Moia, Simonelli e Geraci si confrontano su “chiesa e omosessualitá” al tempo di Papa Francesco
Annotazioni di Innocenzo Pontillo* de “La tenda di Gionata”
“Contro l’omofobia le norme già ci sono”, così titolava l’Avvenire l’11 giugno 2020, dando notizia del comunicato della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) che prendeva posizione contro la legge per combattere la violenza dell’omofobia, legge peraltro non ancora approdata in Parlamento.
Un comunicato che ha suscitato numerose lettere di sconcerto da parte di tanti genitori cattolici con figli LGBT e dei cristiani LGBT (v. Adista Notizie n.25/2020), che si sono chiesti il senso di questa presa di posizione dopo i vari documenti sinodali che hanno voluto “ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare «ogni marchio di ingiusta discriminazione» e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza. … affinché coloro che manifestano la tendenza omosessuale possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita” (Amoris Laetitia, n.250)
Una situazione che ha inevitabilmente influenzato l’incontro-dibattito, tenutosi online il 18 giugno 2020, su “Chiesa ed omosessualità, un’inchiesta alla luce del magistero di Papa Francesco” (editrice San Paolo, 2020, pagg. 206), libro che raccoglie una serie di interviste realizzate dal giornalista di Avvenire Luciano Moia con esperti di pastorale, teologi, psichiatri, psicoterapeuti e studiosi di scienze umane con l’obiettivo di capire come e se la Chiesa italiana ha recepito la sollecitazione di papa Francesco sull’accoglienza pastorale delle persone omosessuali.
Un libro a più voci in cui si confrontano sul tema: Maurizio Faggioni, Stefano Guarinelli, Pier Davide Guenzi, Paolo Rigliano, Victor de Luna, Damiano Migliorini, Giovanni Salonia, Cristina Simonelli, Maurizio Chiodi, Lucia Vantini, Roberta Rosin, Aristide Fumagalli e Gianni Geraci, facendo emerge così l’esigenza di ripensare nella chiesa cattolica i modi e le forme di un’accoglienza che non può ignorare l’identità e i bisogni specifici della persona LGBT.
Un testo che, come ha ricordato Luciano Moia nel corso del dibattito online, “nasce come idea proprio durante i sinodi sulla famiglia” che hanno fatto le prime “considerazioni sulla necessità di aprirsi all’accoglienza pastorale delle persone omosessuali”.
Nel corso della discussione Cristina Simonelli, presidente del Coordinamento delle teologhe italiane, ha voluto ricordare che “c’è qualcosa che non va” se oggi, nella chiesa cattolica, “per parlare di una realtà così importante (come l’omosessualità) ci vuole coraggio”. “Sarebbe bello poter parlare”, di questi temi, “a partire dalla gioia, dall’amore, dagli affetti e dalle vite condivise. Ed è un vero peccato che ne dobbiamo sempre parlare invece dal punto di vista del coraggio che ci vuole”.
Gianni Geraci del Guado, gruppo su omosessualità e spiritualitá di Milano, nel corso del dibattito ha ricordato che purtroppo “…. nella chiesa cattolica per tanto tempo chiunque affrontava il tema dell’omosessualità veniva, e viene tuttora, accusato di essere un fautore del gender o di portare avanti l’omosessualismo, con un linguaggio di una violenza esasperante. Allora a questo punto la domanda è questa: la chiesa vuole o non vuole essere cattolica? Perché se vuole essere cattolica deve avere posto per tutti. Ecco perché io nel mio intervento (nel libro “chiesa e omosessualità” di Luciano Moia), ho voluto sottolineare il fatto che già nel magistero corrente c’è posto per tutti e questo bisogna riconoscerlo e valorizzarlo. Il catechismo dice che gli atti omosessuali non possono essere approvati, ma io sto lavorando da tanti anni con gli omosessuali credenti per insegnare loro a andare avanti con la loro vita, a testimoniarla, a esser visibili senza chiedere l’approvazione di chi non può approvare questi atti. Perché al di sopra dell’approvazione del clero, al di sopra dell’approvazione dei vescovi e del Papa, come diceva John Henry Newman (21 febbraio 1801-11 agosto 1890) c’è l’approvazione della nostra coscienza”.
