Il mondo delle persone transgender FtM
Dialogo di Katya Parente con Massimo Tiberio B. co-fondatore di FTM Italia
Stare male nel proprio corpo, e non perché si è grassi, si ha il naso storto o chissà cos’altro, ma perché quel corpo non ci appartiene – è sbagliato. Questa sensazione di completa estraneità si chiama disforia di genere, e a chi ne è affetto non resta che adeguare il proprio aspetto esteriore a ciò che sente dentro. Questa è la transessualità e, per approfondire l’argomento abbiamo invitato Massimo Tiberio B. co-fondatore di FTM Italia.
Che cosa significa essere transgender?
Transgender è un termine ombrello che racchiude sotto di esso tutte le sfumature di varianti dell’identità di genere che si discostano da quella cis (GenderFluid, Agender, Bigender ecc., anche se altre persone dicono che potrebbero tranquillamente stare sotto l’ombrello Queer). Ma nella lingua italiana viene usato per definire esclusivamente le persone Transessuali (FtM: da femmina a maschio e MtF: da maschio a femmina, dette anche AFAB e AMAB da chi è più in contatto con le community anglosassoni).
Chi è trans è una persona che rifiuta il proprio sesso di nascita, e questo malessere viene riconosciuto in medicina con il nome di “Disforia di genere” (DIG). Chi non si riconosce nel proprio sesso biologico può percepire questo malessere fin dall’infanzia, e nell’età adolescenziale, dove questa dissonanza tra corpo e mente si fa più evidente, con lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari.
Nel 2018 la disforia di genere viene depatologizzata (ossia: non è più ritenuta una malattia), e spostata dal capitolo dei disturbi mentali a un nuovo capitolo, sulla salute sessuale in cui è classificata come INCONGRUENZA DI GENERE. Questo è successo perché, anche se è stato approvato che non si tratta di un disturbo, deve comunque garantire le cure mediche che una persona transgender e transessuale richiede se vuole sottoporsi a un percorso di transizione.
Quali sono i passi per intraprendere la transizione?
Una volta presa consapevolezza del proprio malessere, ci si rivolge presso uno dei tanti centri sparsi per l’Italia, dove insieme a degli psicologi si inizia con le sedute individuali, e lì dove richiesto (soprattutto se la persona è minorenne) anche familiari – per accertarsi che la persona in questione abbia effettivamente la Disforia di Genere.
Dopo le sedute psicologiche ci sono anche quelle psichiatriche, per assicurarsi che la persona che si rivolge per la Disforia di Genere non abbia altre patologie mentali, tramite colloquio e test sulla personalità, ed altri che variano a seconda del caso.
Entrambe le figure devono rilasciare una documentazione dove si verifica che la persona sia disforica, e che non abbia altre patologie psichiatriche in atto.
Con questa certificazione si può andare dall’endocrinologo per la terapia ormonale sostitutiva, e da quel punto c’è la somministrazione di ormoni, sempre sotto controllo medico.
E legalmente, come avviene il cambio di sesso?
Il passo successivo dopo l’inizio della TOS (terapia ormonale sostitutiva) consiste appunto nell’iter burocratico che ci permetterà di avere l’autorizzazione da parte di un tribunale a procedere con gli interventi demolitivi. Per gli FtM si tratta della rimozione di utero e ovaie e del seno. Dopodiché, laddove la persona lo voglia, interventi chirurgici ricostruttivi (falloplastica, o metoidoplastica).
La sentenza del tribunale serve per dare il consenso per gli interventi demolitivi, visto che per legge non si possono rimuovere organi sani.
Al compimento degli interventi si arriva al cambio anagrafico sui documenti, come viene riportato nella legge 164/1982.
Solo negli ultimi 5 anni alcuni tribunali hanno rilasciato sentenze di cambio anagrafico prima o senza intervento demolitivo, grazie all’attivismo delle persone T* e alleate, che hanno giustamente fatto notare che vivere coi documenti difformi sia molto dura e che il percorso dovrebbe essere più elastico per garantire a tutte le persone di autodeterminarsi.
Anche nell’associazionismo LGBT, le persone transgender sono ai margini. Perché? Come cambiare questa tendenza?
Credo che moltissimo faccia anche l’ ignoranza stessa del mondo LGB+, in alcuni casi proprio una vera transfobia (come le varie dichiarazioni rilasciate da Arcilesbica Nazionale).
Per nostra fortuna, questa tendenza sta cambiando, e in molte associazioni donne e uomini transgender + altre soggettività fanno attivismo, ma l’ignoranza e la transfobia interna ancora c’è.
Per cambiare le cose ci vorrebbe la volontà di informarsi: cercare di avere empatia e smettere invece di vederci come lo stereotipo che da decenni ormai ci ha relegato a carne da marciapiede. Siamo molto di più, ed alcuni questo non lo sanno.
Generalmente come vengono viste le persone transgender? Chi si integra meglio? Le persone FtM o quelle MtF?
Le cronache spesso ci vedono purtroppo sempre protagonisti di fatti di cronaca nera o di siparietti televisivi di dubbio gusto, ma negli ultimi anni anche i media hanno cominciato a dare spazio alla realtà transgender, ed è una svolta in questo momento di rivalsa per quelle minoranze, come appunto quelle LGBT+.
Molte persone trans* portano a termine il proprio percorso di transizione e scelgono di vivere la propria vita in modalità stealth: ossia conducendo una vita normalissima, e non menzionando il proprio passato.
In un paese maschilista e cisnormativo, come l’Italia, una femmina anatomica che vuole transizionare al maschile è vista come un passaggio dal sesso debole a quello forte, al contrario un maschio anatomico che transizione a femmina viene visto come un debole o un feticcio sessuale.
Per questo motivo, le persone trans che si integrano meglio sono i ragazzi FTM (da femmina a maschio). Per la maggior parte di noi, il testosterone ci permette di avere un ottimo passing – ossia avere l’aspetto di uomini cisgender ed essere trattati come tali – a differenza delle donne MtF, che devono ricorrere a molto più interventi per femminilizzare il proprio aspetto, laddove gli ormoni hanno apportato meno cambiamenti.
C’è da dire che anche il concetto di passing in cui indulgono tante persone T* è discriminatorio: pensare che sia il caso di assomigliare il più possibile a un uomo o una donna cis per essere belli e validi è indice di cisnormatività interiorizzata. Ecco perché dovremmo celebrare la bellezza di ogni corpo e ogni identità di genere. In questo senso, anche la comunità transgender deve lavorare.
Ringraziamo Massimo per la sua disponibilità e chiarezza che ci ha aiutato ad avvicinarci un po’ di più all’universo delle persone transgender e ci auguriamo che questa parte dell’arcobaleno queer abbia, sempre di più, l’attenzione che le spetta.
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