Il punto della situazione a vent’anni dal primo matrimonio omosessuale
Articolo di Nadine Epstain e Franck Ballanger* pubblicato sul sito dell’emittente France Culture (Francia) il 29 febbraio 2020, liberamente tradotto da Chiara Spasari
Il matrimonio egualitario compirà vent’anni l’anno prossimo. Autorizzata per la prima volta nei Paesi Bassi nel 2001, l’unione tra due persone dello stesso sesso è illegale ancora in molti Paesi. Questo il quadro emerso lo scorso 29 febbraio, giorno del Gay Pride di Sydney.
Fino a vent’anni fa, il matrimonio omosessuale era vietato in ogni parte del mondo. Oggi, nel 2020, sono una trentina i Paesi ad averlo legalizzato, a cominciare dai Paesi Bassi, prima nazione a fare il grande passo nel 2001.
In ogni angolo del pianeta, nonostante divieti e repressioni, l’omosessualità rivendica pubblicamente la sua esistenza e i suoi diritti, ma sono realtà molto diverse quelle che si riscontrano nelle varie regioni. Questo lo scenario emerso questo sabato 29 febbraio, giorno della parata del Mardi Gras di Sydney, uno dei più importanti appuntamenti LGBT al mondo, che funge da Gay Pride in Australia.
Nel corso di due decenni il diritto al matrimonio per le persone dello stesso sesso è stato riconosciuto dalla maggior parte dei Paesi cosiddetti “occidentali”: in Europa, in America del Nord e del Sud, ma anche a Taiwan e in Sudafrica.
In Africa, Medio Oriente ed Asia le legislazioni continuano a reprimere l’omosessualità in quanto tale. Si rischia la pena di morte nel Sultanato del Brunei, in Iran e in Sudan. Si incorre nella detenzione – dai dieci ai quattordici anni – in Nigeria, in Libano e in Tunisia, e nel pestaggio in Malesia e a Singapore… Eppure, dal Marocco al Botswana, passando per il Giappone, Cuba o l’Ecuador, l’omosessualità, per quanto stigmatizzata, emarginata o incriminata, si sta emancipando.
Una sorta di “cultura omosessuale mondiale” si è diffusa dopo gli anni bui dell’AIDS, nel secolo scorso.
L’inizio del XXI secolo offre dunque forse una congiuntura favorevole ad una generale integrazione, nelle varie legislazioni, del principio della parità delle unioni e dei diritti, per tutte e tutti? Non è così semplice.
I pionieri europei
L’anno scorso l’Irlanda del Nord (ottobre 2019) e l’Austria (gennaio) si sono aggiunte alla lista dei Paesi europei che hanno legalizzato il matrimonio tra persone omosessuali.
Iniziata nei Paesi Bassi nell’aprile 2001, la legittimazione del matrimonio per tutti ha conquistato un anno dopo l’altro il Belgio (2003), la Spagna (2005), la Norvegia (2009), il Portogallo (2010), l’Islanda (2010), il Liechtenstein (2011), la Danimarca (2012), la Svezia (2012), il Regno Unito (2013-14), la Francia (2013), il Lussemburgo (2014), la Finlandia (2015), Cipro (2015), la Grecia (2015), Malta e la Germania (2017).
Due casi particolari: la Slovenia, dove i cittadini hanno respinto, mediante referendum, la legge adottata dal Parlamento, e la Croazia, dove gli oppositori del matrimonio omosessuale hanno vinto un referendum nel 2013.
Prima della legalizzazione del matrimonio per le coppie gay e lesbiche questi Stati avevano tutti, nel corso degli anni 1990-2000, spianato la strada accordando agli omosessuali lo status di conviventi, e il riconoscimento delle unioni civili, dal 1989 in Danimarca, poi nel 1995 in Svezia, nel 1998 in Spagna, nei Paesi Bassi (1998), in Francia (1999), in Belgio (2000), in Germania (2001, il contratto di convivenza), in Portogallo (2001), in Finlandia (2002), nel Regno Unito (2005).
