Gli omosessuali cristiani e l’opzione del celibato
Articolo di Sarah Pulliam Bailey pubblicato sul sito di informazione Religion News Service (Stati Uniti) il 4 agosto 2014, liberamente tradotto da L. Martinelli, seconda parte
Riscoprire la castità
Per i cristiani la castità è una scelta migliore delle terapie di conversione, ha dichiarato Alan Chambers, che è stato alla guida di Exodus prima di chiuderne i battenti lo scorso anno.
«La castità è un concetto antico, quindi credo che sia un’ottima opzione per molti. Molte persone ne sono particolarmente spaventate», ha affermato Chambers, che è sposato con sua moglie da 16 anni. «L’unica opzione, prima, era di rimanere in assoluto silenzio, o adottare una mentalità ex-gay.»
Alcuni evangelici criticano aspramente la centenaria tradizione cattolica del celibato, afferma Wesley Hill, professore di Nuovo Testamento presso la Trinity School for Ministry, che nel 2010 ha scritto il libro Washed and Waiting (Lavato e in attesa) sull’essere gay e celibatario.
«Per loro [i cattolici] il celibato ha una lunga tradizione, come ho scoperto da evangelico. Vent’anni fa, essere gay veniva considerato come irrimediabilmente sbagliato, come qualcosa da cui mettersi in salvo o da cambiare. [Il celibato] mi ha portato a creare dei legami stretti con i miei amici, all’abnegazione e al sacrificio.»
Eve Tushnet, una trentacinquenne il cui libro Gay and Catholic (Omosessuale e cattolica) uscirà ad ottobre [2014], sta emergendo rapidamente come voce di spicco sulla sessualità e la dottrina cattolica: «Sento che ci sono numerose cose che non capisco, ma posso lottare e dubitare all’interno della Chiesa».
Eve Tushnet è cresciuta a metà via tra l’agnosticismo e l’ebraismo. Quando è diventata cattolica nel 1998, non conosceva altri omosessuali cristiani che seguivano gli insegnamenti della Chiesa sulla sessualità: «Visto che il matrimonio, ovvero la soluzione americana standard al problema del cuore umano, non è accessibile ai cristiani omosessuali, abbiamo dovuto fare i conti con la solitudine prima e in maniera più aperta di altri», ha scritto sul The American Conservative.
In uno studio del 2013 pubblicato sulla rivista specializzata Symbolic Interaction, il sociologo S.J. Creek dell’Università di Hollins ha scoperto che i cristiani omosessuali celibatari tendono ad attribuire una diversa priorità alla loro sessualità, e sono riluttanti a compromettere il loro essere cristiani.
Per alcuni, come per Eve Tushnet, la solitudine della castità è stata mitigata da comunità come la Spiritual Friendship, un blog per i cristiani omosessuali celibatari. Hill ha creato il blog insieme a Ron Belgau, che è cresciuto nella fede battista per poi convertisti al cattolicesimo a 24 anni. Belgau ha sostenuto che il celibato è stato uno dei motivi del suo avvicinamento alla Chiesa Cattolica.
«Il messaggio ex-gay era allettante, poiché in questo modo si andava a risolvere il problema e non c’era bisogno di parlarne», dice Belgau, che ha trascorso del tempo presso Courage, il ministero della Chiesa Cattolica che incoraggia la castità per i gay e le lesbiche.
«Se ci si rende conto che molte persone provano un’attrazione costante per l’altro sesso, e questo può essere tenuto segreto, come Chiesa bisogna affrontare la questione e parlarne. Tramite il messaggio ex-gay potevamo liberarci del problema e continuare con il nostro modello di famiglia tradizionale.
Denominazione e rivendicazione
La semplice presenza di persone che si identificano come cristiani omosessuali celibatari implica che altri cristiani debbano fare i conti con le diatribe teologiche, afferma Matthew Vines, autore di God and the Gay Christian: The Biblical Case in Support of Same-Sex Relationships (Dio e l’omosessuale cristiano: la questione biblica a sostegno delle relazioni omosessuali). Vines non incoraggia i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio, ma crede che i cristiani omosessuali possano perorare la causa teologica del matrimonio omosessuale.
