Viaggio tra gli abusi e le torture subite dalle persone LGBT in Egitto
Dossier “Egypt: Security Forces Abuse, Torture LGBT People” pubblicato sul sito dell’associazione internazionale Human Rights Watch (Stati Uniti) il 1 ottobre 2020, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro, parte prima
La polizia egiziana, assieme agli agenti della Sicurezza Nazionale, sta arrestando arbitrariamente molte persone LGBT detenendole in condizioni disumane, regolarmente soggette a maltrattamenti, tra cui la tortura, e spesso incitando gli altri prigionieri a compiere abusi su di loro. È ormai abitudine che le forze di sicurezza rapiscano la gente dalle strade basandosi esclusivamente sulla loro espressione di genere, che tendano trappole sui social network e i siti di incontri, e che risalgano al loro numero di telefono, andando contro la legge e utilizzando i contenuti così scovati per giustificare le detenzioni prolungate delle persone LGBT.
Human Rights Watch ha documentato molti casi di tortura avvenuti sotto la custodia della polizia, inclusi pestaggi gravi e ripetuti e violenze sessuali, spesso avvenute con il pretesto di effettuare esami anali o “test di verginità”. Ai prigionieri sono stati anche inflitti abusi verbali [insulti], sono state estorte confessioni e negata l’assistenza legale e quella medica. I racconti dettagliati, incluso quello di una diciassettenne, non disponibili altrove, sono filtrate tra le maglie delle persecuzioni sempre più accanite contro i presunti comportamenti omosessuali, persecuzioni che hanno avuto inizio dopo un concerto [del gruppo] Mashrou’ Leila al Cairo, nel 2017.
Sarah Hegazy, arrestata dopo aver esibito una bandiera arcobaleno al concerto, è stata torturata dalla polizia, che poi ha incitato gli altri detenuti a picchiarla e a molestarla sessualmente. Sarah si è suicidata nel giugno 2020, mentre era in esilio in Canada. I casi documentati in questo dossier (i più recenti risalgono all’agosto 2020) dimostrano che le sevizie a lei riservate fanno parte di una serie di abusi sistematici contro le persone LGBT in Egitto.
“Sembra quasi che le autorità egiziane vogliano vincere un premio per le peggiori violazioni dei diritti delle persone LGBT nella regione, e il silenzio internazionale è assordante” dice Rasha Younes, ricercatrice di Human Rights Watch per i diritti LGBT: “La tragica morte di Sarah Hegazy avrà anche scioccato e reso solidale l’opinione pubblica mondiale, ma l’Egitto ha comunque continuato a prendere di mira e torturare le persone LGBT semplicemente perché LGBT”.
Lo scorso agosto le forze di sicurezza egiziane (probabilmente l’Agenzia di Sicurezza Nazionale) hanno arrestato due uomini, testimoni del caso di stupro di gruppo avvenuto nel Fairmont Nile City Hotel del Cairo del 2014, i quali dovevano testimoniare. I poliziotti, violando la legge, hanno cercato dati sui loro telefonini mentre li tenevano per molti giorni nella loro stazione, senza farli comunicare con l’esterno, e hanno utilizzato le foto lì trovate come prova di comportamenti omosessuali. I giudici hanno rinnovato diverse volte il loro periodo di custodia, e i poliziotti li hanno obbligati a sottoporsi al test anale, una pratica che le autorità egiziane hanno l’abitudine di usare per trovare “prove” di rapporti omosessuali, nonostante essa sia stata denunciata come “abuso” dalle leggi internazionali. I due uomini potrebbero essere perseguiti in forza delle leggi “contro i debosciati”.
Sotto il governo del presidente Abdel Fattah al-Sisi le autorità hanno lanciato ondate di arresti e persecuzioni contro le persone che, di fatto o presumibilmente, vanno contro i valori eternormativi e il binarismo di genere. I gruppi che lottano per i diritti umani hanno documentato abusi su vasta scala a seguito del concerto, tenutosi nel settembre 2017, della band libanese Mashrou’ Leila, il cui cantante è apertamente gay e le cui canzoni parlano di diversità sessuale e di genere. Durante il concerto alcuni attivisti, come Sarah Hegazy e Ahmed Alaa, hanno esibito una bandiera arcobaleno, simbolo dell’orgoglio LGBT. Molte persone LGBT egiziane, dopo l’arresto dei due uomini implicati nel caso Fairmont, hanno avuto paura che le persecuzioni si sarebbero intensificate, e hanno lasciato il Paese.
Human Rights Watch, con l’ausilio di un’associazione LGBT del Cairo il cui nome è tenuto riservato per motivi di sicurezza, ha intervistato quindici persone, incluse alcune persone LGBT arrestate tra il 2017 e il 2020 in forza delle vaghe e discriminatorie leggi contro “i debosciati” e “la prostituzione”, due avvocati che hanno rappresentato le vittime e due attivisti LGBT. Tra le vittime, una ragazza di 17 anni.
