Stesso criterio varrà per El Greco, nel 1600. Qui Maddalena è non solo presente ma vicinissima a Maria e le si accosta quasi per baciarla affettuosamente. Si accosta alla Chiesa nascente in tutta la sua prorompente femminilità. Dà il meglio di sè, compresa quella capacità di espressione corporea che l’aveva contraddistinta fin dai tempi dell’unizione di Betania.
Nella Pentecoste di William Congdon (1969), il numero dei personaggi è quello canonico. Ma essi sono talmente fusi che sembrano una moltitudine. Sembrano la Chiesa intera. Eppure, ciascuno di essi, ridotto a qualche pennellata, riesce a distinguersi per un colore diverso.
L’insistenza con cui il tema della diversità attraversa le raffigurazioni della Pentecoste, ci costringe a meditare su quanto questo tema sia importante. Noi ne siamo testimoni privilegiati. E’ ora che la Chiesa cominci ad accorgersene.