La maggior parte dei Paesi europei ha seguito la corrente, ma un buon numero è rimasto bloccato a questo stadio. L’unione civile per le coppie omosessuali è stata approvata dalla Repubblica Ceca (2006), dall’Ungheria e dalla Svizzera nel 2007, dalla Slovenia, dalla Croazia e dall’Estonia nel 2014.
L’Italia ha aspettato il luglio 2016 per una legge su quello che in Francia è stato chiamato “Pacs”, patto civile di solidarietà.
Nell’Unione Europea, sei Paesi non garantiscono alcun riconoscimento alle coppie omosessuali: Bulgaria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Slovacchia.
Perché le cose cambino
Nel 2003 il Parlamento europeo aveva chiesto a tutti gli Stati membri dell’Unione “di abolire ogni forma di discriminazione (legislativa o de facto) di cui sono vittime gli omosessuali, in particolare in materia di diritto al matrimonio e di adozione”.
Diciassette anni dopo, ci si trova a constatare che non esiste un consenso europeo univoco sul matrimonio per tutti, e la Corte europea riassume:
“Che, allo stato attuale delle cose, l’autorizzazione o il divieto del matrimonio omosessuale è regolato dalle leggi nazionali degli Stati contraenti, e che la Convenzione non impone a questi ultimi alcun obbligo di rendere il matrimonio accessibile alle coppie omosessuali”.
E il Consiglio d’Europa non aggiunge alcuna disposizione contro “la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”.
A rilento
La Slovacchia, in nome della salvaguardia della famiglia tradizionale, ha modificato la sua Costituzione con la definizione del matrimonio quale “l’unione di un uomo e di una donna”. Lo stesso in Croazia, dopo un referendum nel 2013.
In Romania, un referendum volto ad inasprire il divieto al matrimonio gay è stato annullato nel 2018 per insufficienza di votanti.
Neanche in Russia le coppie omosessuali possono sposarsi, anche se non esiste un vero e proprio divieto formale. In compenso, dal 2013, è assolutamente proibito alle le coppie omosessuali straniere adottare bambini russi.
L’omofobia
La maggior parte dei governi che rifiutano le relazioni sentimentali e sessuali tra individui dello stesso sesso come libertà fondamentale dell’uomo e della donna si appellano a logiche moraliste, insane e conservatrici a sostegno della loro politica anti-matrimonio egualitario. Spesso questo va di pari passo con la xenofobia ed il razzismo, con politiche antiabortiste o pro-nataliste, anti-immigrazione o nazionaliste, antidemocratiche, che possono contare sul supporto e sui portavoce delle Chiese cattolica, ortodossa, protestante, evangelica.
Fino al 1866 in Danimarca l’omosessualità era passibile di condanna a morte, e fino al 1933 poteva essere vissuta solo in clandestinità. Lo stesso si verifica tuttora in diversi Stati.
Mappamondo iridato
In quali Paesi del mondo, oggi, il matrimonio omosessuale trova oggi riconoscimento e validità legale?
In Nuova Zelanda (2013), Australia (2018), Canada (2005) e Stati Uniti.
Solo nel giugno 2015 la Corte Suprema degli Stati Uniti ha esteso la validità del matrimonio omosessuale a tutto il territorio, dove su 50 Stati, 14 lo vietavano. Tuttavia, già nel 1971 una coppia omosessuale si era sposata negli Stati Uniti grazie a un funzionario di stato civile del Minnesota, che non aveva sollevato obiezioni di fronte a due sposi dello stesso sesso. Ma questo matrimonio non fu riconosciuto che solo dopo decenni di battaglie giudiziarie.
L’America Latina
• È Città del Messico la prima a legalizzare le unioni civili omosessuali, nel 2007. Due anni dopo è stata la volta del matrimonio, seguita anno dopo anno dalla metà dei 32 Stati messicani.
• Messico, Argentina, Brasile, Colombia, Perù e Uruguay riconoscono il matrimonio omosessuale. In Ecuador, i magistrati della Corte Costituzionale hanno approvato lo scorso giugno, con 5 voti contro 4, il matrimonio omosessuale, ma le coppie dello stesso sesso non hanno diritto ad adottare; un divieto aggiunto alla Costituzione nel 2008.
