Dio ma se ci ami… perche ci fai questo?
Riflessioni di Giuseppe M. del Progetto Giovani Cristiani LGBT
L’amore ci fa sentire parte di qualcuno. Sentirci amati di solito ci libera da una spiacevole sensazione di precarietà e di inadeguatezza. Per questo tutti desideriamo che qualcuno riempia la nostra vita, tutti vogliamo un’appartenenza, tutti vogliamo sentirci dire “tu sei mio/a”.
Desideriamo sapere di non essere intercambiabili e sentirci unici e irripetibili agli occhi di chi ci ama. La fede è scoprirsi amati ogni giorno di un amore eterno, senza limiti né limitazioni, senza misura, che ci fa sentire di appartenere a Dio.
Ma nelle nostre menti alberga un pensiero automatico: se sono veramente amato, allora l’amore mi proteggerà da tutto. Da ogni sofferenza, tristezza e avversità. Altrimenti non è un amore vero.
Ecco allora che iniziamo a dubitare dell’amore di Dio. Se mi vuoi bene, perché non mi salvi da questa angoscia? Perché non la fai smettere? Forse non mi vuoi davvero bene? Forse non sono così prezioso ai tuoi occhi come dici?
Un bambino che pensa che, poiché ha una mamma ed un papà che lo amano, non gli capiterà mai niente di male, che non cadrà mai dalla bicicletta, non si farà mai male al ginocchio, non avrà mai dubbi, non sarà mai confuso… rimane inevitabilmente deluso perché tutto questo nella vita succede.
Ma come, se mia mamma mi ama e mio padre mi ama, perché non mi hanno difeso dalle contraddizioni della vita, dalle cose difficili che ho incontrato?
Forse il problema non è nell’essere o no amati, ma è nella nostra idea di amore. L’amore è forse un’assicurazione “Kasco” in grado di proteggerci da tutto e tutti secondo il contratto “poiché io ti amo, ti proteggo da tutto quello che ti accade, dai problemi, dalle contraddizioni e persino dalla sofferenza”? No, l’amore è un’altra cosa: “Io ti amo, e proprio per questo tu puoi vivere anche una cosa difficile”.
Anche noi, quando la persona che amiamo sta vivendo un periodo poco felice, vorremmo spontaneamente metterci al suo posto, per proteggerla e difenderla dalle avversità della vita.
Ma purtroppo, se l’amore si sostituisce a qualcuno per proteggerlo, non è amore. Chi ti ama, non si sostituisce a te. Amare vuol dire restare accanto, non prenderle il posto di.
Se Dio ci evitasse i problemi, se si sostituisse a noi, non sarebbe di certo un buon Padre. Si ama dalla seconda fila, mai dalla prima. L’amore è stare sempre un passo dietro. E tutto questo inevitabilmente delude le nostre aspettative, perché noi sogniamo un amore che viva al posto nostro.
Che ci difenda, che si metta in mezzo, che combatta i nostri nemici, che risolva i nostri problemi.
Ma purtroppo non funziona così. Anzi per fortuna: l’amore vero ci spinge a diventare protagonisti, non a nasconderci dietro qualcuno che viva al posto nostro. Ci spinge a dare il meglio di noi.
Come faccio a capire che una persona mi ama? Se mi fa emergere, se non mi nasconde, se mi spinge a tirare fuori i miei talenti, se mi fa diventare protagonista della mia storia.
Proprio perché siamo amati da Dio possiamo affrontare tutto, anche il dolore, anche la cosa che sembra più assurda e più contraddittoria.
L’Amore è ciò che protegge la nostra vita non dalla sofferenza ma dall’assenza di senso, dalla mancanza di significato.
Finché sono amato, quello che sto vivendo, bello o brutto che sia, è sempre pieno di significato.
Soltanto una persona che si sente profondamente amata, può accettare anche di perdere e di vivere i suoi momenti di disperazione.
