La mia terza vita di lesbica e cattolica ed il bisogno di una legge che sappia difendere le persone LGBT dalla violenza
Lettera al direttore di Avvenire di Alessandra Gastaldi pubblicata su Avvenire il 14 giugno 2020, pag.2
Egr. Direttore, sono una donna che sta vivendo la sua terza vita e le scrivo in merito all’articolo pubblicato oggi dal vostro giornale a firma di Luciano Moia.
Nella mia prima vita sono stata cattolica una di quelle “brave” cresciuta in azione cattolica dai 6 anni ai 24 dall’ACR al centro diocesano, a Messa tutte le domeniche e con un’idea molto chiara del modo giusto di vivere in linea con il Catechismo e gli insegnamenti che avevo recepito fino a quel momento.
Nella seconda sono stata Lesbica. Quando mi sono innamorata mi sono piano piano allontanata dalla chiesa perché io non sentivo sbagliato il sentimento che provavo, ma non riuscivo a conciliarlo con quei principi che nella prima mia vita mi avevano guidato.
Ho vissuto la mia storia d’amore nascosta per 16 anni (una storia monogama e fedele) fino a quando purtroppo è finita soprattutto per la mancanza di un progetto di vita a cui la clandestinità ci ha obbligate e che ha portato il sentimento a soffocare.
A questo punto ho dovuto ricostruire la mia vita compiendo, in un momento di difficoltà emotiva per essermi ritrovata sola dopo, il faticoso passo del coming out con l’aggravante della distanza che i 16 anni di silenzio avevano messo inevitabilmente tra me e tutti i miei cari (familiari, amici)
In questo periodo ho avuto la fortuna di ri incontrare tra gli altri alcuni preti religiosi e religiose, che hanno saputo trasmettermi che tutti noi nella nostra diversità, nella nostra unicità e ciascuno con i propri talenti, e nella propria interezza Siamo figli di Dio e per questo “degni e degne” del Suo amore.
Da quel momento sto vivendo la mia terza vita da lesbica e cattolica, frequentando gruppi e associazioni a livello locale, nazionale ed internazionale che lavorano a portare il messaggio che ogni persona è amata da Dio senza sè e senza ma nella sua interezza.
La mia storia non è stata semplicissima, ma è una storia felice perché nel momento del coming out non ho subito violenze da parte dei genitori, non ho perso il lavoro per il mio orientamento, non ho subito atti di violenza da parte dei conoscenti, ma purtroppo il mio è un caso raro: ci sono molte persone che questi atti di violenza fisica e psicologica li affrontano quotidianamente (come succede per motivi di razza e di religione) ed è per questo che la legge in discussione in questo periodo è fondamentale.
Uno stato deve tutelare con tutti i mezzi che ha a disposizione, i suoi cittadini compresi quelli che hanno un orientamento sessuale o un’identità di genere diverso dalla maggioranza delle persone.
Questa legge non sarà sufficiente ed è necessario parallelamente un lavoro educativo e culturale serio e aperto all’ascolto da parte di tutta la società civile, educativa e religiosa che porti all’accoglienza dell’Altro “senza se e senza ma” anche se è diverso da noi, ma da una tutela giuridica non si può prescindere in uno stato civile quale ritengo essere quello in cui vivo.
Sono sicura che il suo giornale, che negli ultimi anni ha seguito il percorso fatto da gruppi di cristiani LGBT+ con attenzione e interesse, saprà trovare e promuovere occasioni di confronto.
Grazie dell’attenzione
Alessandra Gastaldi