• Il Cile è rimasto ad una forma di unione civile. I senatori hanno accettato “l’idea di legiferare” su un progetto che autorizza il matrimonio tra persone dello stesso sesso. La questione del matrimonio omosessuale non era mai stata discussa in Parlamento dai tempi del ritorno della democrazia nel 1990. Nel 2015, il governo di Michèle Bachelet ha legalizzato le unioni di coppie omosessuali con l’accordo di unione civile (AUC).
• L’Uruguay, governato da quindici anni dalla sinistra, ha legalizzato nel 2012 l’aborto e nel 2013 il matrimonio omosessuale e la cannabis.
• Il Costa Rica ha ricevuto disposizione di modificare la sua legge. Nel 2018 la Corte Suprema ha dichiarato incostituzionale il divieto dei matrimoni omosesuali, e ha dato 18 mesi al Parlamento per emendare la Costituzione.
• A Cuba il matrimonio omosessuale non è stato inserito nella Nuova Costituzione in seguito al rifiuto di una parte di popolazione e delle Chiese. È previsto un referendum tra due anni.
La Corte interamericana dei diritti dell’uomo (CIDH), costituita dall’Organizzazione degli Stati americani (OAS), nel gennaio 2018 ha fatto richiesta a tutti gli Stati dell’area di legalizzare il matrimonio omosessuale.
Nell’isola del Madagascar la legge non sanziona le relazioni omosessuali, ma vieta alle persone dello stesso sesso di sposarsi o di adottare un bambino.
In Africa, la repressione è la norma. Fa eccezione il Sudafrica. Dal 2006 il matrimonio è accessibile a tutti, mentre nel resto del continente, una trentina di Paesi condannano l’omosessualità.
La shari’a come fede e legge
Nell’Africa subsahariana, in 28 Paesi su 49 la repressione dell’omosessualità si spinge fino alla pena di morte.
• In Zambia, nel dicembre 2019, due omosessuali sono stati condannati a 15 anni di carcere.
• La Nigeria ha approvato nel 2014 una legge che vieta non solo il matrimonio omosessuale, ma anche la “convivenza tra persone dello stesso sesso”. Ogni pubblica dimostrazione di “relazioni di coppia tra persone dello stesso sesso” è punibile con la detenzione dai 10 ai 14 anni.
• In Tanzania la situazione si è inasprita dal 2015, con l’elezione del presidente John Magufuli. Dal 2016 le autorità tanzaniane hanno ordinato incursioni della polizia in riunioni private di organizzazioni LGBT, arrestato presunti omosessuali, di cui alcuni sono stati sottoposti ad esami anali, e hanno congelato lacuni cruciali programmi di sanità e prevenzione dell’AIDS.
“Se non possiamo curarci, moriremo”, è il titolo del rapporto realizzato da Human Rights Watch (HRW) sulla Tanzania, che rivela un regime in totale contraddizione con le promesse del Presidente. Nel 2018 John Magufuli si era impegnato con la Banca Mondiale a porre fine a qualsiasi discriminazione basata sull’orientamento sessuale, per ottenere dall’istituzione internazionale la revoca del congelamento delle missioni in Tanzania.
• In Mauritania, all’inizio di quest’anno 2020, dieci giovani ripresi nel corso di una cerimonia rappresentante il “primo matrimonio gay” sono stati accusati di atti “contrari alla morale”. Questa cerimonia, svoltasi l’11 gennaio di quest’anno, è stata definita “cerimonia di depravazione” dalla Repubblica Islamica, che si appella all’articolo 308 del codice penale per perseguire penalmente gli omosessuali.
Sebbene prevista per i gay, la pena di morte non è mai stata attuata. Gli otto uomini hanno affrontato un processo molto discreto al tribunale penale di Nouakchott il 30 gennaio 2020, e sono stati condannati a due anni di carcere. “Atti contro natura”, punibili con la reclusione e persino con la pena di morte: così il codice penale mauritano, basato sulla shari’a, vieta i comportamenti omosessuali tra musulmani maggiorenni.
