I genitori cristiani con figli LGBT. Profeti di una società e di una chiesa nuova
Riflessioni di Mara Grassi e Agostinello Usai[1]
“Non è ciò che capita, ma come reagisci a ciò che capita che costituisce la sostanza della tua vita”. Queste parole che abbiamo ascoltato dal vescovo Derio Olivero dopo la sua guarigione dal Covid ci hanno fatto pensare alla nostra vita.
Certo che a noi, genitori credenti, ci è capitata grossa con un figlio omosessuale. “Il Signore si diverte a scombinare le carte” affermava Giovanni, un papà, all’assemblea dei soci della Tenda di Gionata, il 31 maggio scorso, cercando di esprimere con un sorriso il profondo sconvolgimento e la sofferenza che invece travolge la famiglia alla scoperta dell’omosessualità di un figlio.
È il momento in cui tutto viene messo in discussione, il cammino che hai fatto fino ad allora, le relazioni in casa e fuori, anche la tua fede e l’appartenenza alla Chiesa. È il momento in cui non sai cosa fare, allora, non senza fatica, cerchi di fidarti di Dio e di mettere la tua vita nelle Sue mani. È Lui che ti ha dato tuo figlio e te lo ha dato così, è questo il Suo progetto sulla tua vita, la Sua Parola per te.
Allora quelle parole del Vangelo di Matteo “Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 10,39) acquistano un nuovo significato. C’è un perdere e un trovare. Per trovare devi accettare di perdere, sembra una follia. Il perdere lo capisci bene, perdere le tue sicurezze, un cammino tracciato con chiarezza dalle norme della Chiesa, ma per trovare cosa? Ti senti come il naufrago, non riesci ad abbandonare la nave che affonda, ma ti rendi conto che è l’unico modo per salvarti, devi saper andare oltre abbracciando il rischio di vivere.
E Dio sa ricompensare ogni atto di fede, ogni atto di apertura. Noi lo abbiamo sperimentato e la scialuppa di salvataggio che ci ha mandato è stato l’incontro con gli altri genitori di figli LGBT che ci ha permesso di costruire nuove relazioni per condividere la vita e riscoprire il senso di Comunità.
Per tanto tempo abbiamo pensato che le parole di Gesù: “Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me” (Mt 10,38) si riferissero alla sofferenza di avere un figlio gay che con rassegnazione dovevamo accettare. Invece il cammino che stiamo facendo con 3volteGenitori[2], la rete dei genitori cattolici con figli LGBT, ci ha fatto capire che “Gesù vuole che seguiamo le sue orme andando come lui di volto in volto, di accoglienza in accoglienza, toccando piaghe e spezzando pane” (Ermes Ronchi). È questo che dovevamo trovare: capire che solo accogliere genera vita e futuro.
Nel secondo libro dei Re si parla dell’incontro del profeta Eliseo con la Sunammita (2 Re 4,8-11), questa lo accoglie e gli prepara una “piccola camera al piano di sopra”. È l’immagine della profezia, del punto di vista diverso, il punto più alto da cui guardare la storia. Accogliere i nostri figli con la loro diversa capacità di amare, ci ha donato occhi nuovi. “Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta” (Mt 10, 41). E come alla Sunammita anche a noi il Signore sta donando benedizione e fecondità, nei nostri figli e in tanti altri figli e figlie che ci rendono “3volteGenitori”[3].
Papa Francesco dice che la Chiesa ha bisogno di profeti, di uomini di speranza che sanno anticipare il cambiamento. Mai come in questo momento in cui dalla Chiesa arrivano tanti segnali di chiusura, sentiamo che dev’essere il nostro compito. “Il profeta è un pugno di luce gettato in faccia al mondo, è un uomo libero, un collezionista di pietre scartate con cui traccia un nuovo cammino” (don Luigi Verdi).
È ciò che abbiamo potuto sperimentare insieme ai genitori cattolici con figli LGBT del gruppo Davide di Parma e alle “Famiglie in cammino” di Bologna lo scorso anno partecipando come “libri viventi” al Festival Francescano[4].
Ci siamo sentiti immersi in quel “fiume di gioia” di cui parla papa Francesco nell’Evangelii Gaudium (EG 74). “Sognate anche voi insieme a me questa Chiesa”. Una Chiesa in cui si passi dal paradigma del peccato a quello del cammino, dal paradigma della legge a quello della persona.
Una Chiesa che non attende, ma va incontro, che sa curare le ferite e riscaldare i cuori, che sa piangere ed accarezzare invece di rinchiudersi nelle norme. Una Chiesa autorevole, non per la dottrina, ma per la misericordia, per la quale di non negoziabile c’è solo l’uomo, come per Dio lo sono solo i suoi figli.
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[1] Mara Grassi e Agostinello Usai di Sant’Ilario d’Enza (RE) sono genitori di un giovane omosessuale ed hanno raccontato la loro esperienza nel libro “Genitori fortunati”, che può essere scaricato gratuitamente da qui. Sono animatori della rete 3volteGenitori, vice presidenti dell’associazione “La Tenda di Gionata” e partecipano al cammino del gruppo Davide di genitori cattolici con figli LGBT di Parma e del gruppo parrocchiale per cristiani LGBT e i loro genitori di Reggio Emilia.
[2] 3volteGenitori, è la rete che unisce i genitori cristiani con figli LGBT e i loro familiari, nata “perché nessun genitore cristiano si senta mai solo nell’affrontare la scoperta dell’omosessualità del proprio figlio/a”. Per saperne di più basta cliccare su https://www.gionata.org/3voltegenitori
[3] “Si diventa genitori la prima volta alla nascita di un figlio/a, il loro coming out ce li fa riscoprire per la seconda volta. Ma quando diventiamo consapevoli che possiamo aiutare la chiesa a essere più inclusiva con noi e loro, diventiamo genitori per la terza volta”. Cfr “Tre volte genitori. Quale pastorale per noi famiglie con figli LGBT” di Michela e Corrado Contini, genitori del gruppo “Davide” di Parma, testo letto al Convegno nazionale dell’ufficio famiglia della Conferenza Episcopale Italiana (Assisi, 11-13 novembre 2016).
[4] Innocenzo Pontillo, Al Festival francescano di Bologna. “Libri viventi” in dialogo sull’omosessualità, pubblicato sul settimanale Adista Segni Nuovi n° 36 del 19 ottobre 2019, pp.14-15