Comprendere la differenza: verso una pedagogia dell’identità sessuale
Dialogo di Katya Parente con il professor Federico Batini
Oggi è nostro gradito ospite il professor Federico Batini, docente, tra le altre cose, di Pedagogia Sperimentale presso l’Università degli Studi di Perugia, e autore del volume “Comprendere la differenza: verso una pedagogia dell’identità sessuale” (Armando Editore, 2011, 110 pagine).
Federico è un esperto di discorsi di genere, di cui tratta nei suoi scritti: il volume “Identità sessuale: un’assenza ingiustificata” e ricerche, come ad esempio quelle pubblicate dal sito researchgate.net reperibili sul web: “Conoscere per prevenire indagini sul pregiudizio omofobico in un campione di studenti universitari” e “Misurare l’omonegativita. Validazione italiana della Multidimensional Scale of Attitudes Toward Lesbians and Gay Man”. Sono in uscita, su questi temi, anche un volume per Franco Angeli e tre vademecum (gratuiti) per insegnanti, genitori e studenti. Direi dunque che Federico è il nostro uomo. Diamogli subito la parola, allora, e iniziamo con la prima domanda.
Se dovessi dare una definizione di omofobia, quale sarebbe?
Parlerei di tutti quegli atteggiamenti di rifiuto, esclusione, derisione, presa in giro, minaccia, violenza di qualsiasi tipo perpetrata nei confronti di soggetti ritenuti omosessuali (e non necessariamente tali), o ritenuti non congruenti con le aspettative di genere. Tecnicamente, infatti, l’omofobia non è una fobia classica, come per esempio l’aracnofobia. Una persona che è aracnofoba evita e teme i ragni. Una persona omofoba esprime la propria “fobia” in modo dannoso per i soggetti ai quali si rivolge. I comportamenti omofobici sono pericolosi perché possono avere conseguenze devastanti in chi ne diviene bersaglio e violano, nel contesto scolastico, il diritto all’apprendimento.
Perché è così difficile liberarsene?
L’omofobia si inserisce, nel nostro panorama culturale, in una più complessiva disposizione al maschilismo, e ne discende, per questo risulta così difficile liberarcene a livello sociale. A livello individuale sono le esperienze, le informazioni, le relazioni che ciascuno di noi fa che consentono di “liberarci” dall’omofobia.
Come si può prevenire efficacemente l’omofobia?
Come si può prevenire? Per prima cosa, trattando questi argomenti a scuola. Il curricolo trasversale di cittadinanza è un ottimo strumento per affrontare i diritti di tutti. Un altro lavoro utile è quello sugli stereotipi e pregiudizi. A scuola si può partire dagli argomenti del curricolo (di storia, scienze, storia dell’arte, letteratura…), che offrono molti appigli per trattare questi argomenti, oppure si può partire da elementi trasversali (diritti di tutti, stereotipi e pregiudizi, differenze di genere, differenze identitarie).
Per fare un solo esempio: un percorso di lavoro e riflessione per prevenire l’omofobia, e qualsiasi altra forma di discriminazione, può essere organizzato a partire dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che stabilisce, all’articolo 1, che “la dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata”. La medesima Carta recita, all’articolo 21: “Non discriminazione. 1. È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali”. Un approccio che io consiglio fortemente è quello di partire dalla lettura ad alta voce in classe di uno o più romanzi (ce ne sono di bellissimi) che trattino queste tematiche, per favorire poi una discussione in merito.
Come viene percepita la diversità/non conformità sessuale?
Seppure sia possibile intravvedere, nelle generazioni più giovani, una lettura diversa della differenza di orientamento, di identità di genere e qualsiasi altra differenza che intercetti l’identità sessuale o una delle sue componenti, ancora oggi, per una parte consistente degli adulti, la differenza è intesa come deviazione dalla norma. La convinzione che tutto quanto riguarda la sfera dell’identità sessuale sia dicotomico è alla base di questa non accettazione di ciò che non “rientra” nel canone definito.
L’equivoco alla base di questi posizionamenti è che sia possibile imporre agli altri le proprie convinzioni, i propri valori, i propri comportamenti.
È cambiato qualcosa dalla pubblicazione del libro (2011) ad ora?
Negli ultimi dieci anni, in Italia, abbiamo assistito indubbiamente a un doppio binario: da una parte, nella società avanzano i punti di vista e diminuiscono i livelli di “omofobia classica” (mentre fatica a calare quella che viene definita “omofobia moderna”), dall’altra, nella scuola abbiamo, senza dubbio, assistito a una retrocessione degli interventi e della formazione degli insegnanti su questi temi. Alcune associazioni hanno intrapreso una vera “battaglia” contro il “gender” (sintomatico che si usi una parola inglese, anziché il termine italiano “genere”), ritenendo che qualsiasi iniziativa che riguardi l’identità sessuale o il genere sia potenzialmente “pericolosa”. Purtroppo la scuola è rimasta invischiata spesso in queste discussioni, per cui, secondo un principio discutibile, si è evitata qualsiasi iniziativa che potesse non piacere a qualcuno. Questo approccio, che si presenta come la restituzione alle famiglie del potere di scelta, è invece una legittimazione del contrario.
Facciamo un esempio… se nella scuola dei nostri figli venisse proposta un’iniziativa in cui vengono affrontate tematiche legate a stereotipi e pregiudizi legati al genere e all’orientamento sessuale, e un’associazione di genitori facesse pressione sul dirigente scolastico per non svolgerla, in realtà starebbe così togliendo decisionalità a tutti gli altri genitori. Se infatti il genitore contrario può, in caso che il percorso si svolga, non autorizzare la presenza di suo/a figlio/a… il genitore che è invece favorevole non può, nel caso che la scuola decida di non aderire… far partecipare il proprio figlio.
Proviamo a pensare cosa accadrebbe se seguissimo questo approccio anche su altri temi…
Infine, credo che la cosa principale, per quanto riguarda il settore educativo, che è quello di cui mi occupo, sia affermare che ogni bambino e bambina, ragazzo e ragazza, abbia il diritto di andare a scuola in modo sereno e con un’adeguata percezione di sicurezza. Gli attuali livelli di omofobia e bullismo omofobico non lo consentono. Non possiamo fare finta di non accorgerci che questo è una grave violazione del diritto all’apprendimento.
Troppo spesso si dimentica che la scuola, prima di tutto, è un’agenzia di educazione “totale”, e non semplicemente un luogo dove si insegnano materie ben specifiche. I nostri insegnanti, tutti, ma specialmente quelli della scuola primaria, dovrebbero imparare – loro – l’importanza di un’azione educativa, che proponga ai propri alunni il rispetto per il prossimo. E la battaglia contro l’omofobia dovrebbe essere uno dei punti in agenda. Si tratterebbe solamente di mettere in pratica i princìpi contenuti nell’articolo 3 della nostra Costituzione.