Luciano Moia, quando gli è stato chiesto “quanti vescovi hanno accolto l’invito ad aprire le porte a un percorso o a dei percorsi per le persone omosessuali?”, ha fatto notare che sono “pochi ufficialmente, ma tanti (i vescovi in Italia) che lo hanno fatto in forma non dichiarata, dando spazi e incaricando sacerdoti. Pensare che, improvvisamente, dopo le parole del Papa tutte le diocesi d’Italia potessero istituire un ufficio per l’accompagnamento pastorale delle persone omosessuali è qualcosa che non fa parte del DNA della chiesa. Ma forse è anche giusto così, è giusto scoprire che scopriamo pian piano la verità del Vangelo, verità che pochi anni prima non conoscevamo”.
Geraci Geraci ha ricordato che “noi abbiamo un sogno, che i nostri gruppi cristiani omosessuali si sciolgano, che finisca qualunque pastorale specifica per le persone omosessuali, che le persone omosessuali possano essere visibili nelle parrocchie ed integrate nei percorsi pastorali ordinari”. Però “è anche vero che se parlare nella chiesa di omosessualità pubblicamente richiede coraggio, dimostra che nella chiesa c’è un problema. Ed è un problema forte, perché se bisogna avere coraggio per seguire il Vangelo allora a questo punto c’è qualcosa che non funziona. Papa Francesco ha finalmente cambiato il paradigma, non abbiamo più una chiesa che si chiude per paura di quello che succede fuori, ma abbiamo la chiesa che si preoccupa di quello che succede fuori.
Però a questo punto, questo passaggio potrà diventare definitivo nella misura in cui si incomincia a chiarire la natura di certi discorsi e di certi atteggiamenti, perché chi vede la chiesa cattolica come una congrega di buttafuori, e lo dico con tutta la carità cristiana che ci vuole, non è cattolico, non è universale. Non ha un’idea cattolica della fede, ha un’idea settaria della fede, la chiesa cattolica non è il suo posto a meno che la chiesa cattolica non tradisca la sua natura”.
“Ma arriverà mai il momento in cui la chiesa istituzione, quando si troverà a parlare di omosessualità interpellerà direttamente le persone omosessuali?” A questa domanda, partita dal pubblico collegato online, ha voluto rispondere Moia citando le parole che il cardinal Zuppi ha usato nella prefazione al libro “Chiesa e omosessualità”, perché solo “quando nelle nostre comunità cominceremo davvero a guardare le persone come le guarda Dio, allora anche le persone omosessuali – e tutti gli altri – cominceranno a sentirsi, naturalmente, parte della comunità ecclesiale, in cammino”.
Hanno concluso il dibattito le riflessioni di Geraci che ha ricordato che “rispetto agli anni del concilio, quando gli omosessuali avevano paura di essere visibili, adesso le cose sono molto cambiate, gli omosessuali sono visibili, gli omosessuali ci sono. Si può non fare i conti con questa complessa esperienza, ma io spero che le cose possano cambiare, perché su questo cambiamento si gioca veramente la capacità della chiesa di essere se stessa. … Un giornalista mi faceva osservare che tutti i conclavi si svolgono sotto uno dei contributi più originali che un omosessuale dichiarato ha dato alla storia della chiesa, che è la volta della cappella sistina di Michelangelo. Effettivamente secondo me privandosi del genio omosessuale la chiesa rinuncia a tanto. La chiesa, se si iniziasse veramente a confrontarsi con gli omosessuali sarebbe una chiesa più capace di parlare a tutti, non solo agli omosessuali”.
* Innocenzo Pontillo è volontario dell’associazione La Tenda di Gionata, fondata nel 18 marzo 2018, su sollecitazione di don David Esposito, un prete prematuramente scomparso, che “sognava” che le nostre comunità cristiane sapessero “allargare la tenda” (Isaia 54) per fare spazio a tutti, diventando così “sempre più santuari di accoglienza e sostegno verso le persone LGBT e verso ogni persona colpita da discriminazione”.