Le persone omosessuali e la Grazia della teologia queer
Riflessioni di Terence Weldon pubblicato sul blog “Queering the Church” (Inghilterra) il 14 settembre 2012, liberamente tradotte da Adriano C.
“… la Grazia della teoria “queer” è quella che ci fa dire “dunque, invece che tollerarli e metterli sotto vetro oppure di discriminarli come fanno certi fondamentalisti, di perseguitarli e punirli, o eventualmente di ucciderli, come è già successo in passato; no, noi li invitiamo ad insegnarci qualcosa di importante su chi siamo. Infatti non è assolutamente opportuno rinchiuderli in una scatola. Invece, ci aiutano a pensare a noi stessi con una mentalità più aperta” (suor Teresa Forcades*)
L’estratto citato sopra coglie con precisione il punto della teoria queer: l’importanza di guardare al di là delle definizioni stereotipate, sull’orientamento sessuale, sull’identità di sesso o di espressione, sul sesso biologico; o di qualsiasi altra descrizione arbitraria, quali ad esempio quelle sulla razza. Con riferimento al valore della teoria queer come una “grazia”, Suor Forcades punta indirettamente al suo valore nella teologia.
Un messaggio centrale del Vangelo è precisamente quello che insegna che, come Cristo, anche noi dobbiamo trattare tutti gli uomini come uguali, senza metterli sotto vetro, o farne oggetto di discriminazione. Quindi, così come c’è “grazia” nella teoria queer, c’è la grazia anche nella teologia queer.
Il danno delle definizioni stereotipate non sta solo nel modo in cui ci rapportiamo agli altri, ma anche nel modo in cui pensiamo a noi stessi. Il punto sul quale fa perno è che un processo di socializzazione che ci costringe in scatole preconfezionate che, in un modo o nell’altro, limitano anche la nostra capacità di essere pienamente noi stessi, completamente unici. Invece, nel tentativo di conformarsi, si finisce per occultarlo. (Lei non lo dice direttamente nell’intervista, ma vorrei aggiungere che questo mentire a noi stessi e agli altri, non è sicuramente il modo in cui Dio vorrebbe che agissimo).
Il contesto specifico della citazione è tratto da un brano di una intervista molto più ampia, che si trova nella traduzione inglese in Iglesia Descalza o in catalano originale su VilaWeb, che si occupa per lo più di articoli sulla società, sul libero mercato e anche di aborto. Riporto qui di seguito in particolare, la sezione in cui le si chiede in modo specifico circa i suoi pensieri sull’omosessualità e sulla teoria queer:
Nel libro “Converses amb Teresa Forcades” (“Conversazioni con Teresa Forcades) lei adotta spesso una posizione contraria al messaggio del Vaticano. Sull’omosessualità, per esempio. Che cos’è la teoria “queer”?
“Queer” è una parola inglese. Pare che questa parola venne usata negli anni ’90 nella zona di Londra come un insulto nei confronti delle persone omosessuali. La traduzione più letterale sarebbe “creuat” (in catalano: crociato NDT) o “travessat” (in catalano: attraversato NDT) [sic]. Spiegandomi meglio, quando una persona omosessuale viene chiamata “invertito”, si intende che va in una direzione che non dovrebbe.
Alcuni attivisti inglesi omosessuali hanno preso la parola e cambiandola, l’hanno adottata come parola positiva: “sì, sì, voi ci chiamate ‘queer’ perché ‘incrociamo’ o stiamo ‘attraversando’ le categorie stabilite, le corsie stabilite. Hai assolutamente ragione, ma si scopre che, invece di essere un motivo di denuncia o di critica, è una cosa buona. Ed è una cosa che abbiamo intenzione di dimostrare in che misura è necessaria per la società”.
E necessario imparare a riconoscere queste prime tracce nelle quali ognuno di noi si suppone che si inserisca e riconoscere il danno che fa al riconoscimento della libertà specifica, al carattere, che ogni individuo ha per essere unico. Possiamo anche immaginare una socializzazione alternativa, che può essere concepita secondo alcuni potenziali unici.