• L’Angola, la Costa d’Avorio, la Repubblica del Congo, il Gabon, il Mali, il Mozambico e le Seychelles hanno legalizzato le relazioni tra persone dello stesso sesso.
Diversi Stati che praticano la shari’a applicano la pena di morte. In Arabia Saudita, nel 2017, due persone di origine pakistana sono morte sotto tortura. Pena capitale anche in Iran, Iraq, Bahrein, Sudan, Siria e Yemen, che blocca anche l’accesso ai siti web LGBT. In Libia, nel 2014, lo Stato Islamico ha condannato a morte tre persone sospettate di essere omosessuali.
I codici penali del Marocco, della Tunisia, del Libano e del Sudan condannano l’omosessualità. Gay e lesbiche sono puniti con la detenzione.
Nonostante divieti ed ostilità, le associazioni LGBT escono allo scoperto
In Tunisia, ad esempio, viene organizzato il primo gay pride, a Tunisi nel 2015, per affermare che “L’amore non è un crimine”. L’anno seguente i militanti celebrano il quinto anniversario della Rivoluzione della Primavera Araba sventolando bandiere nazionali e arcobaleno. Seguono espressioni di solidarietà internazionale:
• Nel 2007 alcuni algerini si recano alla conferenza panafricana dell’ILGA, International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association, a Johannesburg, in Sudafrica.
• Nel 2011, la Giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia invita a sottoscrivere una petizione per gli omosessuali perseguitati in Iran.
• Nel 2014 il Gay Pride di Amsterdam accoglie una delegazione marocchina.
• Nel 2016 una delegazione libica si unisce al Gay Pride d’Italia.
• Nel 2016 il Forum sociale mondiale in Canada coinvolge dei tunisini, cosa che incoraggia la nascita di movimenti LGBT in Nord Africa, poi in Libano, in Palestina e in Giordania.
Nel 2016 22 associazioni maghrebine e medio-orientali si mobilitano contro l’arresto e l’incarcerazione di due minorenni marocchini, rei di essersi scambiati un bacio in pubblico a Marrakech. Diverse ONG in Marocco, Algeria, Tunisia e Libia colgono l’occasione per chiedere in modo unanime la depenalizzazione dell’omosessualità.
Medio Oriente fuori dal coro
Essere gay non è ben visto neanche in Iraq. Sebbene le autorità dichiarino che le persone LGBT non debbano essere discriminate, esse reputano l’omosessualità “una patologia psichica”.
• L’Egitto e gli Emirati Arabi legiferano secondo un disegno di annullamento dell’omosessualità. L’applicazione di sanzioni penali, la repressione sociale e la tortura sono reali minacce per gli omosessuali, ma anche chiunque dimostri sostegno alle persone LGBT si espone a intimidazioni e aggressioni.
• In Palestina un mandato di arresto è stato emesso nel 2017 contro lo scrittore Abbad Yahya. Il suo giallo Un crimine a Ramallah è stato sequestrato in Cisgiordania e a Gaza a causa di espressioni “la cui connotazione sessuale minaccia la moralità ed il pudore pubblici”.
• Il piccolo Sultanato del Brunei ha introdotto la pena di morte per lapidazione per i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso. Quest’eresia compare nel nuovo codice penale fondato sulla shari’a, ma di fronte all’indignazione internazionale il governo ha aggiunto, in segno di buona fede, che si applicherà una moratoria sulla pena capitale.
• Ambigua la posizione di Israele: gli omosessuali non possono sposarsi, anche se le loro unioni sono legali e i matrimoni contratti all’estero riconosciuti.
Taiwan è stata, nel 2019, il primo Paese in Asia a legalizzare il matrimonio omosessuale. Lo stesso anno, in India, la Corte Suprema indiana ha abolito una legge, risalente all’epoca coloniale, che vietava le relazioni omosessuali. La depenalizzazione dell’omosessualità da parte della Corte Suprema nel 2018 rappresenta il punto di arrivo di decenni di lotte politiche.
