In Egitto per essere arrestato basta essere gay
Dossier pubblicato sul sito di Human Rights Watch (Stati Uniti) il 1 ottobre 2020, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro, parte nona
“Hamed”, 25 anni. Hamed viene detenuto arbitrariamente tre volte, nel 2014, nel 2015 e nel 2017. Nel 2017 si trova per strada al Cairo con un amico, quando alcuni poliziotti chiedono di vedere le loro carte d’identità e i loro cellulari. Quando scoprono che i due sono già stati indagati per “debosciatezza” e “prostituzione”, i poliziotti li pestano per obbligarli a sbloccare i cellulari: “Alla stazione di polizia mi venne detto ‘Vi getteremo in pasto ai soldati, che vi stupreranno’.
Avevo una catenina attorno al collo, e quel poliziotto me la stringeva fino a farmi soffocare, fino a che si ruppe, poi mi ammanettò e mi fece inginocchiare sul pavimento. Mi picchiò con il cane del fucile, mi puntò addosso un coltello e un sacchetto pieno di droga, dicendomi ‘Te lo ficco dentro’. Sbloccai il telefono, e il poliziotto scaricò alcune app di incontri per gay, poi caricò immagini pornografiche prese a caso da Internet, dopodiché mi costrinse a firmare un rapporto”.
Il giorno seguente Hamed deve sottoporsi a un esame anale da parte di un medico forense: “Venni spogliato. Il medico forense mi inserì un oggetto nell’ano, e faceva talmente male che non potevo smettere di urlare”. Hamed dice, mentendo, di avere l’AIDS, in modo che non lo tocchino più.
Hamed rimane in carcere in attesa di processo per tre mesi in un carcere di Nasr City, a est del Cairo. I poliziotti lo picchiano ogni giorno, lo molestano sessualmente e lo insultano continuamente.
Viene condannato a sei anni di carcere, ridotti in appello a sei mesi, dopo i quali viene rilasciato e sottoposto ad altri sei mesi di libertà vigilata: “Ho ancora molti problemi, perché la polizia ha rivelato il mio caso alla stampa e l’ha postato online. Anche se le accuse contro di me sono cadute, non posso trovare un lavoro.
Non posso avere alcuna libertà nel mio Paese, perciò il mio sogno è lasciare l’Egitto, ma non potrò farlo se il mio caso non verrà rimosso da Internet e non ho soldi per pagare le bustarelle”.
Testo originale: Egypt: Security Forces Abuse, Torture LGBT People