“Tu sei prezioso ai miei occhi” anche se sei gay!
Testimonianza di Matteo del Progetto Giovani Cristiani LGBT sul ritiro online Dal buio alla luce” di sabato 26 settembre 2020
Ho avuto la gioia di partecipare all’incontro online “Dal buio alla luce” di sabato 26 settembre. È stata un’esperienza molto profonda e toccante che mi ha permesso di confrontarmi con persone provenienti da tutta Italia che vivono la mia stessa realtà. Sono sicuro che questo incontro sia stata la risposta di Dio alle mie preghiere.
Provengo da un periodo molto travagliato a causa della lotta con me stesso nella fase primaria di accettazione dell’omosessualità.
Ho 19 anni, sono “nato e cresciuto” in Chiesa e molte volte ho sperimentato nella mia vita la reale presenza di Dio. Nonostante tutto questo, da anni vivevo una profonda sofferenza interiore alla quale non riuscivo a dare un nome.
Sono arrivato a toccare il fondo e ho dovuto accettare la realtà: sono omosessuale. Questa parola nel mio immaginario era quasi una “eresia”, non perché avessi niente contro gli omosessuali (avevo diversi amici che lo erano), ma perché facendo molte ricerche su internet ho avuto la sfortuna di imbattermi in articoli che definivano l’omosessualità come un comportamento disordinato.
Ho fatto anche alcuni colloqui con una psicoterapeuta che mi diceva che l’omosessualità potesse essere curata. Per questo motivo, a causa dell’omofobia interiorizzata, ho cominciato a pensare di essere sbagliato, di essere un errore, di non essere amato da Dio. Mi sono quindi completamente allontanato dalla Chiesa e dalla preghiera. Nei pochi momenti in cui sentivo il bisogno di andare in Chiesa avevo le vertigini a causa del profondo senso di colpa che provavo nei confronti di Dio.
Durante la giornata di ritiro abbiamo avuto modo di meditare sul libro del profeta Isaia, capitolo 6. Nei miei anni di sofferenza mi sentivo proprio come Isaia, che di fronte alla visione della Maestà di Dio, disse: “Ohimè! Sono perduto, perché sono un uomo dalle labbra impure” (Isaia 6,4).
Pensavo che per me non ci fosse più speranza. Ero stato “profeta di sventura” sulla mia vita. Mi ero dimenticato dell’Amore di Dio. Pensavo che Dio fosse buono, amorevole… ma non con me. Io ero sbagliato. Non potevo essere accettato da Dio.
Dopo anni di Calvario il Signore mi ha dato la grazia di parlare con un sacerdote che mi ha aiutato ad accettarmi così come sono e che mi ha accompagnato nella fase del coming out con mia madre.
Sono stato accompagnato anche da un ragazzo gay unito civilmente (originario del mio stesso paese) e da sua madre, persone fondamentali per il mio percorso.
Durante la meditazione di Don Fausto ho ricevuto moltissime conferme. Ciò che mi ha colpito di più è stato scoprire l’Amore di Dio per me, così come sono. Ci è stato detto: “Dovete vivere la fede grazie (e non nonostante) al dono dell’omosessualità”. Ed è proprio questo quello che ho sperimentato negli ultimi mesi.
La pandemia è stata un’esperienza negativa per tutti, ma il Signore l’ha utilizzata per permettermi di riconciliarmi con la mia realtà più profonda.
“Tutto coopera al bene per coloro che amano Dio” (Romani 8,28). Ho avuto la fortuna di approfittare del tempo a disposizione per conoscere e accettare le ferite e i traumi derivanti dalla non accettazione della mia omosessualità.
Sono finalmente riuscito a sperimentare l’Amore di Dio immergendomi profondamente tra le sue braccia mediante la preghiera (che da anni avevo abbandonato). Mi rivedo molto nella figura del “figliol prodigo” del Vangelo di Luca, capitolo 15.
Il figlio più giovane “raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.”
Effettivamente ero realmente fuggito lontano da Dio e avevo sperperato tutto ciò che negli anni precedenti Lui aveva fatto per me.
“Allora rientrò in se stesso e disse: … Mi alzerò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre.
Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il padre disse ai servi:(…) facciamo festa perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.”
Mi colpisce molto il fatto che il Padre lo vide mentre era ancora lontano.
Sono sicuro che il Padre Celeste aspettasse il mio ritorno in Chiesa, tra le sua braccia, quando ero ancora lontano.
Durante l’incontro abbiamo meditato sul significato che il nostro nome ha agli occhi di Dio, che pronuncia i nostri nomi con Amore e ci ama così come siamo.
“Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni… Perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo” (Isaia 43)
Dio dice che io, proprio io (che fino a ieri mi sentivo rifiutato), sono prezioso , degno di stima e amato.