«Si tratta di un passaggio piccolo ma significativo», sostiene Vines, gay dichiarato, relativamente ai cristiani omosessuali celibatari: «Dicono che “Non c’è niente di sbagliato in sé nell’essere gay”, e questo è un bel cambiamento».
Di fatto, questo è l’insegnamento di alcune Chiese maggiori, come la Chiesa Cattolica, la Chiesa Metodista Unita e la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni (Mormoni). L’omosessualità diventa un peccato solo nel momento in cui una persona decide di passare dalla teoria ai fatti.
Il professor Christopher Yuan del Moody Bible Institute ha replicato ai messaggi progressisti di Vines con un messaggio più tradizionale relativo al celibato per coloro che sono attratti dalle persone dello stesso sesso, come lui. Tuttavia, nella sua recensione del libro di Vines per Christianity Today, anche Yuan ha criticato le terapie di conversione: «La santificazione non implica liberarsi dalle tentazioni, ma perseguire la santità nonostante le tentazioni. Se il nostro obiettivo è quello di far diventare le persone eterosessuali, allora stiamo praticando un Vangelo sbagliato».
Alcuni cristiani usano meno volentieri il termine “gay”. Dopo il suo articolo ampiamente condiviso per la Gospel Coalition sul suo coming out come cristiano mentre lavorava per l’Entertainment Weekly, Grady Smith ha scritto un post sul fare coming out come gay di fronte ad altri cristiani. In una mail ha detto di non apprezzare il fatto di identificarsi come “cristiano gay”, e che questa etichetta non lo definisce come persona: «So che sono stato spocchioso e provocatorio, e che ho espresso [liberamente] le mie attrazioni, [ma] speravo di poter gettare ponti. Ma questo non descrive in alcun modo la vita che vivo […] e penso che molti intendano con “gay” la sfera culturale dello stile di vita sessualmente espresso come gay».
Alcuni pastori, come John Piper, un predicatore e scrittore di Minneapolis molto ascoltato, ventilano la possibilità di cambiare per coloro che sono attratti dallo stesso sesso. Alcuni cristiani si chiedono se identificarsi come omosessuale, o avere un orientamento omosessuale, siano di per sé contro la Bibbia: «La mia conclusione è che, se l’orientamento sessuale è il modello costante dell’attrazione sessuale per una persona, allora la Bibbia insegna che ambedue gli atteggiamenti sono peccaminosi».
Questo è quanto affermato da Denny Burk, professore di studi biblici presso il Southern Baptist Theological Seminary. L’affermazione in questione è stata scritta in un blog per la Southern Baptist Convention’s Ethics & Religious Liberty Commission (Commissione per la libertà etica e religiosa della Convenzione Battista del Sud).
Rosaria Butterfield, un’ex lesbica che rifiuta la definizione “ex-gay”, nonché il movimento alle sue spalle, contesta l’interpretazione di Burk dell’orientamento omosessuale: «La Bibbia non è contraria all’attrazione; è contraria all’attrazione che diventa desiderio», dichiara Butterfield, madre di quattro figli, la cui storia di conversione è diventata virale dopo la sua pubblicazione sul Christianity Today.
Nonostante lei appoggi i cristiani omosessuali, sostiene che questi non dovrebbero usare “gay” o “omosessuale” come aggettivo descrittivo: «L’aggettivo serve a modificare il nome», afferma Butterfield, che prenderà la parola alla conferenza autunnale sulla sessualità della Southern Baptist Convention’s Ethics & Religious Liberty Commission: «La nostra sessualità esiste in un continuum, il nostro essere cristiani no».
Testo originale: Gay, Christian and … celibate: The changing face of the homosexuality debate