Donne da sfogliare. Le vite singolari di due attiviste lesbiche italiane
Dialogo di Silvia Lanzi con la pedagogista sociale e consulente della coppia e della famiglia Alessandra Bialetti e la scrittrice Lidia Borghi
Il movimento LGBT è fatto anche da donne – non dimentichiamo che deve parecchie cose al femminismo. Ce lo ricorda il bel libro scritto a quattro mani da Alessandra Bialetti e Lidia Borghi, uscito l’anno scorso, dal titolo “Donne da sfogliare – Le vite singolari di due attiviste lesbiche italiane” (Le Mezzelane Casa Editrice, 2019).
Le protagoniste sono Edda Billi e Maria Laura Annibali, due veterane del movimento, da sempre in prima linea per i diritti delle donne e delle persone omosessuali. Le autrici, la pedagogista sociale Alessandra Bialetti e la scrittrice Lidia Borghi, si sono prestate a questa intervista doppia.
Perché leggere il vostro libro?
Lidia: Perché offre le testimonianze preziose di due donne attiviste dei diritti civili, sempre in prima linea in difesa del femminismo e del mondo LGBT. Le lettrici e i lettori potranno scoprire le vite singolari delle due protagoniste, Edda Billi e Maria Laura Annibali, due persone al servizio del bene comune.
Si legge per conoscere, per nominare senza minare, per dare voce e vita a chi è invisibile ed è mess* all’angolo da una società che emargina anziché includere; perché le testimonianze rappresentano l’unico modo che le persone hanno per parlare di sé, senza intermediari/e, senza che qualcun* ne interpreti o travisi le parole.
Come dico sempre durante le presentazioni, questo libro va fatto girare e conoscere, perché è un piccolo gioiello, un contributo significativo alla conoscenza di un periodo storico terribile e ricco di cultura allo stesso tempo, nel quale le vicende di Edda e Maria Laura sono incastonate in modo rimarchevole; ecco, ci piacerebbe che questo saggio appartenesse a tutte le donne.
Alessandra: Leggere per conoscere, per prendere contatto con una realtà, delimitarne i confini e farne esperienza. Attraversare e abitare le vite di Edda Billi e Maria Laura Annibali rappresenta un viaggio nel loro modo di scoprirsi e viversi, di concepire la partecipazione al sociale e di respirare le lotte per il femminismo e per i diritti civili. Importante è lasciarsi permeare dalla loro storia per prendere coscienza di un modo diverso di guardare al mondo femminile e femminista, e al diritto di essere se stesse e se stessi.
Cosa vi ha spinto a scriverlo?
Lidia: Il libro prende il via da un progetto di Maria Laura Annibali, la quale desiderava che qualcun* scrivesse la sua biografia, a un’unica condizione, che la sua carissima amica Edda Billi vi fosse presente.
Ho accettato di lavorare all’idea senza pensarci un attimo; ho fatto del mio meglio per raccontarne la vita e l’attivismo, e alla fine ne è venuta fuori una lunga intervista, ricca di particolari sia personali sia di costume, che rendono merito a una donna che ha affrontato più di settant’anni di storia italiana con grande coraggio.
Alessandra: Personalmente ho accolto la proposta di Lidia come una grande opportunità di lavoro “a quattro mani”, animata da una scoperta continua e condivisa e dal desiderio di dare voce e testimonianza a uno spaccato di vita che ancora oggi spinge all’impegno, alla costruzione di un noi in cui ritrovarsi al di là di particolarismi e individualismi, alla rivendicazione di diritti civili che, se non sono per tutti e di tutti, non sono diritti.
Come vi siete divise il lavoro?
Lidia: Io mi sono occupata della vicenda di Maria Laura Annibali, e Alessandra Bialetti di quella di Edda Billi. Abbiamo registrato diverse ore di dialoghi, poi abbiamo lavorato alle sbobinature, fra tante altre cose. Un lavoro lungo e complesso. La stesura a quattro mani si è resa necessaria a causa di un grave motivo personale che non mi ha permesso di ultimare da sola il progetto, per cui ho chiesto aiuto alla mia cara amica Alessandra Bialetti, la quale ha accettato senza pensarci un attimo di occuparsi della storia di Edda Billi. Mai collaborazione fu più proficua.
Alessandra: Il libro nasce come biografia di Maria Laura Annibali, che ha fortemente voluto con sé nella narrazione la sua amica e compagna di lotte, Edda Billi. Lidia aveva già cominciato a lavorare all’intervista di Maria Laura, e io ho collaborato con il lavoro su Edda che, vivendo nella mia stessa città, ho avuto il dono di conoscere di persona, di poter fare tesoro dei suoi racconti e soprattutto della sua estrema disponibilità e umiltà.
Cosa vi ha lasciato l’incontro con due personalità forti del femminismo e della lotta per i diritti civili?
