Quali sono i primi passi per sperimentare la chiamata alla pastorale LGBTQ
Testo* di Francis DeBernardo** e Robert Shine*** per “Next Steps: Developing Catholic LGBTQ Ministry“ (I prossimi passi: per lo sviluppo della pastorale cattolica LGBTQ), serie di articoli pubblicati sul sito dell’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) l’11 giugno 2020, prima parte, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Per iniziare il nostro viaggio, e compiere i primi passi verso lo sviluppo di un ministero LGBTQ, partiremo da qualcuno che dovreste conoscere molto bene: voi. In questo corso esamineremo una grande varietà di tematiche (Magistero, tipi di ministero, spiritualità LGBTQ e molte altre), ma l’argomento più importante è il primo: voi.
In questa prima puntata vi chiediamo di rispondere a due domande fondamentali:
1. Avete compiuto, o state compiendo una fase di discernimento per capire se avete la vocazione al ministero LGBTQ?
2. Avete vissuto questa vocazione in modi concreti, pratici e tangibili?
Vivere la vocazione al ministero LGBTQ
Tutti i ministeri autentici nascono da una risposta a una chiamata che viene da Dio, una chiamata essenziale, ma a volte anche elusiva. Esaminare la vostra vocazione a tale ministero vi aiuterà a capire meglio i vostri doni e i vostri limiti, e perciò a capire quali saranno i vostri prossimi passi. Comprendere in dettaglio la vostra vocazione vi servirà da pietra di paragone, da luogo dell’anima in cui potrete tornare quando avrete bisogno di forza.
Se le vocazioni individuali possono avere elementi simili, ogni vocazione è però unica: Dio plasma la vocazione su misura della persona e del suo particolare contesto. Dio non vi chiama all’impossibile, né all’ideale: in questo corso NON imparerete a creare un ministero idealizzato in una parrocchia perfetta e immaginaria. Imparerete piuttosto a pensare ai passi pratici e concreti da fare per creare iniziative di pastorale LGBTQ per la vostra parrocchia, e potrete fare solamente ciò che i vostri doni, i vostri limiti e la vostra parrocchia vi permetteranno di fare concretamente, e quindi i passi da fare saranno diversi per ciascun*.
In Always Our Children (Sempre nostri figli), la lettera pastorale rivolta i genitori di lesbiche e gay, pubblicata nel 1997, i vescovi statunitensi hanno voluto consigliare alle madri e ai padri di prestare attenzione alle emozioni che provano o hanno provato di fronte alla notizia dell’orientamento sessuale di un figlio o una figlia; le sensazioni “possono avere in sé delle tracce che portano a una scoperta più autentica della volontà di Dio per voi […] La vita cristiana è un cammino segnato dalla perseveranza e dalla preghiera, un cammino che ci porta dal luogo in cui siamo verso quel luogo dove sappiamo che Dio ci chiama”. Quando prendiamo in esame la nostra vocazione, è bene prendere nota delle nostre emozioni di fronte alle varie possibilità che ci si prospettano.
Spesso Dio ci chiama a uscire alquanto dalla nostra zona di comfort, e c’è sempre qualcosa di rischioso nel rispondere alla sua chiamata. Per ottenere qualcosa di nuovo, forse dovremo sacrificare qualcosa di vecchio. Per rispondere positivamente a questa chiamata dovremo anche diventare consapevoli delle nostre paure, preoccupazioni e ansie, e non dobbiamo affatto essere risparmiati da tali emozioni, perché fanno parte di noi, anzi dobbiamo riconoscerle per poterle gestire. C’è sempre del rischio in ogni chiamata di Dio, ma anche liberazione e crescita, se sappiamo rispondere adeguatamente.
La vocazione individuale
Molt* ammirano suor Jeannine Gramick, cofondatrice di New Ways Ministry, che da quasi cinquant’anni porta avanti il suo ministero LGBTQ nella Chiesa Cattolica; alcun* vedono in lei una profetessa, una donna che ha fatto qualcosa di straordinario, eppure suor Jeannine non era partita con l’idea di essere coinvolta nel mondo LGBTQ, anzi, aveva in mente qualcosa di molto diverso. Ma un giorno sentì una chiamata.