Nel 2017 una coppia si era detta sì nel corso di una cerimonia indù, ma questo matrimonio non ha alcun valore legale.
In Cina, una fetta della popolazione sollecita la rettifica del codice civile e la legalizzazione del matrimonio omosessuale. L’omosessualità è stata depenalizzata nel 1997, e ufficialmente rimossa nel 2001 dall’elenco delle patologie psichiatriche.
Per la prima volta in Cina, due gruppi LGBT della regione di Canton sono stati banditi dal governo negli ultimi mesi, in quanto “organizzazioni illegali”.
A Singapore e in Malesia le donne e gli uomini che intrattengono rapporti omosessuali rischiano una condanna e il pestaggio.
In Giappone, “a nascondere il gay che non si può accettare”
Nel luglio 2019 la prefettura di Ibaraki è stata il primo dipartimento giapponese a riconoscere legalmente l’unione tra due persone dello stesso sesso, con gli stessi benefici e diritti delle coppie sposate. La “convivenza dichiarata”, che convalida l’unione tra persone dello stesso sesso era già stata adottata nelle città di Osaka, Fukuoka, Sapporo, Naha, Iga, Takarazuka, e in tre distretti di Tokyo. Il Comune di Tokyo aveva promulgato una legge contro la discriminazione delle persone LGBT, senza alcun effetto concreto.
Nel complesso, nell’arcipelago le persone omosessuali sono discriminate e, temendo di vedersi rifiutati, i giapponesi preferiscono nascondere il loro orientamento sessuale. Una persona omosessuale, ad esempio, è considerata potenziale portatrice di malattie sessualmente trasmissibili, pertanto prima di effettuare una donazione di sangue deve attendere un periodo di sei mesi.
Le coppie LGBT non possono ereditare dal coniuge, né usufruire degli stessi benefici fiscali delle coppie sposate. In caso di degenza in ospedale, il coniuge legalmente non ha nemmeno diritto di visita, non esiste agli occhi di molte istituzioni giapponesi…
La nascita in Francia del Gay Pride, nel 1989, è motivata dalla necessità di affrontare apertamente la questione dell’AIDS e degli effetti devastanti dell’epidemia, e di approcciare la tematica dal punto di vista degli omosessuali. In più, dall’inizio degli anni ’90, viene organizzata ogni anno una marcia in una capitale europea.
Nel 1991, col diffondersi del virus letale, due senatori francesi propongono di ripristinare la perseguibilità dell’omosessualità. Immediati lo scalpore generale e la mobilitazione. Nel 1997, a Parigi, ha luogo l’Europride. Le manifestazioni LGBT, con le loro sfilate colorate, festose, esuberanti, provocatorie, ripropongono al grande pubblico le rivendicazioni delle minoranze sessuali, vale a dire, la normalizzazione delle persone LGBT e la parità di diritti.
Oggi il Gay Pride è diventato la sfilata dell’orgoglio da Oslo a Tokyo, passando per Città del Capo, Atene, Tel Aviv, Lisbona, Città del Messico e ancora decine di altre città in tutto il mondo. Nel 2020, da febbraio a novembre, una cinquantina di città in tutto il mondo vedranno per diversi giorni di fila una serie di eventi e sfilate arcobaleno. Un appuntamento annuale per difendere diritti come il matrimonio e l’uguaglianza per tutti e tutte.
Quanto tempo ancora?
Nel complesso, i diritti delle persone omosessuali stanno facendo progressi in tutti i continenti. Tuttavia, ancora pochi sono i Paesi in cui i diritti delle persone omosessuali sono del tutto pari a quelli degli eterosessuali: l’adozione, la GPA (gestazione per altri) e la PMA (procreazione medicalmente assistita), ne sono escluse. Questi ostacoli sulla strada verso l’uguaglianza totale e universale saranno le sfide degli ottant’anni che ci separano dal XXII secolo.
* Franck Ballanger è giornalista e fa parte della redazione internazionale di Radio France.
Testo originale: A bientôt 20 ans, le mariage homosexuel reste interdit un peu partout dans le monde