Viaggio in Polonia dove si fa politica con la discriminazione delle persone LGBT
Articolo di Ian Birrell pubblicato sul sito del quotidiano Daily Mail (Gran Bretagna) il 30 agosto 2020, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro, seconda parte
All’inizio di quest’anno la Polonia è stata definita il Paese peggiore della UE per le persone LGBT da un gruppo di attivisti con sede a Bruxelles. La scorsa estate, la sfilata del Pride nella città di Białystok è stata attaccata e presa a sassate, e poi finita in violenti scontri.
Un’insegnante di Cracovia mi ha detto di non poter dire ai suoi colleghi di essere lesbica per paura di venire licenziata, anche se la sua compagna è transgender, e quindi potrebbe benissimo dire di avere un fidanzato.
La maggior parte delle persone di Tuchów con cui ho parlato non approvano la posizione dell’amministrazione comunale: “È una vergogna, non so perché un tale odio si sia diffuso in questo modo” dice Magdalena Pawlak, un’insegnante che trovo seduta vicino al municipio con la figlia Amelia, di nove anni.
Il tassista Piotr Wojtanowski dice che quasi nessuno dei suoi amici è favorevole alla posizione del governo: “C’è molto allarmismo ingiustificato sull’adozione [da parte delle persone omosessuali] e sulla sessualizzazione dei bambini. Conosco una coppia di lesbiche che vivono qui e hanno dei bambini, anche se non potrebbero, e vivono tranquille”.
Piotr ha smesso di andare in chiesa a causa della propaganda cattolica anti-LGBT: “È inaccettabile che un arcivescovo paragoni l’ideologia LGBT alla peste. Io sono credente, ma mi hanno insegnato ad amare il prossimo, non ad odiarlo”.
Gli attivisti LGBT sostengono che le veementi posizioni della Chiesa Cattolica sul tema non sono che un cinico tentativo di distrarre l’attenzione dai casi di pedofilia nel clero e dall’incapacità di affrontare il problema. Quel che è certo è che ha un ruolo la rabbia esplosa a seguito di un documentario televisivo che trattava dei preti pedofili coperti per decenni con il trasferimento ad altre parrocchie, ma ha avuto un ruolo anche la candidatura di Rafał Trzaskowski (primo sindaco di Varsavia a sfilare al Pride) alle elezioni presidenziali per il partito centrista Piattaforma Civica.
“Questo governo è piuttosto cinico: pensano di poter galvanizzare gli elettori dipingendo i diritti LGBT come un’ideologia di importazione che minaccia le famiglie polacche perbene” dice Trzaskowski, il quale afferma anche che è stato un errore usare il termine LGBT, poco famigliare ai Polacchi, invece di parlare di uguaglianza per i cittadini omosessuali e transgender: “Sono cose nuove per i Polacchi, che fanno quindi fatica a parlarne in modo informato”.
Purtroppo l’ondata populista è evidente in molti Paesi, e il partito Diritto e Giustizia non fa che sfruttare cinicamente le divisioni sociali che stanno esplodendo in molte altre democrazie, incluse la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, tra le città e le campagne, gli anziani e i giovani, i ricchi e i poveri.
La Polonia è avanzata molto economicamente dal 1989, anno della caduta del comunismo, aiutata molto da Bruxelles: ho notato, per esempio, che la strada che porta da Cracovia a Tuchów è stata finanziata dall’Europa.
Trzaskowski comunque ammette che il suo partito ha le sue responsabilità nell’aver deluso i settori della società più in difficoltà quando è stato al governo, tra il 2007 e il 2015: “Abbiamo cambiato anche troppo rapidamente il Paese. Alcuni però dicono di averne abbastanza delle élites paternalistiche che impongono di essere felici quando il divario [tra le componenti della società] è sempre più ampio”.
Come dice Nina Gabryś, capo del comitato per l’uguaglianza del consiglio municipale di Cracovia: “Abbiamo costruito dei ponti, ma abbiamo lasciato indietro chi rivoleva il suo Paese, e ora stanno pensando a loro nel modo peggiore possibile”.
Diritto e Giustizia sfrutta in modo intelligente le preoccupazioni del popolo, seguendo l’esempio del suo leader Jarosław Kaczyński, uno scaltro settantunenne che ha iniziato la sua carriera come attivista antisovietico. Kaczyński non si è mai sposato, è un ardente nazionalista, non ha mai posseduto un computer, ha aperto il suo primo conto in banca nel 2009 e si è recato fuori dalla Polonia in vacanza una volta sola, per visitare dei cugini nella vicina Ucraina. Le posizioni del suo partito su varie tematiche hanno suonato un campanello d’allarme in Europa, in particolare il suo vizio di controllare il sistema giudiziario attraverso purghe e simpatizzanti posti in ruoli chiave.
“Siamo comunque una democrazia, ma la democrazia è sotto assedio” dice Trzaskowski. C’è poi la politicizzazione dei servizi di sicurezza, la trasformazione dei media statali in organi di propaganda, le pressioni sulle organizzazioni caritative che hanno legami con l’estero e la retorica antitedesca, che comprende richieste di enormi riparazioni per i danni di guerra.
Di recente si sono registrate minacce contro i media di proprietà tedesca e lo scandalo del nuovo ambasciatore di Berlino, il cui padre era un attendente di Hitler. Afferma un eminente politico: “Mi ricordo bene il periodo comunista: a quei tempi la propaganda era molto più sottile di oggi”.
Ma la situazione polacca non è paragonabile a quella ungherese, dove l’autocrate Viktor Orbán si pone come difensore dei tradizionali valori cristiani, è fiero della creazione di uno “Stato illiberale” e disprezza le élites europee mentre i suoi ricchi compari oliano il sistema.
L’Ungheria e la Polonia mostrano la debolezza di Bruxelles di fronte alle minacce aggressive dirette ai suoi valori fondativi. Lo scorso mese le due nazioni hanno protestato contro i tentativi di Bruxelles di proteggere la legalità. Otto mesi fa il Parlamento Europeo ha condannato la discriminazione delle persone LGBT e ha consigliato al governo polacco di ritirare le dichiarazioni ostili fatte da molti comuni, tra cui Tuchów, ma la richiesta è stata ignorata.
Alla cittadina nel sud del Paese era stato negato un contributo europeo di circa 21.000 euro, ma il governo di Varsavia ha concesso al comune più del doppio di quella cifra: “Vogliamo sostenere un comune che promuove le famiglie sane e lotta contro l’imposizione dell’ideologia LGBT e gender, inculcata dalla Commissione Europea” ha dichiarato il ministro della giustizia Zbigniew Ziobro.
I tentativi falliti della magistratura di moderare il governo hanno deluso gli attivisti come Artur Barbara Kapturkiewicz, medico transgender e fondatore di un gruppo cristiano, la Fondazione Fede e Arcobaleno: “Quella gente pensa che la Polonia sia l’unico Paese con una morale, che risveglierà l’Occidente e rinnoverà i valori cristiani. Ma questa è la politica della discriminazione e della disumanizzazione, che insozza la nostra nazione”.