In che senso? Ecco il suo racconto: “Nel 1969 cominciai a studiare all’Università della Pennsylvania per un dottorato che mi avrebbe permesso di insegnare matematica all’università. Avevo già conseguito una laurea, e da alcuni anni insegnavo matematica all’Università di Notre Dame del Maryland, quando alcuni fatti accaduti all’Università della Pennsylvania cambiarono il corso della mia vita.
“Un giorno un sacerdote che prestava servizio nel campus mi invitò alla celebrazione eucaristica in casa di un parrocchiano. Dopo la Messa un giovane di nome Dominic mi si avvicinò per parlarmi, e poco a poco mi svelò il segreto della sua vita. Dominic sapeva da sempre di essere diverso. Si sentiva molto vicino a Dio e alla Chiesa, e dopo il liceo era entrato in una comunità francescana; dopo poco tempo però ne era uscito, perché pensava che la sua omosessualità fosse incompatibile con la vita religiosa. Mi disse di aver provato più volte a diventare eterosessuale, ma senza riuscirci: continuava a sentirsi romanticamente attratto dagli uomini. Lo aveva detto ai suoi genitori, italiani e cattolici, che però non avevano fatto altro che lamentarsi di avere un figlio ‘finocchio’, e lo avevano cacciato di casa. Rifiutato dalla sua famiglia, dalla sua Chiesa e dalla società a causa del suo orientamento sessuale, Dominic frequentava la parrocchia episcopale di Santa Maria ‘Perché la Chiesa Cattolica non mi vuole’.
“Mi chiese ‘Cosa fa la Chiesa Cattolica per aiutare i miei fratelli e le mie sorelle omosessuali?’. Disse poi che la Chiesa stessa contribuiva ai suicidi delle persone omosessuali, invece di prevenirli, a causa delle sue prese di posizione in campo morale. Cosa faceva la Chiesa Cattolica per cercare di fermare la violenza dei pestaggi e degli assassinii? Non seppi rispondergli.
“Ci mettemmo d’accordo per organizzare una celebrazione eucaristica nel suo appartamento per i suoi amici cattolici. Il ricordo di quella serata è impresso per sempre dentro di me. Ero nervosa, non sapevo cosa sarebbe successo, e avvertivo l’apprensione degli amici di Dominic. Dopo le presentazioni di rito, iniziò la Messa.
“Quegli uomini, nati cattolici, che da piccoli assistevano devotamente alla Messa e recitavano il rosario, si sentivano estraniati da quella Chiesa che aveva modellato i loro valori e le loro convinzioni religiose. Volevano sentire il conforto di un rituale che li accogliesse, e quella sera io e il sacerdote li accogliemmo. Riuscivo a percepire la loro gioia e la loro eccitazione, vedevo le lacrime di gioia di uno di loro, che teneva stretto il suo rosario. Più tardi mi disse che anni prima era stato cacciato dal confessionale e informato che sarebbe finito all’inferno. Quella serata era stata un balsamo per lui.
“Anche gli altri omosessuali lì riuniti si sentivano sulla via della guarigione dall’estraniamento e dalle ferite. Quelle poche ore in casa di Dominic sono stati dei momenti santi, che hanno permesso a quelle persone di ricongiungersi alla Chiesa che amavano e che li aveva tenuti a distanza per anni, decenni. Continuammo a incontrarci ogni settimana per l’Eucarestia: c’era sempre più gente, e sempre più guarigioni.
“Quella serata cambiò anche me. Dio, che mi aveva chiamata quando avevo sette anni, ora mi stava offrendo una nuova vocazione, un nuovo ministero. Dio aveva fatto entrare Dominic e i suoi amici nella mia vita per una ragione profonda: la mia Chiesa non agiva da casa spirituale in cui Dominic e i suoi amici potessero sentirsi accettati. La Chiesa non proclamava la verità che le persone gay e lesbiche sono figli e figlie amat* da Dio. Continuava a risuonarmi nelle orecchie il ritornello costante di Dominic: ‘Cosa fa la Chiesa Cattolica per aiutare i miei fratelli e le mie sorelle omosessuali?’. Dominic è morto di AIDS nel 1993, ma il suo ‘Perché non fa qualcosa?’ è divenuto l’invito che Dio mi ha rivolto, e che mi ha trasformata in un’attivista per le persone LGBTQ, e questo per cinquant’anni”.
La vocazione, per suor Jeannine, è venuta attraverso un’amicizia con un giovane gay, un qualcosa che all’inizio non aveva né cercato, né sperato, né previsto, ma che è arrivato, e lei ha risposto in modo semplice e pratico. Quei primi passi hanno portato a passi ulteriori, e a nuove chiamate.
