Tutti sono benvenuti? La scelta delle porte aperte e le scuole cattoliche
Riflessioni di Francis DeBernardo* tratte dal blog di New Ways Ministry (Stati Uniti), 15 luglio 2012, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Il numero di agosto del periodico U.S. Catholic pubblica un saggio intitolato “Nessun bambino lasciato indietro: le scuole cattoliche dovrebbero accettare chiunque”. Come suggerisce il titolo, l’autore propone alle scuole cattoliche di non rifiutare l’iscrizione a nessuno, inclusi i bambini provenienti da famiglie non tradizionali.
Padre Bill Tkachuk, l’autore, è sacerdote presso la parrocchia di san Nicola e la scuola intitolata a Papa Giovanni XXIII ad Evanston nell’Illinois.
Nel suo articolo parte dall’episodio che ha visto l’arcidiocesi di Boston annullare l’esclusione di un bambino da una scuola parrocchiale perché a capo della famiglia era una coppia lesbica. Padre Tkachuk giustamente loda la decisione dell’arcidiocesi e la sua successiva dichiarazione di intenti che afferma “Le nostre scuole accolgono e non discriminano né escludono alcuna categoria di studenti.”
Il saggio espone bene le sue ragioni per l’inclusione, tuttavia uno dei suoi argomenti manca il bersaglio. Padre Tkachuk usa un esempio evangelico come ragione per l’inclusione, ma che sfortunatamente sottintende l’atteggiamento di giudizio che sta cercando di sradicare:
“La chiamata dell’apostolo Matteo sfida lo status quo del suo tempo (Matteo 9,9-13). Gesù chiama Matteo perché lo segua mentre sta ancora praticando l’azione peccaminosa di raccogliere le tasse per i Romani.
Matteo risponde offrendo una cena a cui invita altri “peccatori” praticanti; poi fa conoscere a Gesù il gruppo che ha radunato. Quando le autorità religiose si lamentano che Gesù frequenta gli “impuri”, egli risponde mettendo in chiaro la missione del regno di Dio, dicendo “Non sono venuto a chiamare giusti, ma peccatori”. Gesù nomina subito Matteo (chiamato “il pubblicano”) uno dei dodici apostoli. All’origine di ciò che diventerà la Chiesa istituzionale Gesù equilibra la chiamata alla conversione continua con la tolleranza verso le imperfezioni.”
Il cuore di padre Tkachuk sembra essere al posto giusto, ma l’uso di questo esempio sembra sottintendere un atteggiamento paternalista verso le persone la cui vita non è in accordo con l’insegnamento della Chiesa. Non credo sia intenzione di padre Tkachuk etichettare queste persone come “peccatori”. Infatti usa la parola “peccatori” fra virgolette per indicare che mentre potrebbero essere considerati tali da qualcuno, non è detto che questa sia la verità. Tuttavia l’uso di questo esempio scritturale e di quel termine può essere offensivo per alcuni dei suoi lettori.
Detto questo, penso che l’argomento principale del suo saggio (evitare di escludere un bambino per via del suo ambiente famigliare) sia ottimo. Ecco le sue ragioni:
“Ogni famiglia che diventa parte della comunità scolastica cattolica, ogni uomo o donna che insegna o pratica volontariato, ed ogni superiore o sacerdote che presta servizio in una scuola cattolica ha bisogno, in ogni singolo istante, della guarigione di Dio.
Ci sforziamo di seguire la chiamata di Gesù, siamo però dei testimoni imperfetti della fede. La più potente testimonianza che offriamo ai nostri bambini è il nostro sforzo di crescere nella comprensione e nella pratica della nostra fede e che siamo disponibili ad ammettere le nostre imperfezioni e a cercare la grazia di Dio.
Non sto dicendo che un membro della comunità scolastica cattolica abbia il diritto di contraddire l’insegnamento della Chiesa e creare disarmonia o confusione.
Dico che ogni adulto che sostenga il curriculum religioso presentato da una scuola cattolica è sulla via della santità, indipendentemente da ciò che io so o penso di sapere sulla sua vita privata.”
Molto importante, l’argomentazione di padre Tkachuk indica un modo in cui i superiori della Chiesa possono comportarsi in situazioni simili, per esempio assumere una persona apertamente impegnata in una seria relazione gay o lesbica. Mostra anche come i leader della Chiesa devono cominciare a fronteggiare queste nuove realtà in modi nuovi:
“Alcuni genitori hanno espresso la preoccupazione che lo stile di vita di una famiglia “non tradizionale” confonda i bambini. Chiedono in che modo insegnare la tolleranza verso gli altri mentre si insegnano anche i valori cattolici. Credo che imparare a gestire queste tensioni ci aiuterà in molte altre situazioni in cui i valori che insegniamo sono in conflitto con il comportamento di parenti, vicini, amici e personalità pubbliche.
Questo fa parte dell’essere cattolici in una cultura pluralistica. Voler tentare di etichettare i genitori come “sufficientemente cattolici” basandosi su una lista preconcetta di colpe ci pone su una china molto sdrucciolevole.
Esprimiamo questi giudizi anche nei nostri rapporti d’affari, nel nostro comportamento verso i vicini e la nostra famiglia allargata, nella nostra gestione della creazione, nella nostra generosità verso i poveri o in altri aspetti del nostro comportamento? Se così si vuole, chi resterà nelle nostre scuole cattoliche?”
Assieme al saggio di padre Tkachuk, U.S. Catholic pubblica anche un articolo di Tina Herman, un genitore, in cui descrive le ragioni per cui secondo lei le scuole cattoliche dovrebbero essere inclusive. Scrive:
“Una scuola che discrimina gay e lesbiche sta mandando un messaggio proprio ai bambini che accudisce. Sono istituzioni che predicano la moralità e dicono che siamo tutti figli di Dio. Cacciare dei bambini per una cosa fuori dal loro controllo cosa comunica agli altri alunni, che peraltro potrebbero essere loro stessi gay?
Grazie a Dio, i casi di Boulder e Boston sono incidenti isolati. Vivo in una grande città, in un quartiere dove convivono varie razze ed etnie, gente con situazioni economiche diverse, e preferisco che la futura classe di mio figlio rifletta questo scenario.
Nell’asilo che frequenta ora ci sono bambini neri e bambini bianchi, Mediorientali e Ispanici, bambini adottati e bambini con due papà. Questa è la sua “normalità”: quella che conosce. Siamo circondati da costose scuole private che strombazzano l’eccellenza accademica (per bambini che ancora non vanno a scuola), ma mio marito ed io pensiamo che sia importante che nostro figlio stia in mezzo a bambini che non necessariamente gli assomigliano, non necessariamente hanno una famiglia come la sua o perfino la stesso reddito. Possiamo sempre imparare dalle nostre differenze, e questa è la migliore educazione.”
Le scuole cattoliche, come le parrocchie cattoliche, dovrebbero essere conosciute per la loro abilità di accogliere e accettare chiunque si presenti alla loro porta.
Testo originale: An Open Door Policy for Catholic Schools