Per anni e anni ho chiesto al Signore di guarirmi dall’omosessualità; ora invece lo ringrazio per avermi creato omosessuale, perché è grazie a questa dimensione che posso essere me stesso davanti a Lui.
Avevo creato delle maschere che utilizzavo per ogni occasione e contesto che mi trovavo a vivere. Ma non ero più io. Ho imparato che il Signore ama la nostra realtà così come è proprio perché siamo stati fatti “a immagine e somiglianza di Dio” ( Genesi 1), e di conseguenza non possiamo essere “sbagliati”.
Ho imparato che non ci può essere risurrezione senza una discesa agli inferi. Il Signore è venuto a incontrarmi nella mia fragilità permettendomi di avere finalmente una profonda relazione reale con Lui, non un culto esteriore al quale mi ero abituato.
Nel momento in cui mi sentivo abbandonato da tutti e in particolare da Dio, ho sentito risuonare queste parole:
“Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato».
Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai.“ (Isaia 49)
Ora sono felice di sapere che Dio non si è dimenticato di me e ama anche la mia omosessualità.
Una parola che è risuonata molto durante l’incontro è stata “profezia”. Siamo infatti chiamati a essere “profeti LGBT” per manifestare al mondo la meraviglia di un Dio che ama i propri figli così come sono.
Ora credo realmente in un Dio vivo, perché ho sperimentato la sua presenza nella mia vita attraverso la guarigione interiore. Per anni ho pregato per essere liberato dall’omosessualità e non ho mai ricevuto risposta; nel momento in cui ho provato a presentarmi a Lui nella verità (e non con una maschera), ho iniziato a sperimentare una guarigione profonda dall’omofobia interiorizzata che era dentro me. In poco tempo ho rivoluzionato il mio modo di pensare e di vedere la vita.
Fin da piccolo mi sono sempre sentito “diverso’’ rispetto agli altri ma non ero mai stato in grado di identificare questa diversità. Il contesto culturale meridionale in cui sono nato e cresciuto non mi ha di certo aiutato.
Ho dovuto raccogliere i pezzi della mia sofferenza, delle mie “fratture” interiori. Solo nel momento in cui ho avuto il coraggio di accettare la realtà è iniziato un vero percorso di riconciliazione.
Esiste un’arte giapponese, il kintsugi, che consiste nel riunire i frammenti di un vaso rotto dandogli un aspetto nuovo attraverso le cicatrici impreziosite.
Ogni pezzo riparato diviene unico e irripetibile, per via della casualità con cui la ceramica si frantuma e delle irregolari, ramificate decorazioni che si formano e che vengono esaltate dal metallo.
Il Signore ha raccolto i pezzi della mia vita ferita, per impreziosirla. È stato bellissimo confrontarsi con persone LGBT provenienti da diverse zone d’Italia. Questo mi ha permesso di capire che non sono solo. Ciò che ha caratterizzato il mio percorso è stata proprio la solitudine. Non poter parlare con nessuno delle sofferenze che stavo vivendo è stato straziante. Sono sicuro che il Signore mi è stato vicino nei momenti di sofferenza.
Spesso siamo additati come “peccatori”. Io infatti mi sentivo sporco. Non ero in pace con me stesso e con Dio.
Poi ho capito che quando nel Prologo di Giovanni si dice: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14) significa che Gesù è venuto ad abitare nelle realtà concrete che noi viviamo, non in quelle ideali.
Non sono il “santo” che prima immaginavo di essere (con le maschere che mi ero accuratamente costruito); sono un peccatore (non in quanto omosessuale, ma per via della natura comune a tutti gli uomini) amato da Dio, e questo mi basta. Del resto Gesù nel racconto della vocazione di Matteo, nel momento in cui si trova a tavola con molti pubblicani e peccatori viene criticato dai farisei.
Il Vangelo ci racconta che “li udì e disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori». (Matteo 9)
Gesù non sopportava l’ipocrisia dei farisei, che con le proprie maschere credevano di essere giusti davanti a Dio. Per noi oggi i farisei sono incarnati dai sostenitori dell’omofobia. Sono profondamente convinto che se Gesù incontrasse un omofobo e un omosessuale, abbraccerebbe l’omosessuale mentre inviterebbe l’altro (che si crede detentore di una verità assoluta) a convertirsi: “In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio.” (Matteo 21).
Ho nel cuore il sogno di una Chiesa inclusiva, che ami e accetti tutti, senza discriminazioni perché “chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.” (1 Giovanni,4)
Vorrei tanto che nessuno soffrisse più a causa del proprio orientamento sessuale e che le terapie riparative , che tanto male fanno ancora ai nostri fratelli , fossero definitivamente abolite.
Spero tanto in futuro di poter essere uno strumento di riconciliazione per tutti coloro che vivono la mia stessa realtà.