Tre storie di cristiani LGBT picentini e le parole di papa Bergoglio
Articolo di Riccardo Foti pubblicato sul quotidiano Libertà di Piacenza del 24 ottobre 2020, pag.19
Le parole del Papa hanno aperto uno spiraglio di luce per i tanti cristiani LGBT+ nel mondo e a Piacenza. Federica Bernardini, donna transessuale con riassegnazione del nuovo sesso ultimato, racconta: «Sono nata in una famiglia non praticante, io invece già da una tenera età avevo un amore impiegabile per Gesù. La mia certezza crolla quando a 15 anni faccio coming out con un prete di riferimento. Lui mi disse “figliolo, sappi che nella strada che stai percorrendo non c’è risoluzione verso il paradiso, stai voltando la faccia a Dio, ripensa ai tuoi passi”.
Non ho mai abbandonato la fede, ma il rapporto con la Chiesa diventò pessimo. Dopo anni ho conosciuto una figura importante per me, una suora che mi ha convinta del fatto che la Chiesa stava e sta cambiando. Le parole del Papa me ne danno conferma”.
«Ero animatore del gruppo parrocchiale del mio paese. Non mi sono mai dichiarato con la mia cerchia ma tutti lo avevano capito – racconta Antonio Crispino, giovane infermiere -, non mi hanno mai fatto sentire escluso. Durante il campo scuola avevo organizzato una giornata per i ragazzi ispirandomi alla canzone “Bon this Way” di lady Gaga, un inno alla libertà di essere se stessi.
Mi ricordo che al parroco piacque cosi tanto che lesse la traduzione durante l’omelia : “Tu sei nato così, Dio non commette errori per cui non sei sbagliato!”. Io sono stato fortunato, ma è innegabile che esistano altre realtà più conservatrici. Ho sempre diviso fede e religione, non ho mai pensato che Dio mi avrebbe punito perché omosessuale. La religione invece con dogmi e paletti obsoleti può far sentire qualcuno escluso».
Carola Bosi, referente chiesa di Arcigay Piacenza, è in un’associazione di cristiani LGBT: « Ho scoperto la mia omosessualità in età adulta. Ho fatto coming out qualche mese prima che Francesco diventasse Papa, prima con i miei genitori poi con la parrocchia: sono stata accolta a braccia aperte dal parroco che mi ha incitato a continuare il mio lavoro di catechista, senza nessun discorso di “riparazione” come spesso accade.
Nel movimento che frequentavo invece si è arrivati ad un punto morto e ho deciso di uscirne”. Inizia così la ricerca verso una Chiesa diversa: “Ho cercato percorsi più consoni al mio sentire e ho trovato realtà più inclusive. “La Tenda di Gionata” è una delle tante associazioni di cristiani che come me hanno trovato porte chiuse e hanno deciso di riorganizzarsi.
Ci ritroviamo a pregare e a riflettere con preti e suore che hanno un’idea più inclusiva di Chiesa, che guarda prima alla persona che alla dottrina. Come cristiani LGBT, ora speriamo che il prossimo passo sarà la benedizione delle nostre unioni. La Chiesa dice che il matrimonio è solo fra uomo e donna? Ok. Chiamiamo l’unione in un altro modo ma dobbiamo farlo, se non la nominiamo non esiste. Possiamo essere belle famiglie come le altre: abbiamo vite normali, un lavoro, relazioni e rapporti stabili, contribuiamo alla società tanto quanto gli altri. Il nostro amore non è di serie B».