Non è più tollerabile in Italia continuare a negare la diffusione della violenza omotransfobica
Lettera al direttore di Avvenire da Irene Baghi (Parma) e pubblicata* sul giornale Avvenire il 14 giugno 2020, pag.2
Gentile direttore, dopo aver letto la presa di posizione della CEI sulla proposta di legge relativa ai reati di omotransfobia, vorrei proporle alcune riflessioni.
Innanzitutto, affermare che “un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio” è, di per sé, corretto, ma non tiene in considerazione un dato fondamentale: i comportamenti violenti e persecutori non sono tutti uguali.
Il legislatore ha introdotto l’art. 604 ter c.p. per punire più severamente i delitti commessi “per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso”: ha, cioè, ritenuto che i crimini perpetrati per questi fini meritino una risposta più severa da parte dell’ordinamento, che non tollera alcuna discriminazione “per motivi di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” (così l’art. 3 della Costituzione).
La proposta di legge intende, dunque, estendere le pene più severe di cui all’art. 604 ter c.p. anche ai casi in cui le violenze siano commesse in ragione dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere della vittima, accordando una tutela rafforzata a soggetti particolarmente vulnerabili.
In secondo luogo, dichiarare che “un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui (…) si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione” tradisce una non attenta lettura del disegno di legge. Come ribadito dall’onorevole Zan, infatti, il reato di “propaganda di idee” basate sull’odio etnico e razziale, già previsto dall’art. 604 bis, lett. a), c.p., non subirebbe alcuna modifica.
Al contrario, l’art. 604 bis c.p. verrebbe modificato solo là dove punisce chi istiga a commettere oppure commette atti di discriminazione o di violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, aggiungendo all’elenco dei motivi quelli “fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”.
Contrariamente a quando prospettato dalla CEI, non è prevista alcuna limitazione alla libertà di espressione, che, peraltro, si esporrebbe a censure di illegittimità costituzionale.
Infine, ritengo che non sia più tollerabile continuare a negare la diffusione della violenza omotransfobica in Italia, appigliandosi al numero esiguo di aggressioni riportate dai media: la maggior parte delle violenze, fisiche o verbali, non vengono denunciate per la convinzione della vittima di non aver subito alcun reato (e, quindi, di non potere ottenere giustizia), ma soprattutto per il timore di esporsi e dichiarare apertamente il proprio orientamento sessuale.
La proposta di legge (peraltro trasversale, perché avanzata da deputati di diverse forze politiche) prende finalmente atto dell’emergenza in corso e cerca di porvi rimedio: è questo il compito del legislatore.
Irene Baghi (Parma)
* Il testo in corsivo nel testo, mancava nella versione pubblicata da Avvenire.