Lidia: Per quanto riguarda Maria Laura Annibali mi sono confrontata con una donna forte e tenace, che ha fatto dell’attivismo LGBT una quotidiana battaglia personale; tutte le volte che c’è da partecipare a presentazioni e convegni, scendere in piazza per protestare e per rivendicare i diritti LGBT, o per sventolare la bandiera arcobaleno in corteo ai Pride, Annibali è presente. Nulla la ferma.
Di Edda Billi mi ha appassionata la storia personale ancor prima che quella di militante femminista: ho conosciuto una donna determinata, piena di passione, che ha sempre il sorriso sulle labbra, una per la quale il noi conta più dell’io, perché per lottare contro il patriarcato bisogna essere in tante. La definizione della parola “donnità”, da lei coniata, rende conto della necessità di slegarsi dal maschile che pretende di definire il femminile; Edda stessa dice, in un punto del libro: “Ero stanca di essere definita dall’umanità dell’uomo che inglobava tutto e allora ho detto che dovevamo provare a uscire, a definirci per noi stesse, anche se questo concetto di donnità non ha attecchito molto”.
Alessandra: L’incontro con Edda ha risvegliato e rafforzato in me la dignità di essere donna che non accetta, come lei spesso dice, di essere definita da un maschile che non ha le parole per esprimere tutta la profondità dell’esperienza della “donnità”, termine coniato da lei stessa. Mi ha spinto ad approfondire la conoscenza della storia del femminismo, delle lotte che hanno condotto alle conquiste di cui oggi godiamo senza perdere di vista il focus su quanto ancora si debba realizzare.
Di Maria Laura Annibali mi rimane il percorso di vita, che potrei definire “dal buio alla luce”, dalla difficoltà di riconoscersi nella sua vera essenza e dalle paure verso un contesto sociale discriminante, al poter affermare se stessa libera da ogni giudizio e pregiudizio. Di lei conservo la forza, indomita e mai paga, che la spinge a lottare perché anche solo una persona possa viversi profondamente come tale alla luce del sole.
Nel XXI secolo il femminismo esiste ancora? Se sì, in cosa si differenzia da quello del ‘900?
Lidia: Il femminismo esiste ancora, anche se oggi si parla di femminismi; si tratta di movimenti che camminano in modi diversi, e che quindi danno vita a un panorama eterogeneo, che procede pur sempre nel solco del femminismo degli anni ‘70, senza il quale i gruppi attuali non esisterebbero. Qualcun* li ha definiti organizzazioni di rinascita neofemminista o postfemminista. Entità come “Se non ora quando” si focalizzano sulla discriminazione sociale, economica e politica delle donne italiane, mentre “Non una di meno” lavora con i centri antiviolenza, alla questione di genere, a favore dell’educazione alle differenze, della libertà di scelta e in difesa dell’interruzione volontaria della gravidanza.
Il movimento “Me Too”, che si occupa soprattutto di violenza sessuale e di molestie, anche sul posto di lavoro, ha di sicuro dato una scossa ai femminismi italiani, ma c’è la questione delle nuove generazioni: quante giovani sono disposte a impiegare parte del loro tempo a lavorare nei vari gruppi e a lottare per la loro autodeterminazione? Col passare del tempo Edda Billi ha visto sciogliersi i collettivi sorti negli anni ‘70, e si è chiesta come le ragazze di oggi possano agire per mantenere in vita i diritti che così a fatica donne come lei avevano ottenuto.
Ecco cosa dice la donna in un passaggio di “Donne da sfogliare”: “Erano la rabbia e la passione a farci scendere in piazza, ora, però, la passione è quasi spenta e la rabbia è sedata, ed è un errore, perché le giovani dovrebbero stare all’erta e prendere posizione. Purtroppo se ne accorgeranno da sole, ma devono agire per loro stesse, perché nessuno può far qualcosa per gli altri”.
Alessandra: Nel rispondere a questa domanda non posso non partire dall’esperienza di Edda, ma soprattutto dalla sua “malinconia” nel guardare alle nuove generazioni, che hanno il grande e gravoso compito di riscoprire la forza del “noi”, del mettersi insieme, di abbandonare posizioni autoreferenziali per scoprirsi unite verso lo stesso obiettivo: essere donna, con la propria peculiarità, esperienza, sensibilità, visione della vita non sopraffatta dal maschilismo e dal machismo.
Mi auguro che l’eredità di Edda, che ancora oggi con forza scende nelle piazze, non vada persa in una frammentazione del femminismo nei tanti piccoli particolarismi che fiaccano le forze e diventano preda della probabile sconfitta. Il femminismo del ‘900 era fortemente condiviso, oggi soffre di spaccature e individualismi. Non dobbiamo dimenticare che i diritti purtroppo non sono acquisiti una volta per tutte, ma da perseguire continuamente e ribadire fortemente.
Speriamo che qualcuna raccolga il testimone, perché la battaglia non è ancora finita, e servono donne – e uomini, aggiungerei io – coesi e consapevoli di sé, in grado di leggere la realtà, intuirne le problematiche e lavorare per risolverle.