Ovviamente, questo è come l’utopia di base di una persona, ma è che questo è il modo in cui pensare la socializzazione. E poi, è sufficiente che ci sia una certa inerzia nella struttura dei percorsi e non si dovrebbe saltare da uno all’altro, ecc, ma dobbiamo renderci conto che se vogliamo creare la società migliore, dobbiamo lasciare che la fiducia si apra a nuovi orizzonti fin dall’infanzia.
E allora questo può essere tradotto in canali sessuali, perché succede che la mascolinità e la femminilità possano essere vissute come etichette che determinano il comportamento nella vita adulta, oppure possono essere vissute come circostanze che consentono anche variazioni molto più grandi. E ci sono sempre state persone che non rientrano nelle definizioni stereotipate.
La cosa interessante non è solo per dire “OK, sono sempre stati così, molto bene, facciamo una piccola casa per loro e li mettiamo lì”, ma per dire “ascoltiamo, queste persone che ci aiutano a capire che in qualche modo non tutti noi ci adattiamo perfettamente alla conformità.
Quello che succede è che ci sono alcuni che sono ancora occultati. E come tali, li facciamo sembrare che non rientrano esattamente negli stereotipi di genere. “Ma ci sono persone che, sebbene lottino duramente, non riescono ad adattarsi perché sono nati in un certo modo che rende loro impossibile l’adattarsi.
Quindi, come ho detto, la Grazia della teoria “queer” è quella che ci fa dire “dunque, invece che tollerarli e metterli sotto vetro oppure di discriminarli come fanno certi fondamentalisti, di perseguitarli e punirli, o eventualmente di ucciderli, come è già successo in passato; no, noi li invitiamo ad insegnarci qualcosa di importante su chi siamo. Infatti non è assolutamente opportuno rinchiuderli in una scatola. Invece, ci aiutano a pensare a noi stessi con una mentalità più aperta”.
Una grande teoria contro la xenofobia
In realtà stavo insegnando un corso di teologia “queer” con il professor Ulrike Auga presso la scuola di teologia dell’Università di Berlino per un semestre. Abbiamo scelto la teoria “queer” e abbiamo sviluppato il dialogo sull’antropologia cristiana di base. Perché nel cristianesimo, dalle sue radici nei vangeli, troviamo una visione della persona che non permette la categorizzazione.
Perché quando Gesù ci dice “le persone sono al di sopra della legge”, alcune affermazioni si basano su questo, se si va ad allargarle, hanno una radicalità senza forzature che ci riporta ai postulati della teoria “queer”.
Se dici che una persona specifica non può superare alcuni stereotipi o aspettative sociali, devi anche e permettere alla persona di sorprendere e uscire dai canali stabiliti. E questo, lungi dall’essere qualcosa di doloroso da sopportare, è una benedizione per tutti. Perché questo è quello che si tratta, scoprire la vita con la creatività costante, con la possibilità di rifare se stessi in un modo nuovo, e uscire dalla routine, e tutto il resto.
Penso che questa sia la grazia della vita. Ci sono molte persone che oggi sono “disincantate”. Per molte persone, la vita non è molto eccitante. Fatta eccezione per alcuni momenti, quando ti innamori o hai alcune esperienze particolari. Non può essere.
Dal punto di vista cristiano, la vita è un dono di Dio ed è una fonte costante di gioia profonda. Perché? Perché di per sé, è positiva.
* Suor Teresa Forcades è una suora benedettina, una dottoressa e una teologa. Ha conseguito un dottorato sia in medicina che in teologia fondamentale, con una tesi basata sulla Trinità e il concetto di persona. E’ principalmente una teologa femminista, ma è anche conosciuta per la sua critica alle società multinazionali, alle aziende farmaceutiche e in particolare contro il vaccino all’influenza suina di pochi anni fa. Ha inoltre tenuto un corso semestrale di teologia queer presso l’Università di Berlino).
Testo originale: The Grace of Queer Theory (and Queer Theology)