La mia identità trinitaria: essere bianca, cattolica e queer
Testimonianza di Allison Connelly* pubblicata sul sito dell’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 7 giugno 2020, liberamente tradotta da Silvia Lanzi
Il 7 giugno i cattolici celebrano quest’anno la festa della Santissima Trinità. Onoriamo cosi il mistero di tre persone – il Creatore, Cristo, e lo Spirito Santo – in un solo Dio. Ma sembra difficile, e persino irrilevante, tentare di “celebrarla” provando rabbia e dolore per gli omicidi di George Floyd, Breonna Taylor, Tony McDade e David McAtee.
Oggi, 7 giugno 2020, è anche la prima domenica del mese del Pride. Celebriamo la rivolta di Stonewall, sigillo del movimento del Pride, guidato dalle donne di colore trans che distrussero i mezzi della polizia.
Non posso tralasciare i punti di contatto tra Stonewall e le rivolte in corso negli Stati Uniti, durante le quali gli attivisti incendiano i distretti di polizia e distruggono statue di suprematisti bianchi, in risposta a secoli di violenza di Stato.
Questa mi sembra la giornata più opportuna per riflettere sulla mia identità trinitaria, dal momento che sono, insieme queer, cattolica e bianca.
In questa riflessione preferisco focalizzarmi su due delle “persone” preferite della mia identità trinitaria: il mio essere queer e il mio cattolicesimo.
Trovo che i cattolici queer bianchi (me inclusa) si concentrino spesso sul loro status di “oppressi” – sia dentro che fuori dalla Chiesa Cattolica istituzionale – invece che sullo status di “oppressori” di persone di colore, o di “fautori” della violenza della supremazia bianca. Ma il mio essere bianca è indiscutibilmente una terza “persona”.
Non posso disimparare la supremazia bianca – cosa che richiederà tutta la vita – senza capire che il colore della mia pelle, con tutto quel che ne consegue, è una parte fondamentale di ciò che sono.
La mia esperienza di essere queer e bianca è completamente diversa da quella di essere una persona di colore – specialmente se queer or trans – negli Stati Uniti.
Come persona bianca e queer ho beneficiato in modo significativo della rivolta di Stonewall: grazie a ciò che hanno fatto le persone queer e trans di colore posso sposare la mia fidanzata (cosa che farò in agosto).
Ma la sicurezza di cui godo come persona queer e bianca non riguarda le persone queer di colore: solo la settimana scorsa è stata attaccata Iyanna Dior, una donna trans nera, e Tony McDade, un uomo trans nero, è stato ucciso dalla polizia.
È compito mio, e di tutte le persone queer bianche, solidarizzare con il movimento Black Lives Matter, perché le persone di colore che ci hanno regalato i diritti LGBTQ non sono ancora al sicuro.
Quando guardo alle letture di oggi per avere un’intuizione su quello che sta succedendo, mi accorgo che riflettono le storie migliori e quelle peggiori che sto ascoltando proprio ora.
La prima lettura ci offre la descrizione di un Dio “lento all’ira e ricco di grazia”. Pochi giorni fa ho sentito queste parole in bocca a liberali moderati che chiedevano la fine delle azioni di resistenza messe in atto dal movimento nero.
Questo appello ad essere “lenti all’ira” ignorare i secoli di violenza commessa negli Stati Uniti contro le persone di colore. Quanto dobbiamo aspettare ancora che qualcuno sia “lento all’ira”? Le proteste, la redistribuzione di proprietà aziendali e la rabbia sono tutte risposte comprensibili ad una oppressione sistematica.
Rifiuto questo appello ad un falso senso di “benevolenza”, che sostanzialmente serve a consolare i bianchi e ad estendere i privilegi degli oppressori.
Nel Vangelo sentiamo una chiamata più radicale: la chiamata alla vita eterna. Mi sono arrovellata il cervello a proposito del “paradiso”: esiste davvero la vita dopo la morte?
Ma ora, ricordandomi di tutte le morti e le violenze nel mondo, la promessa della vita eterna suona non solo ragionevole, ma anche urgente. Voglio la vita per George Floyd, e la voglio in questo mondo, non nel prossimo. E lo stesso voglio per Breonna Taylor e Ahmaud Arbery, e per ogni persona di colore uccisa dalla supremazia bianca. Gesù è venuto “non per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui”. Sono pronta per la salvezza e la liberazione di tutte le persone.
Non possiamo aspettare ancora a lungo la vita eterna. Dobbiamo portarla nel mondo ora, anche se questo significa essere pronti ad arrabbiarsi contro l’ingiustizia.
Perché la salvezza arrivi, devo imparare ad accettare la mia identità trinitaria tutta intera: queer, cattolica e bianca, perché ogni singola parte fa di me quel che sono. I miei predecessori queer insegnano che danneggiare proprietà e combattere contro la polizia può innescare un cambiamento rivoluzionario. I leader del movimento nero provano la stessa cosa oggi. I miei predecessori cattolici mi hanno insegnato che la mia fede mi chiama a scegliere chi è vulnerabile.
Ora come ora, questo significa più l’appoggio a Black Lives Matter che il confortare i privilegiati. Il mio essere bianca significa che non posso ignorare il modo in cui i miei antenati hanno rafforzato la supremazia razziale, che oggi influenza la mia risposta alla violenza della polizia.
Il mio essere queer, il mio cattolicesimo e la mia comprensione della Trinità mi chiamano ad agire contro la supremazia bianca. Questa settimana il mio sforzo per la liberazione e la vita eterna di ogni persona si concretizza nel donare qualcosa ai fondi di mutuo soccorso di Minneapolis e di tutto il Paese.
Ho avuto, con famiglia ed amici, discussioni difficili su come disinnescare la nostra supremazia bianca interiorizzata.
Come si concretizza il tuo contributo? Quali sono le parti della tua identità a cui ti aggrappi, e quali quelle che preferisci trascurare? In che modo hai lasciato subito campo libero alla rabbia contro l’ingiustizia?
Mentre invito voi e me a riflettere su queste cose, prego che io e le altre persone queer cattoliche rimangano salde nella tradizione che ci esorta ad operare per la giustizia, e che il Creatore, Cristo e lo Spirito Santo ci aiutino a disinnescare la supremazia bianca, qualunque forma possa prendere.
* Allison Connelly si è diplomata all’Union Theological Seminary studiando gli approcci liberatori alla teologia della disabilità. Si identifica come queer, disabile, cattolica e membro della United Church of Christ, ed è coautrice di Dear Joan Chittister: Conversations with Women in the Church.
Testo originale: Queer, Catholic, and White: My Own Trinitarian Identity