Tutte le persone intervistate hanno riferito che la polizia le ha insultate e abusate fisicamente, dagli schiaffi all’annegamento in acqua, fino a rimanere legate per molti giorni, e in nove casi ha incitato gli altri detenuti ad abusare di loro. Otto sono state vittime di violenza sessuale, e a quattro sono state negate le cure mediche. Otto sono state costrette a firmare delle confessioni. Tutte le vittime sono state detenute in custodia cautelare per periodi prolungati, in un caso fino a quattro mesi, spesso senza poter parlare con un avvocato.
Un uomo riferisce che, dopo il suo arresto al Cairo nel 2019, i poliziotti lo hanno picchiato fino a fargli perdere i sensi, poi lo hanno posto per tre giorni in una stanza buia, senz’aria, con le mani e i piedi legati con una corda: “Non mi lasciavano andare in bagno, ho dovuto bagnare i vestiti, e anche cagarci dentro. Ancora non avevo idea del perché fossi in arresto”.
Una donna ha riferito che, durante una detenzione arbitraria dopo una marcia di protesta al Cairo nel 2018, i poliziotti per tre volte l’hanno sottoposta a un test di “verginità”: “Una poliziotta mi prese i seni e li strizzò, [poi] mi prese la vagina e ci guardò dentro, [poi] mi aprì l’ano e ci mise la mano dentro, così profondamente che mi sembrava stesse tirando fuori qualcosa. Ho sanguinato per tre giorni, e per settimane non ho potuto camminare. Non potevo andare al bagno, e ho sviluppato patologie che mi porto dietro ancora adesso”.
La polizia ha obbligato tre uomini, una ragazza e una donna transgender a sottoporsi a un esame anale. Uno degli uomini ha esibito ai poliziotti la sua tessera di invalido, ma costoro gliel’hanno infilata nell’ano.
Uno degli attivisti sottolinea l’impunità delle forze di sicurezza che perpetrano tali abusi: “I poliziotti sono individui, e ognuno di loro ha una certa idea di tortura, che mette in pratica impunemente. Le uniche differenze tra le tecniche di tortura sono dovute alle preferenze personali”.
Malak el-Keshif, una donna transgender e attivista per i diritti umani di vent’anni, è stata detenuta arbitrariamente per quattro mesi nel 2019, durante i quali è stata abusata, anche sessualmente, in un carcere maschile. Nel maggio 2020 un tribunale amministrativo ha respinto l’appello presentato al Ministero dell’Interno dal suo legale, che chiedeva sezioni separate per le detenute e i detenuti transgender.
Le condizioni della detenzione possono essere dannose per la condizione fisica e mentale delle persone transgender. Human Rights Watch ha documentato più volte che le donne trans sono a rischio di aggressioni sessuali e maltrattamenti quando vengono poste in cella assieme a uomini.
L’Egitto ha più volte rifiutato gli ammonimenti, provenienti da diversi Paesi, perché mettesse fine agli arresti e alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere. Lo scorso marzo, al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, l’Egitto ha rifiutato di riconoscere l’esistenza delle persone LGBT, facendosi beffa dell’obbligo di proteggere i diritti di ogni persona, senza discriminazioni, all’interno della sua giurisdizione.
Le forze di sicurezza egiziane dovrebbero porre termine agli arresti e ai processi che intendono punire i rapporti sessuali tra adulti consenzienti, compresi i rapporti omosessuali, e i comportamenti basati sull’espressione di genere, e rilasciare immediatamente le persone LGBT che rimangono detenute arbitrariamente, ha affermato Human Rights Watch. Il presidente Abdel Fattah al-Sisi dovrebbe ordinare al suo governo di mettere fine alle torture e ai maltrattamenti da parte delle forze di sicurezza, compresi i “test di verginità” e gli esami anali.
L’Egitto dovrebbe invitare gli esperti delle Nazioni Unite per controllare la cessazione delle torture e delle altre forme di abuso, e collaborare in maniera completa con la loro missione.
Ovunque siano detenute persone transgender, le autorità dovrebbero assicurarsi che possano scegliere di stare in locali separati, riservati esclusivamente a loro; in nessun caso dovrebbero essere poste in isolamento per mancanza di alternative.
“Le forze di sicurezza, lungi dal preservarli, tengono sotto sequestro la morale e l’ordine pubblici quando arrestano qualcuno arbitrariamente e lo abusano in modo da rovinargli la vita” dice Rasha Younes “I partner dell’Egitto dovrebbero sospendere gli aiuti alle sue forze di sicurezza fino a che non vengano prese misure concrete per fermare gli abusi, in modo che le persone LGBT possano vivere libere nel Paese”.
Testo originale: Egypt: Security Forces Abuse, Torture LGBT People