Omotransfobia, perché nella chiesa cattolica si fatica ad accogliere gli omosessuali cristiani?
Lettera di don Roberto Mozzi di Milano pubblicata su Avvenire del 29 luglio 2020, pag.2
Gentile direttore, propongo alcune riflessioni a margine del comunicato della presidenza Cei del 10 giugno 2020 e del dibattito ospitato da “Avvenire” in merito al progetto di legge contro l’omotransfobia.
Da quanto si evince dal comunicato istituzionale e dalle valutazioni espresse da molti opinionisti e lettori, la Chiesa italiana teme di vedere limitata la propria libertà, sia in ambito pubblico (libertà di espressione sul piano etico, sociale, politico), sia al proprio interno (diocesi, parrocchie, scuole, associazioni, seminari, ecc.).
Nell’affrontare questo timore, non mi pare siano tenuti in sufficente considerazione un dato e un interrogativo, entrambi di natura prettamente ecclesiale:
1) la Chiesa interviene in una questione pubblica, senza mai averla seriamente affrontata al proprio interno;
2) siamo sicuri che quella libertà assoluta di opinione e di azione che la Chiesa teme di perdere, sia davvero salutare per la Chiesa stessa, ovvero sia in sintonia con il Vangelo? Se vale per i soggetti sociali (come la Chiesa), ciò che è evidente per i singoli individui, cioè che le nostre ricorrenti paure nascondono problemi che non abbiamo ancora risolto, allora forse l’emergere di questa paura così chiaramente espressa dalla Chiesa, potrebbe indicare che questo è il tempo opportuno per interrogarsi sull’origine della paura stessa.
Perché la Chiesa fa così fatica ad accogliere il fatto che al proprio interno vi siano molti cristiani praticanti omosessuali? E perché le persone omosessuali e transessuali faticano così tanto a trovarsi a proprio agio nelle comunità ecclesiali?
Perché dopo duemila anni di cristianesimo non c’è ancora pace tra Chiesa e sessualità? Consegno queste riflessioni e domande perché possano contribuire al dibattito avviato. Ringrazio e saluto cordialmente.