La storia della vostra vocazione: riflettere e scrivere
La storia della vostra vocazione è probabilmente stupefacente e quotidiana come quella di suor Jeannine: niente angeli con la tromba, solo una semplice reazione alla gente e alle situazioni della vita, e la disponibilità ad allargare i propri orizzonti.
Vi invitiamo a esaminare la lista di nove domande e di rispondere alla luce della vostra esperienza. Sarebbe bene rispondere a tutte, ma magari una, due o tre risuonano in voi così fortemente da voler soffermarvi solo su quelle. Vi chiediamo, attraverso queste domande, di scrivere la storia della vostra vocazione, in modo analogo a quanto ha fatto suor Jeannine.
Come tutti gli esercizi di scrittura di questo corso, ciò che scriverete sarà solo per voi e per chi vorrete.
Vivere la chiamata alla pastorale LGBTQ
Alcune domande per riflettere, progettare e scrivere il vostro diario
1. Come avete sentito la vostra vocazione? Attraverso qualcosa che avete letto, o qualcuno che avete incontrato? L’avete sentita durante un momento di preghiera o di nuova consapevolezza?
2. Quali sono le persone coinvolte nella vostra personale vocazione? In che modo vi hanno sostenuto, o fatti diventare consapevoli della vostra vocazione? Vi hanno detto qualcosa in particolare?
3. Per quali fasi è passata la vostra vocazione? Cosa avete provato in ognuna di queste fasi? Se in prima battuta non l’avete riconosciuta come una chiamata, cosa pensavate che fosse? Una coscienza sporca, un concetto sbagliato, una fuga? Come avete fatto a riconoscere che era una chiamata?
4. Che ruolo ha avuto la vostra comunità di fede? È stata d’aiuto o d’ostacolo? Chi vi ha sostenuto nel vostro ministero? Chi vi dà forza per crescere?
5. Quali emozioni provate quando pensate a Dio che vi chiama al ministero?
6. Quali sono, realisticamente, i vostri limiti? Quanto sono radicati? Ci sono dei limiti o delle costrizioni di cui vorreste liberarvi?
7. Frederick Buechner, scrittore e predicatore cristiano del XX secolo, ha scritto: “Il luogo in cui Dio ti chiama è quello in cui si incontrano la tua profonda letizia e la profonda fame del mondo”. Come si incontrano queste due cose quando pensate al ministero LGBTQ?
8. La scrittrice cristiana Anne Lamott ama dire: “Dio ti ama così come sei […] e ti ama troppo per permetterti di rimanere così come sei”. Quali sfide implica la vostra vocazione? Quali rischi dovete correre per crescere? Come vedete la vostra crescita?
9. Ci sono delle immagini, dei simboli, dei santi, dei passi biblici o altre storie sacre che riflettono la vostra vocazione, e quali?
* Questo post è il primo di una nuova serie di New Ways Ministry, Next Steps: Developing Catholic LGBTQ Ministry (I prossimi passi: per lo sviluppo della pastorale cattolica LGBTQ). Tutto il materiale presentato in questa serie appartiene all’associazione New Ways Ministry (Stati Uniti), e può essere utilizzato per scopi pastorali ed educativi citando New Ways Ministry come fonte.
** Francis DeBernardo lavora per New Ways Ministry dal 1992, prima come volontario poi, a partire dal 1994, come membro dello staff; dal 1996 è direttore esecutivo. Propone iniziative riguardanti cattolicesimo e tematiche LGBT nelle parrocchie, nelle diocesi, centri conferenze, università e comunità religiose in tutti gli Stati Uniti. È autore del libro Marriage Equality: A Positive Catholic Approach (Il matrimonio omosessuale. Un punto di vista positivamente cattolico). È redattore e autore di Bondings 2.0, blog quotidiano di notizie e opinioni sulle tematiche LGBT nella Chiesa Cattolica. Suoi articoli sono apparsi nelle riviste The National Catholic Reporter, Commonweal, The Advocate e The American Catholic. È stato l’oratore di punta alla conferenza su religione e tematiche LGBT tenutasi al primo World Pride di Roma nel 2000; è intervenuto anche alla conferenze interfede in occasione del World Pride di Londra nel 2012.
Testo originale: Next Steps: Experiencing the Call to LGBTQ Ministry