La liberazione LGBT e la dottrina sociale della Chiesa hanno molto in comune
Riflessioni di padre Bryan Massingale pubblicato sul sito del periodico U.S. Catholic (Stati Uniti) il 14 giugno 2019, liberamente tradotte da Silvia Lanzi
Lo Stonewall Inn di New York è in una parte tranquilla di una città spesso molto vivace. Il suo interno e il suo esterno sono piuttosto banali. Non c’è nulla che mostri la sua importanza storica, tranne una targa commemorativa in un piccolo parco lì accanto. Ma quello che è successo qui cinquant’anni fa è considerato l’inizio del moderno movimento per i diritti dei gay.
Le proteste di strada e le dimostrazioni contro le molestie della polizia — guidate dai membri più marginali della comunità gay: trans e persone di colore — hanno alimentato la necessità della “liberazione gay” e ispirato lotte su più larga scala contro lo stigma sociale e per una giustizia più equa, per il riconoscimento e l’accettazione.
Pochi avrebbero potuto predire la vasta portata delle conseguenze che il tumulto ha innescato la notte del 28 giugno 1969. Per esempio, dubito che i partecipanti a queste dimostrazioni avrebbero immaginato che nel corso dei successivi cinquant’anni il loro attivismo avrebbe portato gay e lesbiche a servire apertamente nell’esercito, all’elezione di leader politici dichiaratamente omosessuali (il più recente è il sindaco di Chicago), alla legalizzazione dei matrimoni omosessuali e alla candidatura di un uomo apertamente omosessuale alla presidenza. Gli eventi di Stonewall del giugno 1969 hanno portato ad un mare di cambiamenti nella nostra comprensione della sessualità e del genere, cambiamenti che continuano ancora oggi.
Questo è il motivo per cui, in tutto il mondo, si svolgono ogni giugno i cortei del “Pride”, non solo per rimarcare gli eventi fondamentali del passato, ma anche per celebrare la vita di gay, lesbiche, trans e queer. Tutto questo rende visibile ciò che prima era nascosto.
I cristiani LGBTQ, inclusi molti cattolici, partecipano alle manifestazioni del Pride, perché l’eredità di Stonewall, per quanto riguarda l’attivismo sociale, è viva anche nella riflessione della comunità ecclesiale cattolica circa l’omosessualità e le relazioni con le persone LGBTQ, in modo quanto mai complesso. L’aumento della visibilità sociale e dell’accettazione delle relazioni omosessuali crea grandi sfide in ogni ramo della cristianità. Domande sul battesimo di figli di genitori omosessuali, l’ammissione di uomini apertamente gay al sacerdozio e alla vita religiosa, l’impiego di fedeli apertamente LGBT come insegnanti o nei diversi ruoli pastorali, la messa a disposizione di servizi di assistenza sanitaria per persone transgender, la cura pastorale dei giovani LGBTQ nei nostri programmi catechistici e sacramentali: tutti punti caldi per le tensioni irrisolte in una comunità cattolica ancora impegnata a capire il profondo mistero della sessualità umana.
Queste tensioni si sono manifestate pubblicamente durante l’ultimo Sinodo dei Giovani. In quell’occasione l’assemblea dei vescovi si è confrontata con il modo di relazionarsi con i giovani diventati maggiorenni in società caratterizzata da una maggiore diversità e visibilità sessuale. Per la prima volta nella storia della Chiesa i documenti preparatori del Sinodo hanno utilizzato l’acronimo “LGBTQ”, ma alcuni vescovi hanno messo in dubbio la decisione, chiedendosi se fosse il preludio di un’approvazione di comportamenti che la Chiesa ritiene immorali.
Il Sinodo si è concluso con la richiesta di un studio più approfondito sulla sessualità umana in tutte le sue dimensioni, una decisione salutata con cauto ottimismo da chi spera in cambiamenti significativi, e con diffidenza da chi paventa un’erosione delle credenze tradizionali.
Forse l’eredità finale di Stonewall è la convinzione che ogni persona, a prescindere dalla propria identità di genere e dalla propria espressione sessuale, è uguale alle altre persone nella sua umanità, e possiede diritti fondamentali. Questo è un valore condiviso dalla dottrina sociale cattolica e dalle sue convinzioni fondamentali: ecco perché molti cattolici partecipano pubblicamente agli eventi del Pride, e conservano il proprio posto nella Chiesa e in una comunità ecclesiale che continua a confrontarsi con le implicazioni di queste convinzioni, fondamentali per la sua relazione con le persone LGBTQ.
Testo originale: The modern LGBTQ rights movement and Catholic social teaching have plenty in common