“Io non me ne andrò. Io ti amo anche nella sofferenza, anche nella contraddizione del male”. La fede è scoprirsi amati di questo amore.
“Signore se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto” (Giovanni, 11, 19), dice Marta, fumante di rabbia con Gesù, che è arrivato a casa del fratello Lazzaro troppo tardi.
Quante volte noi pronunciamo esattamente le parole di Marta?
Se Tu fossi stato qui, non avrei perso un genitore.
Se Tu fossi stato qui, non avrei avuto quell’incidente.
Se Tu fossi stato qui, mio padre non mi avrebbe trattato in quel modo.
È lo schema del “come la mettiamo che Tu dici di amarci e quando abbiamo bisogno, invece non ci sei?”.
È come se Dio fosse utile fin tanto che può risolverci un problema.
Ma Dio al contrario ci è utile, proprio quando tutto è perduto. È proprio quando Gesù non sembra più servire a nulla, che resuscita Lazzaro. Dio non vuole risolvere i nostri problemi, ma è presente quando noi pensiamo che sia tutto inutile, che non ci sia più motivo di sperare.
Allora inizia a fare quello che sa fare meglio: riempire di presenza ciò che noi viviamo come sconfitta e fallimento.
Dio ci ama fino al punto che decide di restare dentro la nostra vita anche quando non conviene più rimanerci.
Anche quando la sofferenza ha soffocato le parole e non abbiamo la forza di arrabbiarci come fa Marta. Anche quando abbiamo perso o abbandonato la fede.
Anche quando la fede non ce l’abbiamo perché nessuno ce l’ha trasmessa. Anche quando la vita ci toglie tutto, preghiera compresa e non sappiamo più cosa chiedere: diventiamo solo un fascio di sofferenza.
In Luca 7,11-17, Gesù incrocia nella città di Nain un corteo funebre. C’è una donna che aveva perso il marito e che ora accompagna al cimitero il suo unico figlio.
La vedova, disperata, è completamente sola ed isolata. Non parla, non grida, non prega, non domanda nulla. Piange e basta.
Ci sono dolori che non contemplano colonne sonore, che non sopportano parole. Il silenzio è l’alfabeto di certe disperazioni. In quei momenti non ci sono nemmeno più preghiere, perché dove finisce la speranza non c’è nemmeno più l’ombra della fiducia.
Gesù allora ferma il corteo e, preso da grande compassione, resuscita il ragazzo.
È uno dei pochi miracoli che compie senza che nessuno faccia professione di fede.
Tutto questo per dirci che la vita può toglierci anche le parole, anche la fede, ma Dio si accorge sempre della nostra sofferenza anche quando noi non riusciamo a dirla, anche quando siamo in un vicolo cieco e non sappiamo come uscirne: è lui ad accorgersi di noi.
Nella sofferenza noi siamo guardati, non siamo mai soli. Solo quando sperimentiamo nella nostra vita un amore così, possiamo sentirci veramente liberi. Liberi di osare, liberi di essere noi stessi fino in fondo. Liberi di diventare protagonisti della nostra vita.
Se crediamo che Dio è nostro Padre e che ci ama di questo amore, possiamo affrontare tutto.
Non a caso “tutto è possibile per chi crede” (Marco, 9, 23).
Non troveremo mai un modo per non soffrire, ma possiamo trovare un modo per incontrare l’amore di Dio Padre, nel momento esatto in cui tutto ci sembra perduto, tutto sembra contro di noi.
Perché si può perdere tutto, tranne l’amore di Dio.
“Quali che siano gli eventi, ricordatevi di due cose: Dio non abbandona nessuno. Quanto più vi sentite solo, trascurato, vilipeso, incompreso, e quanto più vi sentirete presso a soccombere sotto il peso di una grave ingiustizia, avrete la sensazione di un’infinita forza arcana che vi sorregge, che vi rende capaci di propositi buoni e virili, della cui possanza vi meraviglierete, quando tornerete sereno. E questa forza è Dio.” (San Giuseppe Moscati)